La parrocchia: Chiesa che fa casa con l’uomo

di Vito Lamonarca

In un inizio di luglio che si preannunciava infuocato, responsabili associativi ed educativi della nostra AC diocesana e membri dei consigli parrocchiali si sono ritrovati a San Giovanni Rotondo per un week end, dal 7 al 9 luglio 2017, per dare vita ad un’attività di pianificazione e studio che costituirà la base della programmazione del prossimo anno associativo.

Si tratta del Campo-scuola diocesano e rappresenta un appuntamento alto ed imprescindibile che oltre ad offrire ai singoli aderenti un’autentica crescita personale consente agli stessi di donare un servizio sempre più qualificato negli ambiti ove sono chiamati ad operare.

Il campo non può che partire dal rendimento di grazie al Signore attraverso i Vespri guidati dall’assistente unitario don Michele Bernardi durante i quali ci ha proposto una lectio incentrata sulle prime comunità cristiane sul loro modo di vivere insieme condividendo.

Completeranno questa prima giornata la cena ed una allegra serata organizzata dal gruppo giovani che è stato capace di trasformare gli adulti in giocondi acierrini mentre la breve nottata cederà presto il passo alla tavola rotonda incentrata sul tema del campo “Parrocchia: Chiesa che fa casa con l’uomo”, tema scaturito dal monito che Papa Francesco ha rivolto all’AC il 30 aprile scorso a Roma nel suo invito a portare avanti l’esperienza apostolica radicati in parrocchia, parrocchia «che non è una struttura caduca», ossia destinata a morire bensì presenza ecclesiale nel territorio, viva e feconda.

La parrocchia quale luogo “non selettivo” nel senso che attraverso essa passa di tutto secondo don Francesco Zaccaria, parroco della diocesi si Conversano-Monopoli”, e quindi luogo privilegiato per intercettare bisogni e luogo per eccellenza da cui far ripartire il primo annuncio secondo cui “Gesù è morto e risorto per te”. Un luogo dove le enormi energie spese nel campo dell’Iniziazione Cristiana non possono più essere rivolte solo ai ragazzi ma devono coinvolgere le loro famiglie per intero.

Dall’analisi di un parroco che esprime il punto di vista della Chiesa alle indicazioni di Chiara Sancin, brillante vicepresidente diocesana per il settore adulti di Roma che nella sua esposizione ha presentato l’AC non come una struttura, non come una semplice aggregazione ma come un’ “esperienza”. Un’esperienza viva fatta di volti e riconoscibile dal suo stile, lo stile di una madre dolce, che non sgrida ma accompagna. Ma anche un madre esigente che esorta all’uscita, alla missionarietà: “non siete fedeli alla Chiesa se ad ogni passo aspettate che vi dica cosa dovete fare”.

Un’esperienza, quella in AC, che al tempo stesso è un dono perché rappresenta un’occasione. E’ un compito perché ci richiama alla responsabilità di vivere il nostro battesimo. È un debito perché dobbiamo dare ragione della gioia che è in noi, del Cristo da annunciare.

Tra gli uditori un ospite particolare, il nostro vescovo don Mimmo, che al termine della tavola rotonda non ha lesinato, come un padre affettuoso, un monito ricordandoci come “il Signore ci abbia inviato non a zappare un orto ma a coltivare un terreno arido”.

Un campo-scuola che si rispetti, però, non è solo testi e documenti. È anche fatto di volti. E ogni volto ha un nome. Quei nomi che la presidente Nunzia ha voluto caparbiamente imparare perché nessun partecipante fosse una comparsa. Lo sa la presidente che nelle Scritture conoscere il nome significa conoscere l’essenza della persona. Ed a noi interessa l’“essere”, quell’ “essere” a cui anche il vescovo don Mimmo ci ha chiesto di puntare.

Volti nuovi, ma anche volti che si conoscono già e che oggi ti concedono il piacere e la gioia di compiere un altro pezzetto di strada insieme. Volti meno nuovi con cui condividi la responsabilità associativa e la bellezza del sentirsi parte di un tutto.

