Preti alla sequela di Cristo

Giubileo sacerdotale per cinque nostri sacerdoti

Il sacerdozio non è riducibile ad un lavoro come gli altri ma deve essere vissuto con la ‘disponibilità di servire con tutte le proprie forze il Signore in questo nostro tempo’. La conclusione dell’anno sacerdotale ci offre l’opportunità di dialogare con alcuni nostri sacerdoti che celebrano il proprio giubileo: 50 anni, il prossimo 3 luglio, ore 19,30 nella parrocchia S.Maria La nova in Terlizzi, per don Ignazio de Gioia, don Saverio Minervini e don Pasquale de Palma; 25 anni per don Mimmo Amato, il 18 maggio, e don Liborio Massimo il 29 giugno ore 19 nella parrocchia S.Teresa in Molfetta. Le celebrazioni saranno presiedute dal vescovo.

Un dialogo in libertà su alcune tra le questioni che riguardano il proprio vissuto di uomo e di sacerdote in questo tempo.Un dibattito soltanto avviato.

Riportiamo l’intervista, a cura di Luigi Sparapano,  pubblicata su Luce e Vita n. 24 del 20 giugno 2010.

 

Preti alla sequela di Cristo

Durante la veglia di preghiera in piazza San Pietro (10 giugno), presente il nostro Vescovo, per celebrare la conclusione dell’Anno sacerdotale, Benedetto XVI ha inviato un abbraccio ai sacerdoti di tutto il mondo con la gratitudine per quello che fanno e per il ‘sì’ dato per sempre a Dio. Il Papa ha percorso un lungo giro intorno alla piazza per poi raggiungere il sagrato della basilica, dove si è rivolto ai circa 15 mila sacerdoti presenti senza un discorso preparato, ma rispondendo ad alcune domande a braccio. Nell’invitare a fuggire la ‘tentazione’ del clericalismo, male ‘di tutti i tempi’ e anche di oggi, il Santo Padre ha spiegato che vivere l’Eucaristia ‘in senso originario’ come ‘la più sicura protezione’ significa ‘entrare nel destino di Dio’ ed ‘è l’inizio della realtà di un atto d’amore che ci obbliga ad una unità di amore per gli altri’, ‘gli emarginati, i poveri’. Inoltre, il Papa ha ricordato i ‘tanti parroci nel mondo che danno tutte le loro energie per servire il Signore e le proprie comunità’ ringraziando per il servizio che portano avanti ogni giorno.

Con medesimo stile informale abbiamo prolungato la riflessione con alcuni nostri sacerdoti.

Tante luci, ma non mancano le ombre. In complesso una grande passione immutata per il ministero al quale 25 o 50 anni fa sono stati chiamati.

 

Le luci e le ombre

‘La predicazione centrata sulla Parola di Dio, più che su opinioni personali, e la disponibilità all’ascolto delle persone, ci fa esercitare quel ministero della «consolazione» che molta gente ci chiede, non per risolvere problemi ma semplicemente per essere ascoltata; c’è una solitudine impressionante non solo tra anziani e ammalati, ma anche tra padri e madri di famiglia’. Questa è una delle luci del sacerdozio di don Mimmo: ‘se è resa chiara la Parola di Dio, la gente poi sa impegnarsi autonomamente a trarre conclusione per sé’; ma a fronte di tanto lavoro di annuncio, di diffusione della Parola, ‘è triste notare una risposta molto lenta, talvolta soffocata, che non apprezza lo sforzo e ferisce l’orgoglio di un sacerdote’ ci dice don Pasquale, da 49 anni parroco; per lui la luce è stata proprio la fedeltà alla vocazione ricevuta e il desiderio di stare sempre in parrocchia tra la gente: ‘Se potessi tornare indietro rifarei tutto quello che ho fatto senza alcun rimpianto’. Gli fa eco don Saverio che cita il vangelo per dire la fedeltà alla vocazione ‘Chi mette mano all’aratro e poi si volta indietro non è degno di me’. É una fedeltà maturata giorno per giorno.

