Lettera aperta sulla processione dell’Ottavario a Ruvo

Luigi Sparapano

Passata la festa dell’Ottavario ritengo opportuno, da cittadino e ancor più da appartenente alla comunità ecclesiale ruvese, esprimere qualche considerazione sulla processione eucaristica di domenica 29 giugno scorso, pensando anche di interpretare i sentimenti diffusi di molta gente che ho avuto modo di sentire. Dico sinceramente che non mi animano obiettivi polemici – se ci fossero non li renderei così pubblici – quanto piuttosto il desiderio di offrire un contributo di riflessione perché la processione eucaristica, che non è appannaggio di una parrocchia o di un comitato o di una confraternita, come è giusto che sia per altre processioni, possa essere restituita alla fede e alla partecipazione sentita dell’intera comunità cristiana. Cosa che è stata evidente negli anni passati, non in questo.
In particolare mi soffermo solo su due questioni che attengono il coinvolgimento dei fedeli.

La scelta del mattino, in ossequio ad un’antica tradizione (cambiata negli anni dell’episcopato di Mons. Negro) non credo abbia un grande valore spirituale. Il mattino o la sera, in questo caso, non hanno una valenza significativa, men che meno liturgica o teologica. Certo, si può obiettare che – come qualcuno scioccamente ha fatto ‘ per altre circostanze la gente è disposta a stare sotto il sole per ore. Ma che senso ha confrontare la processione eucaristica con l’esposizione al sole sulla spiaggia o in uno stadio o altro? Se la processione eucaristica deve essere un momento di fede è bene che questa sia favorita da condizioni più favorevoli, quali le ore serali, per non lasciar spazio a distrazione e stanchezza. Del resto è stato anche evidente come la partecipazione non sia stata massiccia: gli stendardi dei gruppi e delle parrocchie erano ravvicinati tra loro, segno dell’esiguo numero di partecipanti, contrariamente all’ampio coinvolgimento degli anni scorsi. La conclusione sul sagrato della Concattedrale ne ha dato prova: la piazza non era gremita come nel passato e molti gruppi con rispettivi stendardi, entrati in piazza da via Cattedrale ne uscivano dalle stradine prospicienti per far ritorno a casa. Ma questo vuol dire che non si è disposti al sacrificio? Che non c’è abbastanza fede da aver timore del sole o da preferire il mare o rimanere in casa a preparare il pranzo della festa?
Io mi preoccuperei di ben altro rispetto alla testimonianza di fede che non l’esposizione al sole.
Qualcuno ha balenato la richiesta dei commercianti di fare la processione al mattino per incentivare la passeggiata serale con auspicati acquisti. Questa motivazione si giudica da sé. Tuttavia la festa dura tre giorni e la processione due ore circa, non penso comprometta il commercio.
Infine, su questo punto, è da lodare il sacrificio degli ammalati che hanno comunque partecipato. Ma quanti sono rimasti a casa? Abbiamo dimenticato quel bel momento di partecipazione dei volontari Unitalsi con tanti fratelli e sorelle ammalati, presenti comunque con le loro fatiche e i loro limiti? Quest’anno erano pochi e non è questione di numeri.

Vengo all’organizzazione della processione. L’impressione è stata che i fedeli partecipanti facessero parte solo della coreografia dell’evento. ‘Camminare avanti, camminare sempre, non fermarsi” erano le parole d’ordine. Ma perché? Negli altri anni non ci siamo in ogni modo stretti nelle piazze o negli spazi stabiliti per ricevere la benedizione eucaristica? Certo non tutti, ma una gran parte della gente riusciva a scrutare e lasciarsi scrutare dall’Ostia consacrata, solennemente portata dal Vescovo. Quest’anno non è stato possibile. Solo le confraternite (e questo non credo sia un dogma) rimanevano nello spazio prefissato.
Il clou è stato proprio in Piazza Castello, riccamente addobbata, da dove però è sembrato che il Vescovo dovesse dare la benedizione e poi dare il suo saluto al palco e agli striscioni degli sponsor, e a un numero di persone limitato, dato che la rotonda era quasi vuota per aver fatto ostinatamente proseguire i fedeli lungo il corso, salvo poi volerli richiamare indietro. Sono sicuro che questa sia stata una situazione non voluta, ma conseguenza dell’impostazione data in origine. Tutti avrebbero potuto appostarsi sulla rotonda per poi, anche se con qualche ammissibile confusione, riprendere il percorso. Del resto lo abbiamo sempre fatto tranquillamente. Aggiungo una nota: il continuo suono delle campane in Piazza Castello (da San Rocco e dal Redentore) è proprio necessario? Il suono delle campane deve sottolineare debitamente la festa o marcare un territorio? Si può suonare all’arrivo e all’uscita dalla Piazza, ma non è il caso durante la sosta e la benedizione. Campane, banda, fuochi d’artificio, colombe’ e l’eucaristia? Mi si perdoni l’eccesso ma sul piano di immagine sembra che l’eucaristia sia il pretesto per la scenografia, non il contrario. E più elementi si inseriscono più viene adombrato il protagonista: Gesù eucaristia. Ma questa è un’impressione personale.

Concludo, chiedendo scusa se ho esagerato e, al di là delle opinioni, il mio rispetto per le persone chiamate in causa (non mi interessa di chi siano le responsabilità) è assoluto. L’esperienza è fatta e deve darci una lezione.
Per questa festa non abbiamo bisogno che ogni anno ci sia la novità. Non abbiamo bisogno dei colpi di scena o dell’eccesso di esteriorità. Ce n’è già abbastanza in altre circostanze. Questa processione va preservata e restituita al popolo per favorirne la massima partecipazione. Coloro che, con grande sacrificio e impegno di tempo ed energie, si offrono per organizzarla, ai quali va comunque il mio sincero riconoscimento, devono però anteporre le esigenze della comunità più che i punti di vista personali, ricordandosi che i fedeli delle parrocchie, dei gruppi e delle associazioni (che in qualche modo possono anche essere ascoltati a riguardo), sono protagonisti, non figuranti.
È, appunto, la processione del Corpus Domini, non il corteo storico.

Con molta cordialità!