Nei prossimi giorni sarà esaminata al Senato la proposta di legge, approvata dalla Camera dei Deputati, di riforma della giustizia minorile che prevede la soppressione di Tribunali e Procure della Repubblica per i Minorenni, fiore all’occhiello della giustizia italiana.
Il Tribunale per i Minorenni oggi è una autorità giudiziaria specializzata che grazie all’operato di magistrati togati, con esclusività di funzioni, e magistrati onorari provenienti dal mondo dell’assistenza sociale, della pedagogia e psicologia, garantisce un approccio del sistema giustizia a misura di bambino. Il minore vittima di maltrattamenti, abbandono, o altresì autore di reato, ha modo, nell’attuale Ordinamento, di vivere il procedimento giudiziario da protagonista, esprimendo il suo pensiero in una condizione di tutela e protezione.
Il primo testo internazionale a richiamare l’attenzione sul diritto del minore ad essere ascoltato è quello delle “Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile” approvato a New York il 1985. Anche la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, sancisce il dovere degli Stati firmatari di valorizzare le opinioni del minore affermando che i bambini devono essere ascoltati in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che li riguarda, sia direttamente sia mediante un rappresentante o un organo appropriato (la Convenzione è stata ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991).
Nella nuova formulazione normativa gli Uffici Giudiziari minorili saranno sostituiti da sezioni presso i Tribunali Ordinari con grave perdita della esclusività di funzioni e specializzazione dei magistrati, ma soprattutto con approcci funzionali e finalistici completamente diversi: si pensi ad esempio all’attività giudiziaria delle Procure Ordinarie, dal chiaro obiettivo repressivo e punitivo, evidentemente distonico con le esigenze di protezione e rieducazione del minore quand’anche autore di reato. L’anno scorso nei Tribunali per i Minorenni di Italia sono stati avviati 90.000 procedimenti: 50.000 civili e 40.000 penali (fonte: Ministero della Giustizia 2016), celebratrisi dinanzi a collegi di giudici (il Tribunale per i Minorenni oggi è un organo esclusivamente collegiale dove le decisioni sono il frutto del confronto di molteplicità di saperi giuridici ed extra-giuridici) che mediante l’ascolto diretto del minore hanno dato forma ad una concreta tutela del fanciullo mettendo al centro le sue preminenti esigenze di protezione e rieducazione.
I rischi ed i pericoli di cui la riforma (fatta di compressione dei diritti) è foriera sono stati richiamati dagli ordini nazionali degli psicologi e degli assistenti sociali, dal Garante Nazionale e Regionale per l’infanzia e adolescenza, dall’Associazione Nazionale Magistrati per la Famiglia, dal CSM.
Un minore si trova per via delle sue esigenze di crescita e formazione in una dimensione che richiede costante cura e protezione: ove un fanciullo venga a trovarsi in un’aula di giustizia significa che la collettività non è stata in grado di assicurargli la giusta salvaguardia: quella dell’autorità giudiziaria è probabilmente l’estremo tentativo che la Società si dà per proteggere quel fanciullo, ma anche se stessa in un momento storico come quello attuale, in cui i bambini sono i primi a vivere sulla propria pelle le conseguenze drammatiche della crisi economica, dell’immigrazione e dai tagli ai servizi.
Il Comitato ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha espresso forti timori per le risorse destinate alla tutela dell’infanzia in Italia, raccomandando al nostro Paese di assicurare che nell’attuale situazione finanziaria tutti i servizi per i minori siano protetti dai tagli.
L’auspicio è che il legislatore possa ravvedersi, sforzandosi magari di addivenire alla creazione del più saggio e tanto auspicato Tribunale per la Famiglia.