Morti l’uno per salvare l’altro

Ennesima tragedia a Molfetta, martedì 8 aprile

La città e la diocesi di Molfetta, con il Vescovo Luigi Martella, esprimono il proprio profondo cordoglio per l’ennesima tragedia sul lavoro. «Ogni volta che accadono eventi drammatici come questi, ha scritto il Vescovo recentemente – la città non è più quella di prima, perché rimane conficcato nelle sue viscere più profonde il segno di una grande sconfitta: la sconfitta della vita. Confidiamo nel Dio misericordioso che sa trarre cose buone anche dal peggiore dei mali, ma, perché si avveri questo, occorre la nostra convinta e operosa collaborazione per un ambiente vitale diverso.»

 

 

Morti l’uno per salvare l’altro

3 marzo 2008, 8 aprile 2014. 2195 giorni di distanza: più o meno stessa storia, più o meno stesso luogo! Ieri, 8 aprile, i titolari della ditta Ecologia Rizzi di Bitonto (BA) sono deceduti mentre il svuotavano con il loro camion auto-spurgo una cisterna interrata adibita alla raccolta della acque reflue presso l’azienda ittica Di Dio di Molfetta. Nel tentativo di recuperare il tombino di chiusura della cisterna, caduto all’interno, il figlio minore Alessio è stato tratto in salvo dal padre Nicola e dal fratello Vincenzo, mentre questi ultimi, l’uno per salvare l’altro, sono rimasti intossicati da pericolose esalazioni, svenuti e morti per annegamento. Alessio è ora ricoverato al reparto malattie infettive di Bisceglie, con prognosi riservata.

Quasi una replica della tragedia del Truck Center, l’auto-rimessaggio di Molfetta dove sei anni fa’, per le forti esalazioni di acido solfidrico sprigionatesi da una cisterna da bonificare, persero la vita quattro operai ed un quinto, ferito, sopravvisse.

É questo gesto istintivo che in queste ore di dolore, ieri come oggi, ci colpisce e con grande commozione ci stringe attorno al dolore di parenti e amici delle vittime. Un grande gesto di amore per la vita altrui che senza riserve fa dono della propria, di certo un’ inversione di prospettiva rispetto ai recenti episodi cittadini di suicidio e omicidio che, per oscure trame, hanno visto il dono della vita tragicamente violentato. In ogni caso, vite strappate che ci interrogano se tale sacrilegio poteva essere evitato.

Lasciamo a chi di competenza il dovere di fare luce su eventuali responsabilità e inadempienze, ma è forte, purtroppo, la sensazione che anche in questo caso, così come avvenuto per la vicenda del Truck Center, l’incidente si sia sviluppato in seno a procedure inadeguate, cattiva gestione della sicurezza e mancata formazione degli operatori, come in sintesi è emerso dalle sentenze processuali.

Anche in un tempo di crisi del lavoro, come l’attuale, non possiamo non evidenziare come sia necessario togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona. Sappiamo bene quanto  il lavoro sia un elemento essenziale per la dignità della persona, ma non c’è autentica promozione dell’uomo senza un lavoro dignitoso per tutti. Dignitoso significa non disumano, con la giusta sicurezza, nel rispetto del creato, del riposo, della festa e della famiglia. Senza questi presupposti imprescindibili ci ritroveremo ad indignarci sull’ulteriore e similare incidente sul lavoro, per il quale potremmo di certo ammirare e lodare il gesto eroico del dono della vita compiuto per salvare l’altro, ma con l’amaro in bocca per tutto quello che non è stato compiuto a favore della vita e per quanto ancora sia lontana l’idea di un lavoro dignitoso per tutti.

 

Onofrio Losito

Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro