La nostra Chiesa diocesana è chiamata, nonostante la morte improvvisa del nostro amato vescovo, a continuare a percorrere le strade delle nostre quattro città, ritmando i propri passi su quelli di Gesù, con la protezione materna di Maria.
Il nostro carissimo don Gino avrebbe voluto seguire personalmente la programmazione del nuovo anno pastorale. Infatti, lo scorso 4 luglio, appena due giorni prima della sua morte, aveva incontrato, come faceva sempre all’inizio dell’estate, i direttori degli Uffici pastorali diocesani, per dare le indicazioni su cui lavorare, articolando le varie scelte operative, e decidere insieme le date delle diverse attività pastorali.
Facendo allora tesoro di quelle intuizioni, che sicuramente sarebbero convogliate nella tradizionale lettera pastorale che però il vescovo non è riuscito a scrivere, noi ora ci mettiamo nuovamente in cammino raccogliendo la preziosa eredità di don Gino che può essere sintetizzata con uno slogan: “Uomini nuovi in Gesù Cristo, per annunciare la Misericordia di Dio, e vivere il dono della Carità”, che racchiude tre indicazioni pastorali.
La prima indicazione, “Uomini nuovi in Gesù Cristo”, fa esplicito riferimento all’importante evento che la Chiesa Italiana si appresta a vivere con il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze (9 – 13 novembre 2015). Si tratterà di attivare anche nelle nostre comunità quel «discernimento comunitario» che permetta di scoprire la bellezza di essere uomini e donne in Gesù, nella ricerca dei semi di verità sparsi nella storia degli uomini, interpretati alla luce della verità di Cristo (cfr. CEI, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, Ed. Paoline, pag. 41-43).
La seconda indicazione, “per annunciare la Misericordia di Dio”, ci viene suggerita da Papa Francesco che ha indetto un Anno Santo Straordinario in coincidenza con il prossimo anno pastorale (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016). Le attività pastorali che saranno programmate dovranno far tesoro delle parole del Papa: «Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre… Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia (Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misercordia, n. 12).
La terza e ultima indicazione “vivere il dono della carità”, si aggancia direttamente al progetto pastorale diocesano Alla scuola del Vangelo: educarsi per educare e all’ultima lettera pastorale del nostro vescovo «E si prese cura di lui». Educare alla carità. Don Gino, in quella lettera, ci ricordava che «per poter vivere la carità occorre essere educati alla carità. Sembra perfino banale ripeterlo. Eppure non è così scontato. In questo caso, come in tanti altri, non si possono impegnare energie per disquisire se viene prima il “fare” o “l’essere”. Sono in stretta connessione e in perfetta simultaneità» (L. Martella,«E si prese cura di lui». Educare alla Carità, pag. 42-43).
Approfondendo la lettura della traccia di lavoro per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9 – 13 novembre 2015) e della Bolla di Papa Francesco di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia (Misericordae Vultus), ho scoperto che si fa esplicito riferimento alla parabola del buon samaritano, scelta dal nostro vescovo per la lettera pastorale 2014-2015, punto di riferimento anche per questo anno, per continuare ad educarci per educare alla carità. Mi è parso perciò opportuno permettere che questa stupenda icona evangelica (Lc 10,30-37) illumini il cammino dei prossimi mesi.
Il samaritano, icona dell’umanità nuova
Ci stiamo preparando a vivere l’importante appuntamento nazionale del Convegno Ecclesiale di Firenze sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Nella traccia di lavoro è stata proposta anche la parabola lucana per additare un modello di uomo nuovo, capace di abitare la strada, non rinchiuso e fermo in templi di pietre, ma in cammino per incontrare le periferie dell’umano a imitazione di Gesù. Essere uomini nuovi significa perciò essere come Dio che si mette al servizio dell’uomo, lo raggiunge lì dove si trova, persino nella lontananza estrema del suo peccato, nella precarietà e nella fragilità della sua esistenza (cfr. CEI, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, Ed. Paoline, pag. 34). Mi vengono in mente le parole del vescovo don Tonino Bello, pronunciate durante la messa crismale del 1989: «Laici, cresimate il mondo… Amate il mondo. Fategli compagnia. E adoperatevi perché la sua cronaca di perdizione diventi storia di salvezza».
Il samaritano, icona della misericordia e della compassione
Papa Francesco, nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, fa riferimento alla parabola del buon samaritano citando le parole che il beato Paolo VI pronunciò a conclusione del Concilio Vaticano II (non a caso l’Anno Santo si aprirà il prossimo 8 dicembre, nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio): «Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette… Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità» (Papa Francesco, Misericordiae vultus. Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, n. 4).
L’Anno Santo ormai alle porte ci deve trovare pronti ad imparare da Dio lo stile della misericordia e della compassione per essere credibili agli occhi di un mondo che chiede sempre più gesti d’amore.
Il samaritano, icona della carità operosa
Il nostro amato Vescovo don Gino ci ha lasciato un’eredità affascinante e impegnativa che trova nell’uomo di Samaria un modello da imitare. Le parole contenute nella sua ultima lettera pastorale sono un programma di vita per ciascuno di noi e per le nostre comunità: «La carità, quella vera, quella completa, è frutto di una grande scuola che tiene in movimento gli occhi per vedere, il cuore per amare, le mani per donare. L’esigenza dell’amore del prossimo si esprime come aiuto all’emarginato o a colui che soffre qualsiasi tipo di pena. Il vero prossimo non fa domande. Vede la necessità e aiuta. Non gli interessa il carattere della persona bisognosa, la responsabilità, il posto che occupa. Nulla si oppone all’aiuto. Neppure l’essere di un altro paese, nemico o straniero. L’unica legge che vige in questo campo è quella di sentire la necessità o la miseria altrui. Prossimo autentico è chi dà, senza far domande né esigere, senza cercare motivi o ricompensa. Spesse volte noi facciamo delle opere, delle azioni caritatevoli, ma non viviamo compiutamente la carità, non ci coinvolgiamo fino in fondo, non condividiamo nel profondo. In questo modo non siamo neppure a metà del cammino. Tra il “fare la carità” e il “vivere la carità” c’è la distanza che deve essere colmata dalla continui-tà» (Luigi Martella, «E si prese cura di lui». Educare alla carità, Lettera pastorale per l’anno 2014-2015, pag. 36-37).
Nei vari incontri formativi che organizziamo nei gruppi e nelle varie associazioni durante l’anno pastorale, soprattutto quando si parla della virtù della carità, rischiamo di dire tante parole e di non passare ai fatti. Lasciamo allora che il buon samaritano si faccia compagno nel nostro cammino di vita… e, lo sappiamo bene, quella parabola Gesù l’ha raccontata per indicare se stesso come colui che «viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza» (dalla Liturgia).
Non potremmo avere migliore compagno di viaggio.
* Direttore dell’Ufficio pastorale diocesano