Barbara Jatta ‘custode’ delle opere di fede e di arte

di Francesco di Palo

Non c’è soluzione di continuità tra i luoghi vaticani della cristianità, dalla Basilica ai Palazzi Apostolici, e le opere dell’uomo artifex che li ammantano di immortale bellezza, raccontando lo slancio vitale della fede e del magistero petrino che, unitamente alla Parola, all’arte nelle sue declinazioni in pittura come in scultura, nella musica come in architettura, affida il compito di comunicare il Vangelo ‘ai vicini e ai lontani’. 
L’uomo – è l’insegnamento di Agostino d’Ippona – non può vivere, amare ed essere amato senza Bellezza: “non possumus amare nisi pulchra” (De Musica).
Un patrimonio che attraversa secoli e pure civiltà, legato al mecenatismo dei Papi e alle politiche accorte e moderne di conservazione e tutela che hanno visto lo Stato Pontificio all’avanguardia e ispiratore dell’attività e della legislazione di tutti gli stati preunitari. 
Gran parte di questo patrimonio è oggi custodito nel complesso dei Musei Vaticani la cui origine, con deliberato intento di conservazione e trasmissione, ma anche studio e diletto, va rintracciata nel collezionismo di Giulio II che raccolse capolavori della scultura antica. Prosegue poi con i grandi papi del Rinascimento che intensificano la raccolta, anche ai fini della decorazione dei palazzi e giardini vaticani. È in questi decenni fondamentali e gloriosi per la storia delle arti, che i pontefici  mobilitano i più grandi artisti del tempo – anzi, di tutti i tempi – per opere immortali (tra gli esempi la cupola michelangiolesca, le “stanze” di Raffaello, la Cappella Sistina). Nuovo slancio alle collezioni papali fu dato nel XVIII secolo e poi nell’Ottocento quando esse si aprirono alle antichità etrusche, magno greche ed egizie, ma anche alle testimonianze paleocristiane; e poi nel secolo appena trascorso con l’attenzione tutta particolare per l’etnologia e l’arte contemporanea di cui fu grande appassionato promotore il beato Paolo VI.
Al servizio e custodia dell’immensa bellezza riunita nel ‘complesso’ dei Musei Vaticani, il cui ‘itinerario’ comprende anche la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello, il Sommo Pontefice Francesco ha chiamato Barbara Jatta che succede, dal 1° gennaio 2017, ad uno storico dell’arte del calibro e carisma di Antonio Paolucci, già direttore degli Uffizi e Ministro per i Beni Culturali.
Una scelta che ci riempie di orgoglio perché la nuova ‘custode’ – ci piace chiamarla così perchè tale è, in definitiva, il suo alto nobile compito – porta nel suo cognome tutto il peso e i vincoli con la storia civile e soprattutto culturale di Ruvo di Puglia dove i suoi avi, Giovanni, Giulio, Giulia Viesti e ‘Giovannino’, diedero vita al celeberrimo Museo di “anticaglie”, prima custodito gelosamente poi, dal 1993, Museo Nazionale. 
Terzogenito (di quattrodici) di Giovanni Jatta junior fu Francesco Jatta (1854-1910) andato sposo a Maria Provincia da cui ebbe Giovanni (morto appena ventenne) e Michele sposato con Maria Carignani di Tolve. Figli di Michele furono Carlo e Francesco (12.04.1932); quest’ultimo sposò Maria Cristina Busiri Vici. Da Francesco e Cristina sono nate Alessandra, Fabiola e, appunto, nel 1961, Barbara. 
Suo padre Francesco, avvocato, si dilettò nella scrittura (un suo romanzo fu finalista al premio Viareggio nel 1975) e nella realtà contadina della sua città, distesa all’ombra della superba cattedrale “dalla facciata grigia che sa di millenni”, con a fianco l’alto campanile, rifugio di sapide cornacchie, ambientò un suo romanzo, per certi versi autobiografico (1978).
Anche per parte di madre il culto per il bello e l’arte hanno sicuramente influi-to sulla formazione delle tre figlie (Fabiola è oggi affermata restauratrice). Nonno materno è, infatti, quell’Andrea Busiri Vici d’Arcella (1903-1986) noto architetto, critico d’arte e collezionista romano, sposato con la contessa Alexandra Olsoufiev.  Soprattutto la mamma, Cristina – e in questo riaffiorano ricordi personali – ha studiato restauro nell’Istituto centrale e oltre ad essere esperta di arte sacra bizantina è anche iconografa. Tra le tante opere, sua la splendida Madonna di Pulsano dipinta e donata ai monaci del noto cenobio garganico, a fine anni Ottanta in seguito a furto (1966) dell’antica icona bizantina. Un omaggio alla Vergine che per Cristina Busiri Vici compendia quello alla amata terra di origine del consorte Francesco.
È questo, in brevi linee, il milieu familiare e culturale in cui muove i primi passi e si forma Barbara Jatta. Dopo la laurea conseguita nell’Università “La Sapienza” di Roma e la specializzazione in Storia dell’Arte nel 1991, intraprende diversi tirocini di specializzazione all’estero (Inghilterra, Portogallo, Stati Uniti). È stata docente dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e all’Università partenopea Federico II. Nel suo curriculum anche decine di pubblicazioni scientifiche e la cura di mostre e cataloghi (tra questi la curatela degli Scritti d’arte di Andrea Busiri Vici,1990).
Nel settembre 2010 il Santo Padre Benedetto XVI l’ha nominata Curatore delle Stampe presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. 
Ora è papa Francesco a chiamarla a guidare i Musei Vaticani, di cui era vice-direttore dal giugno scorso su nomina dello stesso Pontefice. 
Toccherà quindi a lei tradurre e dare forma sensibile “all’idea di arte” di Francesco perché – e sono le parole del Pontefice – “seguire Cristo non è solo una cosa vera ma anche bella, capace di riempire la vita di gioia, perfino nelle difficoltà di tutti i giorni. In questo senso la bellezza rappresenta una via per incontrare il Signore”. “L’arte – continua Bergoglio  – può essere un veicolo straordinario per raccontare agli uomini e alle donne di tutto il mondo, semplicemente la buona notizia di Dio che si fa uomo per noi, perché ci vuole tanto bene. E questo è bello!”. “Ha in sé una dimensione salvifica e deve aprirsi a tutto e a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza”. 
L’aveva preceduto, con parole commosse vibranti, Paolo VI, l’8 dicembre 1966: “Questo mondo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”. 
In tale ‘strategia della salvezza’ i musei sono chiamati a svolgere la loro parte, ad essere occasione di incontro e palestra di pace, di dialogo tra culture e religioni, “il luogo della bellezza e dell’accoglienza”, “veicolo di evangelizzazione”. 
Nella gravosa ma anche esaltante responsabilità di preservare gran parte di quei “frutti preziosi” e far in modo che essi possano continuare a riempire di gioia i cuori, a parlare alle nostre e alle future generazioni; a contribuire, cioè, dare concretezza ed operatività al magistero della Chiesa Universale, è, quindi, ora chiamata la nostra ‘concittadina’, anch’ella una sorta di ‘sacerdotessa’ della Bellezza e della Civiltà cristiana, la prima donna, nei 500 anni di storia dei Musei Vaticani, posta alla guida di tale immenso patrimonio dell’umanità.
E ciò, lo ribadiamo, ci riempie di orgoglio.
Buon lavoro, dunque, a Barbara Jatta da tutta la Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi.

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