Ap 11,19; 12,1-6.10; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56
Maria è assunta in cielo, simbolo della gloria di Dio, accolta alla presenza immediata di Dio, pervenuta all’esperienza diretta di lui. Maria è introdotta nella Trinità, più vicina degli angeli e dei santi, assunta in anima e corpo, con tutta la sua persona ha raggiunto la beatitudine e la felicità completa. Come Gesù nella resurrezione. L’Assunzione è la Pasqua di Maria e la Chiesa si è persuasa della verità dell’Assunzione proprio come di una singolare partecipazione alla Pasqua di Cristo.
Noi facciamo festa e ci rallegriamo con Maria perché l’amiamo. Così sant’Andrea di Creta: “Quali mani ti deporranno nella tomba, o Madre di Dio? Quale preghiera funebre faremo per te? Con quali canti ti accompagneremo? La tomba non può possederti, gli inferi non possono prevalere su di te. Va dunque in pace! Allontanati dalle dimore terrene! Rendi benevolo il Signore riguardo alle creature, di cui fai parte. Rallegrati di gioia indicibile, avvolta dalla luce eterna, là dove è la vera vita!”.
Maria è anche il futuro di tutti “quelli che sono di Cristo”. È l’immagine della Chiesa, la primizia dell’umanità salvata. Il nostro presente è il cammino verso la stessa pienezza di vita e di felicità. E il compito della Chiesa è additarla, anche con la bellezza dell’arte, con la grandiosità delle cupole, segno del Cielo. Maria assunta è il modello della speranza cristiana.
Il canto del Magnificat è la grande lode di Maria per quello che Dio ha fatto per lei. Così la descrive una poetessa, Alda Merini.
“(Maria) era di media statura e di straordinaria bellezza, le sue movenze erano quelle di una danzatrice al cospetto del sole. La sua verginità era così materna che tutti i figli del mondo avrebbero voluto confluire nelle sue braccia… Ed era così casta e ombra, ed era così ombra e luce, che su di lei si alternavano tutti gli equinozi di primavera. Se alzava le mani le sue dita diventavano uccelli, se muoveva i suoi piedi di grazia la terra diventava sorgiva. Se cantava tutte le creature del mondo facevano silenzio per udire la sua voce. Ma sapeva essere anche solennemente muta. I suoi occhi nati per la carità, esenti da qualsiasi stanchezza, non si chiudevano mai, né giorno né notte, perché non voleva perdere di vista il suo Dio”.
E queste le parole che Alda Merini mette sulle labbra di Maria.
“Una voce come la Tua / che entra nel cuore di una vergine / e lo spaventa, / una voce di carne e di anima, / una voce che non si vede, / un figlio promesso a me, / tu ancella che non conosci l’amore, / un figlio solo: / il Tuo. / Come non posso non spaventarmi / e fuggire lontano / se non fosse per quell’ala di uomo / che mi è sembrata un angelo? / … Ho dovuto coprirmi la faccia / e le orecchie e gli occhi / per non sentire il rombo delle sue ali. … Come avrei potuto raccontare, / io che sono umile di natura, / che tu mi avevi prescelta / e mi avevi baciata in fronte / e poi sulla bocca? / Ma nella Bibbia è scritto / che la donna deve partorire / e tu non mi hai sottratta a questo dolore, / perché io avrei tenuto nel mio grembo / l’uomo Dio, / che non si sarebbe sottratto ai dolori / dell’uomo. / … Io sono soltanto una terra adolescente, / una terra che diventa un fiore / e un fiore che diventa terra. / Perché vergine se sono madre di tutti? / Perché madre se sono una vergine / Senza confini? / … Tu mi hai redenta nella mia carne / E sarò eternamente giovane / E sarò eternamente madre. / E poiché mi hai redenta / posi vicino a Te / la pietra della tua resurrezione”.