Tenere la rotta con lucidità

Riportiamo l'omelia tenuta da don Benedetto Fiorentino nella Concattedrale di Giovinazzo il 7 giugno scorso, all'Amministrazione e al Consiglio comunale appena insediati.

 
di don Benedetto Fiorentino
 

«Sarà per la sua esperienza di profugo, sarà per l’educazione ricevuta in famiglia, sarà per il credo religioso, una cosa è certa: Cristo ha saputo accogliere e ascoltare tutti. Tutti ha messo a proprio agio. Nicodemo come la prostituta, Zaccheo come il lebbroso, il giudeo come il centurione romano. Ha ascoltato tutti: i pastori e i ricchi sadducei, i farisei, Pilato e la donna sirofenicia.

Ha soccorso il capo della sinagoga come la vedova di Naim. Assente, sempre, ogni ombra di parzialità e di faziosità, certo d’essere mandato dal Padre per salvare tutti: ebrei e pagani.
A chi gli domandava quale fosse il primo dei comandamenti, con franchezza indicava l’amore verso Dio e il prossimo, comprensivo del buon uso delle ricchezze della natura. Nulla ha tenuto o voluto per sé, ma tutto ha dato fino a chiedere in prestito un puledro figlio d’asina per l’ingresso trionfale in Gerusalemme.
A coloro che gli tendevano tranelli ha risposto con franchezza e linguaggio rispettoso della persona, delle convinzioni religiose e politiche. Così a chi gli domandava se fosse lecito pagare le tasse a Cesare ha esortato a dare a Dio e a Cesare quello che loro spetta. Affermazione che nel suo significato autentico invita a dare a Dio il primo posto, quale fonte di principi non negoziabili e a Cesare il ruolo di tradurre in leggi civili i principi appresi. Non è la radice della teoria dei due soli, né la rivendicazione di uno stato teocratico, ma il conferimento al politico e al legislatore di responsabilità politiche e legislative nelle libere scelte per il bene comune. Autonomia che mai può giustificare il ‘politicamente corretto’ poiché non sottrae al giudizio della coscienza, di Dio e della storia. S. Santità Paolo VI riconosceva al politico la chiamata all’arduo servizio di carità per il bene comune.
All’inizio del Vostro mandato siete venuti in Concattedrale quali figli che chiedono alla Odegitria, da noi venerata col dolce titolo di S. Maria di Corsignano, d’essere resi partecipi della capacità di indicare la via che nobilita l’uomo: progettare le scelte opportune che rendono ‘bella’ la nostra città divenuta quartiere dormitorio, agglomerato senza futuro.
Non vi è lecito agire da cristiani che cristianizzano la città. Nel quotidiano dovere di servizio portate la visione cristiana, confrontatela con tutte le altre fedi politiche e religiose, con le esigenze delle etnie desiderose di integrazione. Nelle agorà opportune ditevi con franchezza e rispetto le scelte che possono favorire la convivenza e il progresso civile, promuovere la dignità della persona, lo sviluppo della città e la fierezza d’essere residenti di questa città.
Al confronto segua l’intesa sempre difficile per chi deve ammettere di non possedere tutta la verità, ma architettata da chi ama l’arcobaleno. Non è auspicabile un quadro monocromatico. Dalla concertazione scaturisce il progetto compartecipato a cui segue l’assunzione di responsabilità, la scelta delle persone con il personale metodo di lavoro e i tempi di realizzazione. Le vicende umane sono costellate non da problemi, ma da difficoltà che mai si risolvono inseguendo la chimera della soluzione ottimale, ma individuando l’utile ora realizzabile.
La responsabilità per il bene comune vi spinga ad andare avanti: “i cattolici non possono affatto abdicare alla vita politica” (don Sturzo), anch’essa serve al bene comune. Superate le divisioni, sempre sintomo di esigenze di parte. Ciò serve a far comprendere ai cittadini che c’è un modo alternativo di fare bene comune e che nasce dalle cose concrete e dallo spirito di servizio con cui noi cristiani affrontiamo le quotidiane difficoltà di fare volontariato, ci battiamo per il rispetto della dignità della persona, inculcando il senso della legalità.
La vostra responsabilità primaria si misura sulla capacità di guidare la navicella comunale e di tenere la rotta nei buoni e nei cattivi tempi, nella bonaccia e nella tempesta, di tenere unito l’equipaggio, di ascolto dei passeggeri, di elaborare tempestivamente i mutamenti di programma resi necessari dall’evolvere degli eventi interni ed esterni alla nostra città.
Guardate la forza d’animo, la determinazione, la calma, la lucidità con le quali i grandi politici hanno affrontato la loro responsabilità di stare al comando nel mare in tempesta. Spirito costruttivo e idee chiare sulle proprie responsabilità e saperle esercitare bene, con lucidità e determinazione necessaria per passare dalla critica al nuovo concreto sviluppo».