Il campo-scuola è fatto di relazioni, studio ed analisi. Ma deve anche partorire, altrimenti sarebbe sterile. Sarebbe un albero che non da frutto quindi destinato ad essere reciso. Ed ecco che già dalla giornata del sabato, nel pomeriggio, senza soste e senza siesta, tutti nei laboratori di approfondimento ad elaborare proposte che possano fattivamente tradurre, in termini concreti, le diverse coniugazioni dell’uomo con le sue relazioni, i suoi luoghi, il suo tempo.

Di attenzione in attenzione le proposte da mettere a frutto per il prossimo cammino associativo vanno dai progetti di “welfare leggero”, a misura di associazione più che di impresa, perché nasca una cooperativa di servizi per anziani dove senza specifiche competenze è possibile mettersi a disposizione di persone che hanno perso la loro autonomia per passare alla riqualificazione di uno spazio pubblico abbandonato che potrebbe restituire al quartiere un parco da valorizzare con attività culturali capaci di rimettere in relazione i suoi abitanti. Ed ancora la proposta di incontrare gli studenti delle scuole superiori negli ultimi tre mesi di scuola prima dell’inizio delle lezioni per condividere con loro un dolce, un messaggio, una preghiera. Sino all’adozione di una famiglia da parte di gruppi di famiglie che se ne prendano cura con un sostegno non solo economico ma soprattutto con un accompagnamento di tipo affettivo ed educativo. Tanti spunti che la nuova presidenza si farà carico di rielaborare e fruttificare con autentici progetti di cui l’Associazione è capace.

Siamo quasi in dirittura d’arrivo. La relazione presidenziale si annuncia lunga, ricca di contenuti ma anche minacciosa considerato il tour de force che ci ha costretti a racchiudere in due giornate così tanti temi e contenuti. Facciamo allora una piccola sosta al banco della segreteria dove due omoni e mezzo si sono fatti carico delle imprese più disparate: dalla gestione degli arrivi all’assegnazione delle camere, precisa e puntuale con i letti matrimoniali a coppie di single e letti singoli alle coppie; dalle corse per accompagnare i relatori verso assolate stazioni in torride giornate di favonio alla gestione degli indisciplinati commensali del “Gruppo Zaza”.

E prima che gli entusiasmi cedano il passo alla stanchezza ecco giungere l’appassionata relazione della neopresidente che ha già fatto proprio il ruolo di guida dell’associazione. Una relazione a braccio che doveva durare meno di quella scritta per ricordarci la necessità di puntare ad un pensiero diocesano perché l’Associazione è diocesana. Per questo motivo non verranno meno gli impegni perché i progetti, da vivere in diocesi, saranno articolati nelle parrocchie. Parrocchie che devono essere rivitalizzate attraverso un passaggio dall’irrigazione a pioggia a quella a goccia, continua e più incisiva. Un proposta, questa, che l’assistente generale Gualtiero Sigismondi ha offerto al Santo Padre e che noi non possiamo disattendere.

La visione della presidente Nunzia mira di certo alla sostanza quando preannuncia che non saremo chiamati a fare nuove cose, ma a fare nuove le cose che già esistono e viviamo nel quotidiano: nei tempi, nei luoghi, nelle relazioni, appunto. Fare nuove tutte le cose significa anche prestare attenzione a quelle persone che oggi risultano essere lontane sviluppando un’empatia che ci permetta di entrare di più nella vita e nelle storie di chi ci è accanto. Il tutto con una buona dose di spiritualità che ci permetta di vivere un’esperienza piena di Dio.

Forza e coraggio, dunque, in questa nostra AC diocesana, pronta a ripartire come scuola di sinodalità che richiede discernimento comunitario, partecipazione responsabile e spirito missionario.

 

Vito Lamonarca

Responsabile adulti AC Parrocchia S. Giacomo-Ruvo