‘La gente ci cerca e il tempo non sempre basta’ dice don Liborio; che oltre al ministero di parroco svolge anche quello di esorcista; desta meraviglia, ed è un tema che affronteremo in seguito, che mediamente lui ascolta circa 20 persone ogni settimana per il discernimento che opera in questo delicato servizio. ‘C’è un’incidenza molto alta di casi che incontro, dovuta al fatto che mentre si indebolisce il sentimento religioso vero, la gente si orienta verso forme occulte. Rilevo malefici ricevuti che vengono orientati in maniera sbagliata da pseudo terapisti (maghi, cartomanti…) che in realtà sono coloro che compiono enormi disastri nella vita delle persone.’ Come riconosci la presenza di satana nelle persone che ti si rivolgono? ‘Dal linguaggio assurdo che usano, dal riferimento a fatti inesistenti e dalla forte avversione alla preghiera. C’è bisogno di un lavoro sinergico tra più figure esperte perchè il fenomeno è in crescita’. Questo incontro quotidiano è motivante per don Liborio e gli dà modo di superare gli inevitabili momenti di scoraggiamento; egli ricorda le parole di don Tonino durante la sua ordinazione ‘Non fare la conta della gente che ti viene dietro, ma se tu vai dietro a Cristo, la gente ti aspetterà sui crocicchi delle strade’.

Tra le luci del suo ministero don Ignazio individua la testimonianza esemplare di sacerdoti che lo hanno orientato all’inizio del presbiterato (tra tutti don Alfredo Balducci), l’esperienza di segretario con Mons. Todisco nel delicato periodo post conciliare, ma soprattutto gli anni vissuti in Argentina, ‘gli anni della mia maturità umana e sacerdotale in cui ho sentito in coscienza di dover dare una risposta di amore alla Chiesa universale’. Questa esperienza oggi gli fa ‘accettare la realtà con la libertà interiore rispetto a certi modi di fare; una zona d’ombra è quella paura che blocca la nostra Chiesa occidentale nel suo genuino impegno di evangelizzazione più profonda e meno esteriore, che sia più attenta alla singola persona che alle manifestazioni di massa. Ecco, è proprio l’esteriorità l’ombra che noto nell’esercizio del sacerdozio’.

Ne è convinto anche don Mimmo, per il quale la più grande ombra è ‘il non riuscire a compiere quella auspicata conversione pastorale, per cui sui preti si scaricano mille situazioni, dalla gestione economica all’organizzazione di eventi aggregativi, che alla fine ti stremano ma non ti realizzano come prete’. Un’ulteriore zona d’ombra, segnala don Saverio, ed è ‘un sacerdozio non sempre valorizzato in ogni stagione della vita, con il consegunete depotenziamento anche degli organismi di partecipazione che dovrebbero aiutare il vescovo nel governo della diocesi. Zona d’ombra che don Saverio volge in augurio perchè tutti i sacerdoti siano e si sentano responsabilizzati’.

 

Questione pedofilia

In questo anno sacerdotale si è prodotta, nella gente, una percezione del prete che è stata certamente condizionata dalle tristi vicende della pedofilia; per don Pasquale ‘la gente continua ad avere tanta stima, prova ne è stata la richiesta della benedizione pasquale delle case’, ‘c’è comunque un esame di coscienza da compiere insieme, una purificazione a più livelli’;  ‘sul piano personale c’è ancora molta fiducia’ dice don Mimmo. è innegabile che il rapporto  con la gente, ed i ragazzi in particolare, è condizionato dalle notizie di quest’anno, sostiene don Liborio, e addirittura don Ignazio addebita a questo il calo delle confessioni rilevato nel periodo pasquale.

Quale idea delle cause che hanno portato a questo? I casi di pedofilia denunciati risalgono in gran parte agli anni 50-70, osserva don Mimmo, periodo delicato nella vita della Chiesa e nella formazione dei futuri preti; ma già dalla fine degli anni 80 nella formazione dei seminaristi è stata introdotta una maggiore attenzione alla sfera affettiva e sessuale, anche grazie alla presenza di figure specifiche (psicologi, pedagogisti’) che accanto agli educatori e padri spirituali hanno aiutato a compiere un discernimento più profondo.

