Con una solenne celebrazione eucaristica, presieduta da Mons. Nicola Girasoli, Nunzio apostolico nella regione delle Antille, don Graziantonio Barile, per tutti don Grazio, parrocco della S. Famiglia, taglia il nastro dei 50 anni di sacerdozio. La ricorrenza è avvenuta il 15 agosto scorso. Don Grazio fu ordinato da Mons. Aurelio Marena, vescovo di Ruvo e Bitonto, di venerata memoria, nella cattedrale di Ruvo e celebrò la sua prima Messa a San Domenico.
Nonostante la gioiosa ricorrenza cada in un periodo segnato in diocesi dalla sofferenza per la morte del vescovo Mons. Martella e la critica situazione dell'amministratore diocesano don Mimmo Amato, tutta la comunità diocesana si stringe attorno a don Grazio e alla sua Comunità per rendere lode e gratitudine al Signore per il dono di 50 anni di vita dedicata agli altri e per il dono dei sacerdoti, segno della sua presenza fra noi.
Riportiamo l'intervista, a cura di Nico Curci, pubblicata su Luce e Vita di questa domenica 4 ottobre.
Nonostante la gioiosa ricorrenza cada in un periodo segnato in diocesi dalla sofferenza per la morte del vescovo Mons. Martella e la critica situazione dell'amministratore diocesano don Mimmo Amato, tutta la comunità diocesana si stringe attorno a don Grazio e alla sua Comunità per rendere lode e gratitudine al Signore per il dono di 50 anni di vita dedicata agli altri e per il dono dei sacerdoti, segno della sua presenza fra noi.
Riportiamo l'intervista, a cura di Nico Curci, pubblicata su Luce e Vita di questa domenica 4 ottobre.
«La comunità della Parrocchia Santa Famiglia di Ruvo di Puglia è in gran fermento per far festa al parroco, Don Grazio Barile, che il 4 ottobre celebrerà la messa dei suoi 50 anni di sacerdozio con la presenza di Mons. Nicola Girasoli, Nunzio nella regione delle Antille.
Don Grazio, nato il 22 maggio del 1941 da papà Biagio e mamma Francesca, il più piccolo di 4 figli, viene accompagnato dai suoi genitori agli studi presso il seminario vescovile di Bitonto. Frequenterà il quarto e il quinto ginnasio a Corato e completerà gli studi classici al seminario regionale di Molfetta. “Ho pensato al sacerdozio – ricorda don Grazio – come un dono agli altri. Non ero il più bravo per fare il prete, ma il Signore si serve anche dei panchinari come me. Ancora oggi sono impegnato nel percorso di conoscenza di Gesù, una conoscenza sempre nuova. Il senso della mia vita è quello di avere con sempre maggiore profondità la conoscenza di Gesù”.
Viene ordinato sacerdote il 15 agosto del 1965, nel giorno di Maria Assunta in Cielo, e sceglie come messaggio del proprio apostolato: “non sono venuto per essere servito, ma per servire” e radica il suo entusiasmo e la sua passione per il bene dell’uomo su tre saldi pilastri: la liturgia, l’evangelizzazione, la carità. Da quel giorno il legame con la celebrazione della Messa diventa indissolubile: “La mia ricerca è quella di conoscere sempre di più Gesù e la Messa è il momento centrale della mia vita. è un tutt’uno con la storia di Dio”.
Si sviluppa un percorso sacerdotale molto intenso, vissuto nelle comunità dove don Grazio è stato chiamato a servire. Da quel momento la sua missione sacerdotale si immerge in un continuo e intenso impegno come educatore presso il seminario vescovile, per un anno come vice parroco della Cattedrale di Ruvo di Puglia, Parrocchia S. Maria Assunta, e successivamente come rettore della Chiesa del Carmine, servizio che manterrà per dieci anni. Impegnato come Direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano della Città di Ruvo, Direttore della San Vincenzo, Cappellano dell’Ospedale di Ruvo, assistente spirituale della FUCI e poi delle ACLI, docente di religione.
Il 2 dicembre del 1979, viene nominato parroco della Parrocchia Sacra Famiglia di Ruvo. è stato rettore della Chiesa di Calentano e da 15 anni è vicario del Vescovo a Ruvo di Puglia.
Forte e coinvolgente per la sua esperienza pastorale è l’incontro, in questi cinquanta anni di sacerdozio, con i Vescovi della Diocesi: “Conservo nel mio cuore ricordi molto belli per tutti i vescovi: Mons. Aurelio Marena, Mons. Aldo Garzia, Mons. Tonino Bello, Mons. Donato Negro e Mons. Luigi Martella. “Nessuno di loro mi ha fatto pentire di essere diventato prete, mi hanno aiutato a crescere, ho collaborato con loro e mi sono trovato bene con ognuno di loro”. E qui i ricordi si lasciano andare ad alcuni momenti indimenticabili per don Grazio, dall’ordinazione sacerdotale presieduta da Mons. Aurelio Marena, alla nascita delle Case di accoglienza per immigrati, realizzate con don Tonino Bello, e alla visita pastorale nella Parrocchia Santa Famiglia compiuta dal 25 febbraio al 3 marzo 2007 dal Vescovo Luigi Martella che ebbe a definirla come “la parrocchia che ti sei prodigato a far nascere e continui a far crescere con entusiasmo e passione pastorale”.
Nel raccogliere i ricordi del suo intenso impegno pastorale, don Grazio richiama spesso alla sua memoria l’esperienza della sua comunità parrocchiale al fianco di chi ha bisogno, perché “l’esperienza con i poveri e con chi vive ai margini, ti aiuta a crescere. Le periferie non devono essere intese in senso geografico perché ultimo può essere anche chi ti sta vicino”.
Il rapporto con i miei parrocchiani – dice don Grazio – è sempre continuo e intenso, “condivido giorno dopo giorno le gioie e le sofferenze della mia comunità. Sono certo che fare il bene non è tempo perso”.
Un pensiero don Grazio lo rivolge a Papa Francesco. è entusiasta di questo Papa che “come Gesù non giudica e non condanna, e al centro della sua missione ha messo l’Uomo; racconta di aver fatto proprio l’invito del Papa a favorire l’accoglienza dei profughi nelle parrocchie e ha avviato – coinvolgendo la comunità parrocchiale – una raccolta di fondi per rispondere a questo bisogno espresso da uomini, donne e bambini che provengono da altre zone della terra e che richiedono il nostro aiuto e la condivisione delle loro difficoltà. “Gesù ci ha creato per la felicità. La vita di ognuno di noi deve essere orientata verso l’altro”.
Alla fine don Grazio rivolge il suo pensiero a quanti ha incontrato in questo lunghissimo viaggio pastorale. “Spero di aver dato ad ognuno di loro qualcosa di buono, ma sono certo che il Signore si è servito di me per trasmettere il Suo amore”.»