Ferma condanna del massacro compiuto a Parigi contro i giornalisti di Charlie Hebdo, le forze dell'ordine, gli ebrei dell'ipermercato e la violenza piovuta su tutta la popolazione. E non solo quella francese. Non c'è una sola ragione che possa giustificare una strage, ancor più se la si vuole motivare con la religione, la quale, più che essere la causa, può essere la soluzione ad una siffatta decadenza di umanità. Non c'è dio che voglia la morte di qualsivoglia infedele. Non c'è martirio in colui che si toglie la vita rubandola all'altro.
Il sacrosanto diritto di parola, di espressione e di dissenso non possono soccombere sotto i colpi mortali di chi ha opinioni diverse.
La tragedia ha scosso l'Occidente e lo ha ancora una volta smaccatamente posto di fronte ai suoi limiti, non solo di vulnerabilità strutturale, quanto soprattutto culturali e valoriali: la perdita di senso, l'annacquamento dei valori basilari, la dignità umana sperperata, il dominio dell'economia, l'identità giudaico cristiana volutamente sfigurata, la demolizione sistematica di riferimenti ideali validi…
Vuoti che aprono voragini esistenziali facilmente colmabili con disvalori aberranti e farneticanti, come le videoconfessioni degli assassini ci hanno attestato. E di queste voragini ce ne sono molte disseminate nel mondo. Una di esse è lo stato islamico che inghiottisce sempre più giovani, occidentali o immigrati, infatuati e strumentalizzati, anche tramite social network, da menti perverse.
Sappiamo della presenza di cellule cosiddette dormienti o di singoli esponenti pronti all?attacco e non possiamo permetterci di sollecitare reazioni. Sono ben altre le armi da usare contro di loro.
Questa consapevolezza deve portare a coniugare con più stretta osservanza libertà e responsabilità anche nell'uso delle parole e delle immagini. E questo vale non solo rispetto agli islamici. Anche in casa nostra il dileggio pesante è un?arma facile quando si vuole annientare l'avversario. Le parole sono proiettili, recita lo spot che più volte abbiamo pubblicato su queste pagine. E i proiettili non possono essere sparati nel mucchio. Per cui la legittima libertà di espressione e di dissenso, anche con il linguaggio tipico dell'ironia e della satira, quando sfociano nell'insulto, soprattutto toccando i nervi scoperti dell'avversario, ci espone a reazioni incontrollabili. Allora è lecito chiedersi: certamente è lecito farlo, ma è proprio necessario? Bene hanno fatto i giornali americani a non replicare le vignette, dato il già alto prezzo pagato in passato. Piuttosto occorre che sia affermata dai musulmani autentici la condanna di ogni violenza e di ogni fondamentalismo. Occorre poi, da parte nostra, interrogarci su quale reale integrazione costruiamo nelle nostre città. Lo chiede il Papa, anch'egli attaccato da farneticanti profeti, nell'odierna giornata dei migranti: quale reale capacità di accoglienza degli immigrati pratichiamo? Una falsa tolleranza che sperimentiamo quotidianamente rende gli immigrati intorno a noi quasi trasparenti. Di cosa vivono? Cosa pensano? Di quali valori si alimentano? Non è forse vero che aleggia sempre un sentimento di paura e di distacco che portano all?indifferenza?
Siamo tutti Charlie, laici, cristiani, ebrei, musulmani… Dobbiamo esserlo ancor di più dopo questa triste vicenda. Liberi, ma responsabili!
Il sacrosanto diritto di parola, di espressione e di dissenso non possono soccombere sotto i colpi mortali di chi ha opinioni diverse.
La tragedia ha scosso l'Occidente e lo ha ancora una volta smaccatamente posto di fronte ai suoi limiti, non solo di vulnerabilità strutturale, quanto soprattutto culturali e valoriali: la perdita di senso, l'annacquamento dei valori basilari, la dignità umana sperperata, il dominio dell'economia, l'identità giudaico cristiana volutamente sfigurata, la demolizione sistematica di riferimenti ideali validi…
Vuoti che aprono voragini esistenziali facilmente colmabili con disvalori aberranti e farneticanti, come le videoconfessioni degli assassini ci hanno attestato. E di queste voragini ce ne sono molte disseminate nel mondo. Una di esse è lo stato islamico che inghiottisce sempre più giovani, occidentali o immigrati, infatuati e strumentalizzati, anche tramite social network, da menti perverse.
Sappiamo della presenza di cellule cosiddette dormienti o di singoli esponenti pronti all?attacco e non possiamo permetterci di sollecitare reazioni. Sono ben altre le armi da usare contro di loro.
Questa consapevolezza deve portare a coniugare con più stretta osservanza libertà e responsabilità anche nell'uso delle parole e delle immagini. E questo vale non solo rispetto agli islamici. Anche in casa nostra il dileggio pesante è un?arma facile quando si vuole annientare l'avversario. Le parole sono proiettili, recita lo spot che più volte abbiamo pubblicato su queste pagine. E i proiettili non possono essere sparati nel mucchio. Per cui la legittima libertà di espressione e di dissenso, anche con il linguaggio tipico dell'ironia e della satira, quando sfociano nell'insulto, soprattutto toccando i nervi scoperti dell'avversario, ci espone a reazioni incontrollabili. Allora è lecito chiedersi: certamente è lecito farlo, ma è proprio necessario? Bene hanno fatto i giornali americani a non replicare le vignette, dato il già alto prezzo pagato in passato. Piuttosto occorre che sia affermata dai musulmani autentici la condanna di ogni violenza e di ogni fondamentalismo. Occorre poi, da parte nostra, interrogarci su quale reale integrazione costruiamo nelle nostre città. Lo chiede il Papa, anch'egli attaccato da farneticanti profeti, nell'odierna giornata dei migranti: quale reale capacità di accoglienza degli immigrati pratichiamo? Una falsa tolleranza che sperimentiamo quotidianamente rende gli immigrati intorno a noi quasi trasparenti. Di cosa vivono? Cosa pensano? Di quali valori si alimentano? Non è forse vero che aleggia sempre un sentimento di paura e di distacco che portano all?indifferenza?
Siamo tutti Charlie, laici, cristiani, ebrei, musulmani… Dobbiamo esserlo ancor di più dopo questa triste vicenda. Liberi, ma responsabili!