Al Convegno Ecclesiale di Firenze per ripartire

di Silvio Bruno

Siamo giunti alla vigilia del V Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo, che si incrocia con gli Orientamenti pastorali del decennio in corso Educare alla vita buona del Vangelo. Le attese e le speranze che affiorano nel cuore sono tante.
Sono quelle contenute nel progetto diocesano sul tema dell’educazione alla Fede, alla Speranza e alla Carità, animato dal nostro compianto Vescovo don Gino, in preparazione a questo grande evento, insieme a quelle che albergano nella vita di ogni uomo, il quale esclama, con le parole del salmista: “Mostrami il Tuo volto, o Signore” (Sal 27[26], 8-9).
L’intera Chiesa italiana è chiamata a compiere una profonda riflessione sullo smarrimento dell’uomo contemporaneo che vive una singolare crisi, frutto di una società secolarizzata e irresponsabilmente globalizzata. Uno smarrimento che papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, afferma essere stato provocato dalla «rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana nel popolo cattolico» (EG 70) e che non permette di raccontare la bellezza di un vissuto capace di uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare.
In altri termini siamo chiamati a recuperare con consapevolezza e responsabilità quella che don Gino, durante l’ultimo campo diocesano dell’Azione Cattolica, ha definito una “umanità spaesata”. Essa ha bisogno di guarire dal quel male che è, ad esempio, il cattivo utilizzo delle risorse umane e della terra, che si traducono in stili di vita sbagliati: ignoranza, violenza, ingiustizia, infedeltà, povertà, disuguaglianza, travisamento di verità immutabili e il pressoché totale disconoscimento della dignità dell’uomo.
Per questo motivo Firenze, rappresenta non solo il luogo storico da dove è ripartita nel 1400, la rivoluzione dell’uomo, attraverso l’Umanesimo prima e il Rinascimento dopo, con il rifiorire della cultura umanistica, letteraria, artistica e politica, ma anche il luogo da dove noi oggi vogliamo ripartire recuperando quella bellezza che l’uomo ha ricevuto come dono dal Padre, in Gesù Cristo, il quale si è incarnato nella storia: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14a).
Alla luce di tutto ciò la prima prospettiva che vogliamo recuperare è il riattualizzarsi del mistero dell’incarnazione nella società odierna, dove il cuore dell’uomo continua ad essere la mangiatoia che accoglie Cristo e la tomba vuota da dove risorge.
La seconda prospettiva è quella di rimettere in moto l’entusiasmo e la sollecitudine nel sentirci chiamati ad essere discepoli del Cristo secondo lo stile della missione.
La terza prospettiva è quella di imparare un serio e sincero discernimento, personale e comunitario, capace di valutare e di giudicare ciò che realmente è essenziale da quello che non lo è.
Credo che queste tre prospettive possano aiutarci a percorrere le cinque vie che da Firenze si diramano per percorrere lo splendido cammino della vita; una vita che testimonia Dio non solo con le parole e che quindi si trasfigura prendendo sempre più forma nei luoghi dove si realizza l’esistenza e l’umano: la Chiesa, la società, la politica, il lavoro, la famiglia, le relazioni e gli affetti.
Tutto questo potrebbe sembrare un desiderio ardito, ma dal convegno vogliamo semplicemente ridire quel SI alla “novità di Gesù Cristo”, lo stesso SI di Maria che ha recuperato quell’alleanza d’amore con il Creatore iniziata nella Genesi, un patto che vuole rinnovarsi attraverso il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco.
Un Sì che come Chiesa locale vogliamo dire con l’arrivo del nostro nuovo Pastore, chiamato a guidarci sulla strada della santità, ciascuno trafficando i talenti ricevuti, richiamati nel Vangelo, che costituiscono il vero e sicuro investimento.
Il convegno penso debba ricordarci che è giunto il momento di riprendere in mano la nostra chiamata ad essere uomini nuovi, immagine del Cristo nostra salvezza, per risanare le ferite che hanno compromesso il grande progetto di Dio.