Non muoia la speranza

Luigi Sparapano

Gli omicidi avvenuti nei giorni scorsi, che hanno coinvolto due uomini delle nostre città, lasciano ancora una volta esterrefatti e attoniti; scene come di film che pensi non accadano mai dalle tue parti o a persone che conosci. Quali che siano stati i moventi, che non tocca a noi argomentare, affermiamo che la vita è un valore supremo che non si riduce di un pelo anche se la vittima è un sorvegliato speciale e già noto alle forze dell’ordine, come è stato descritto il giovinazzese Claudio Fiorentino, oppure un semplice operaio, marito e padre, come il ruvese, originario di Bisceglie, Mimmo Di Pinto, colpevole di essersi alzato alle cinque di mattina, come ogni giorno, per recarsi sul cantiere a lavorare. Così per gli episodi di micro-macro criminalità che la cronaca locale racconta ogni giorno.

Che ci siano tra noi persone, pare giovani, che si nascondono dietro un casco e partono in spedizione a sparare senza scrupoli, non è cosa tollerabile da parte di una comunità civile. Non si può archiviare come l’ennesimo episodio di regolazione di conti, nel caso di Terlizzi, dove la vittima è stata colpita a poche centinaia di metri da casa sua. Men che meno si può archiviare quello avvenuto a Gioia del Colle, lontano da Ruvo, all’ingresso di un cimitero, ad inizio giornata di lavoro.

Dalla narrazione dei tre colleghi che viaggiavano con Di Pinto si comprende come loro siano stati i fortunati di un agguato che ha colpito chi in quel momento si trovava al volante e non ha avuto modo di ripararsi già al primo colpo sparato verso terra. Ed una vita è stata brutalmente fermata. Una moglie ed un figlio che apprendono la notizia dai Carabinieri dopo che i giornali on line hanno gareggiato a rimbalzare nomi, fatti ed insinuazioni gratuite. Fermata la vita di un uomo che potevi far incavolare seriamente solo se gli parlavi male del Milan.

Rimane sospesa la domanda: perché? Perché capita che, dopo aver affrontato e vinto le tante battaglie che la vita ci sbatte in faccia, poi si debba morire inconsapevolmente, semplicemente andando a guadagnarsi il pane per un lavoro già difficile da trovare? Perché i sindacati non si sono pronunciati rispetto ad un crimine avvenuto non sotto casa o per strada o al bar, ma sul luogo di lavoro? Perchè Ruvo, che ha già sperimentato e si è indignata per l’omicidio di Pino Di Terlizzi, questa volta non si è lascita scalfire?

Domande sospese. Ma qualche certezza va data.

Come quella che la speranza non può morire neanche di fronte ad un omicidio. Che queste situazioni, superato lo scoglio dello sconforto, devono necessariamente trasformarsi in volano per un impegno maggiore, per un recupero di senso della vita, del lavoro, della famiglia, della città. Altrimenti tanto Pino, che Claudio, che Mimmo saranno uccisi di nuovo dalla nostra sfiducia, dall’indifferenza e dall’oblio.