‘La risonanza data a questi fatti, sostiene don Saverio, non sempre aiuta a ragionare sulle cause e a interrogarsi sulle solitudini che questi sacerdoti hanno vissuto. Ci sarebbe da riflettere anche su un certo modo di intendere la paternità spirituale che talvolta lega le persone all’uomo più che al ministro di Dio’.

Alla domanda se la pedofilia è correlata al celibato, la risposta di don Liborio è netta: ‘il celibato centra poco con il fenomeno pedofilia; non si tratta di debolezza, quanto di perversione sessuale che riguarda la persona in sé più che il sacerdote’; naturalmente la debolezza è una caratteristica di tutti, dei preti come dei laici sposati, è una caratteristica della Chiesa di cui chiedere perdono, ma l’errore dell’uomo di Chiesa è più stigmatizzato proprio perché sul piano della morale sessuale la Chiesa mantiene posizioni forti a favore di una sessualità non banalizzata. Don Pasquale indica precise linee nella formazione permanente: ‘uno spirito diverso sostenuto da puntuali esercizi spirituali, serio impegno di studio grazie a riviste specializzate e, non di meno, la quotidiana lettura del giornale Avvenire, più che di altri quotidiani laicisti, per maturare una chiara lettura dei fenomeni’. ‘Di scandali fuori la Chiesa ve ne sono molti e non sempre ci si scandalizza; occorre condannare sempre il peccato’, conclude don Ignazio, ‘avendo grande umiltà e misericordia per il peccatore’.

 

Laici, collaboratori o corresponsabili?

Il parere dei nostri amici è quasi univoco: i laici sono ancorati ad un modo di fare poco autonomo, hanno bisogno di esser guidati, poca capacità di iniziativa (don Liborio); c’è una difficoltà di dialogo e di conseguenza l’incapacità a comprendere gli errori che si commettono da ambo le parti, sfociando in atteggiamenti di gelosie, invidie, steccati (don Ignazio); pochi si sentono in grado di esercitare una responsabilità e si limitano a dare una mano; occorre più dinamismo (don Pasquale). È evidente una flessione partecipativa, da parte dei laici, che preferiscono rifugiarsi nel privato; coloro che nel recente passato erano leader naturali anche in ambiti associativi, si sono ritirati sfornendo le nuove generazioni di esempi; è vero anche che è cambiato il modus vivendi, i ritmi di vita della nostra società, mentre è rimasto pressoché invariato negli ultimi 20 anni il modello pastorale, da qui le discrepanze. Quindi il problema è ridiscutere il modello pastorale adeguato a questo tempo (don Mimmo).

Don Liborio segnala come stia venendo meno, da parte dei laici, il senso della gratuità, della generosità nel servizio ecclesiale, del tempo da donare che diventa esiguo anche per un sereno svolgimento di incontri, di consigli pastorali; eppure oggi ci sono molti più laici teologicamente formati, grazie agli istituti di scienze religiose, ma don Mimmo si chiede quale sia, oltre all’insegnamento della religione, la ricaduta qualitativa nelle parrocchie e nella diocesi?

Don Saverio sostiene che se si è convinti, a livello di documenti scritti, della validità degli organismi di partecipazione ecclesiale, questi andrebbero veramente valorizzati, consentendo un maggiore dialogo tra presbiteri e tra questi e i laici. Ci sono poi ruoli, all’interno della Chiesa, che oggi i laici possono ricoprire, ma con un adeguato riconoscimento; tra l’altro, continua don Saverio, non è tanto ai giovani che va chiesto l’impegno di volontariato, quanto agli adulti che hanno già una vita organizzata e sono chiamati ad assumere più responsabilità. Ma questo comporta quella conversione pastorale di cui si è detto, che deve spostare la concentrazione di attenzione verso i più piccoli, ed investire maggiori energie nella formazione degli adulti.

La discussione è appena avviata, ci sarebbe da dibattere, ma lo spazio disponibile termina qui. Quasi un saggio del desiderio di dialogo sereno; segno del bisogno di darsi, come Chiesa, momenti di relazioni più distese, senza l’oppressione di scadenze organizzative.

‘Che il Signore ci tenga la mano sul capo’ si augura don Pasquale citando San Filippo Neri, ed è l’augurio che, assieme alla gratitudine sincera, estendiamo a tutti i nostri sacerdoti.