Omelia per il Corpus Domini

Cattedrale, 29 maggio 2016
29-05-2016

Carissimi sacerdoti, diaconi, seminaristi del Seminario Regionale e del Seminario Diocesano, consacrati secolari, autorità civili e militari, fedeli tutti, viviamo con immensa gioia, quest’oggi, per la prima volta insieme, la Solennità del Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo.
Tale festa ebbe inizio in Belgio, all’inizio del XIII secolo. Successivamente, l’8 settembre del 1264 Papa Urbano IV promulgò la Bolla Transiturus, in cui annunciava l’istituzione della festa del Corpus Domini per tutta la Chiesa Universale. Da allora la festa odierna ha assunto sempre più una vasta risonanza, diffondendosi in tutto il mondo. Così si è propagato il Culto del Santissimo Sacramento fuori della Santa Messa e le processioni eucaristiche si sono moltiplicate in gran numero.
Quella che stiamo per vivere, non è una processione come tante altre; non viene portato per le nostre strade un qualsiasi simulacro, bensì Gesù stesso, vivo e vero, sotto le specie della Santissima Eucaristia. “Preghiera e contemplazione; raccoglimento ed ascolto” devono fare da cornice al mistero odierno!
Gesù stesso passerà tra le nostre case, per benedire, per consolare, per asciugare le nostre lacrime, per esortare tutti a rimetterci in piedi e a riprendere con fiducia il nostro cammino.
A Lui vogliamo affidare i piccoli, i giovani, gli ammalati, i disperati, i vicini e i lontani! Verso il Signore vogliamo elevare il grido di salvezza e di redenzione, per noi e per il mondo intero.
Nella Festa odierna è facile intravedere l’intima connessione con l’Ultima Cena; il profondo legame tra l’Eucaristia e la Chiesa; tra il Corpo del Signore e il suo Corpo Mistico.
Nell’Ultima Cena, Gesù disse alla presenza dei suoi Discepoli: “Questo è il mio corpo che è donato per voi, questo è il mio sangue versato per voi e per tutti”, prefigurando cioè, il sacrificio del Calvario.
Gesù per amore dell’umanità va incontro alla sua Passione, fino al supremo sacrificio della morte in croce. Egli così ha trasformato in segno di vita e di amore, quanto era invece sinonimo di dolore e di morte. Nel pane e nel vino consacrato crediamo nella presenza reale di Cristo, nel suo vero Corpo e nel suo vero Sangue!
In una visione spirituale, avuta da Sant’Agostino, Gesù gli dice: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Conf. VII, 10, 18).
Gesù trasforma noi in Lui, rendendoci capaci di prolungare nel tempo la sua stessa logica di donazione.
Oggi, nella solennità del Corpus Domini, il Santissimo Sacramento viene portato in processione per le vie delle nostre città, per manifestare che Cristo cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli.
Quello che Gesù ci ha donato nell’intimità del Cenacolo, oggi lo manifestiamo apertamente, perché l’amore salvifico di Cristo non è riservato ad alcuni, ma è destinato a tutti.
Come nell’Eucaristia avviene la trasformazione dei doni di questa terra (il pane e il vino) in Corpo e Sangue del Signore, così tale miracolo deve trasformare tutta la nostra vita rendendola sacramento, segno della presenza salvifica di Gesù Cristo.
Adoriamo quindi il Cristo che non vediamo; amando, servendo e perdonando il prossimo, che vediamo!
Il mistero eucaristico è il trionfo della comunione con Dio e tra di noi. Ogni convivio è frutto e fondamento di comunione. Così pure ogni celebrazione eucaristica, lungi dall’essere un evento privatistico, è un forte richiamo alla comunione con il prossimo.
Nella Preghiera Eucaristica Terza, così preghiamo: “Padre, guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza della Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. E poi, continua: (perché diventiamo) “un sacrificio perenne gradito a Dio”. Questa è

la nostra vocazione, la meta verso la quale dobbiamo incamminarci: diventare vero
sacrificio gradito a Dio!
L’autentica comunione con Cristo dunque, si deve esprimere non solo nella dimensione verticale con Dio, ma anche in quella orizzontale tra noi. Questo è sacrificio gradito a Dio! Questo è il sogno che deve diventare realtà!
Nel pellegrinaggio eucaristico che stiamo per compiere tra poco, chiediamo al Signore che, quanto più intensa ed invisibile è la comunione con Lui, tanto più autentica e credibile sia la comunione visibile tra di noi!
Paolo, rivolto ai Corinti infatti si chiede: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor 10, 16-17).
Chi si nutre di Cristo, dona Cristo! Noi dobbiamo poter esprimere la potenza e la ricchezza dei sentimenti di Cristo. Lo stato di buona salute di una persona si manifesta nella sua forza esteriore, nella sua capacità di affrontare un lavoro, anche pesante.
Così, pure, il vero cristiano deve saper manifestare, anche esteriormente, la propria unione con il Signore. Siamo ciò che contempliamo e ciò di cui ci nutriamo! Il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento. Nel caso dell’Eucaristia, lo abbiamo già detto, si tratta di un pane differente: non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé. L’Eucaristia ci rende conformi a Cristo Gesù, membra del suo corpo ed una cosa con Lui!
Un’ultima e breve riflessione per noi sacerdoti: dal momento che il Figlio di Dio si è nascosto sotto le apparenze del Pane e del Vino consacrati, l’Eucaristia ci ricorda che senza l’umiltà non possiamo incontrare Dio. La nostra umanità dev’essere quasi un velo capace di far “intravedere oltre” il Cristo Redentore!
Noi per primi dobbiamo sentirci quotidianamente poveri di Dio, bisognosi di Dio ed affamati di Dio! Se non ci basta questo cibo, sicuramente lo andremo ad elemosinare altrove e a qualsiasi prezzo!
Dobbiamo possedere Dio per dare Dio, direbbe S. Teresa d’Avila!
Deve diventare norma anche per noi, quanto diceva la Beata Madre Teresa di Calcutta, prossima Santa: “Senza l’Eucaristia non potrei vivere un solo giorno. Senza l’Eucaristia non potrei portare l’amore ai poveri”.
Cari sacerdoti, la nostra vita dev’essere quell’Ostensorio umano attraverso il quale gli altri devono riconoscere Gesù vivo e vero.
Un grande cattolico diceva, appena convertito alla fede: “Mi inginocchio da- vanti all’Eucaristia, per poter stare in piedi davanti agli uomini”! (Blaise Pascal). Non capiti il contrario, a noi e a nessuno!
Papa Benedetto XVI, in uno dei suoi scritti, riporta un simpatico episodio: “San Tommaso d’Aquino amava l’Eucaristia a tal punto che, secondo gli antichi biografi, era solito avvicinare il suo orecchio al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù”.
Sostiamo a lungo dinanzi a Gesù Eucaristico, come ci si espone ai raggi del sole, affinché tutta la nostra vita sia una irradiazione del suo amore e della sua pace. “Santa Eucaristia, facci prendere coscienza della nostra povertà e apri i nostri occhi davanti al mistero del tuo dono, che è l’unica terapia della nostra inquietudine
e della nostra infelicità”!
Così sia.

+ don Mimmo Cornacchia, Vescovo