Omelia per il Giovedì Santo 2020

09-04-2020

Carissimi fratelli e sorelle, siete collegati con noi tramite l’emittente Teledheon e l’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni sociali, a cui va il nostro sincero e riconoscente ringraziamento. L’atmosfera può sembrare surreale ed inverosimile. Nessuno si sarebbe immaginato di vivere in questo modo, quasi blindato, il triduo santo. Tuttavia, miei cari, più che questo, il problema è la situazione di grave disagio, di lutto e di incertezza, in cui si trovano tanti nostri fratelli e sorelle, in Italia e nel mondo intero.

Intensifichiamo la nostra preghiera, così come ci ha invitati Papa Francesco, nei giorni passati, ai piedi della Madonna “salute del popolo romano” e del Crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso, a Roma. Viviamo questo momento, seppure spiritualmente, con intensità e gioia.

La nostra celebrazione, per quanto a porte chiuse, trovi un varco nelle nostre case e nei nostri cuori! Mi sento vicino ad ognuno di voi, specie se siete in una situazione difficile e delicata.

Il Giovedì Santo è il giorno in cui facciamo memoria dell’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli. È la Festa del commiato di Gesù dai suoi discepoli. È il momento in cui il Maestro istituisce il sacerdozio, la Santa Eucaristia e ci consegna il comandamento dell’amore reciproco, simboleggiato nella lavanda dei piedi che quest’anno viene omessa in tutte le Chiese.

Il banchetto pasquale non è solo “memoriale” (ricordo) ma anche completamento dell’antico sacrificio consumato nella casa degli Ebrei, prima dell’approdo alla Terra promessa.

Il sangue dell’agnello sacrificale, con il quale venivano aspersi gli stipiti delle case ebree, e la condivisione della cena, con parenti e vicini di casa, erano segni visibili dell’antica Alleanza tra il Signore e il suo popolo.

Gesù Cristo è la piena e definitiva Alleanza tra Dio e l’umanità intera. Egli è l’unico e universale Salvatore; non ci lascia qualcosa, ma se stesso. L’altare su cui si consuma tale sacrificio è la Croce. La vittima sacrificale sarà Lui stesso e non più l’agnello del gregge. Cosa poteva darci di più il Signore?

  1. Il ministero sacerdotale.

Gesù affida ai suoi discepoli il singolare privilegio di perpetuare, nel tempo ed in ogni luogo, l’ Alleanza di redenzione. A voi, cari ed amati sacerdoti, va il nostro grazie, che si traduce in costante preghiera per la vostra santificazione e la vostra perseveranza nella sequela di Cristo. Siamo chiamati a vivere da mediatori tra il Creatore e le sue creature. San Giovanni Paolo II diceva che: nell’ultima Cena è nata la nostra vocazione ministeriale!

Giustamente, oggi, facciamo gli auguri ai nostri sacerdoti che, scelti dal Signore, sono a nostro servizio e non ci fanno mancare il Cibo eucaristico: viatico per la nostra vita terrena.

L’evangelista Giovanni dice che Gesù: “Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1)!  L’espressione massima di tale amore è quello della croce! Ecco come anche noi, cari sacerdoti, dobbiamo amare i fedeli che il Signore ci affida! Questa è  la caritas sine modo, l’amore senza misura, come la chiamava il Servo di Dio + Tonino Bello.

Ogni sacerdote è una dimora, una casa, nella quale tutti devono poter entrare ed abitare. Siamo fatti per questa comunione: per essere abitati! Oh, come vorrei che noi sacerdoti fossimo indicati come persone accoglienti ed ospitali, 24 ore su 24!

Il Signore depose le sue vesti, si cinse dell’asciugatoio e cominciò a lavare i piedi ai suoi discepoli, uomini, fragili e peccatori (Cf Gv 13, 5). Deporre sta ad indicare il consegnarsi, far dono di sé! Così come il verbo cominciare, qui, significa che Gesù ha solo iniziato un’azione che continua, oggi, attraverso la Chiesa.

Dunque, l’Eucaristia e il servizio della carità, offerti dai sacri ministri, sono la sintesi della Liturgia del Giovedì Santo.

  1. L’Eucaristia.

In questi giorni, per ragioni assai secondarie, siamo invitati a stare lontani fisicamente dalla mensa eucaristica. Soffriamo per questa forzata astinenza! Compensiamo però con la comunione spirituale! Facciamo spazio al Signore nel nostro cuore accogliendo e meditando la sua Parola, traducendola nella nostra vita.

Incoraggio tutti a desiderare tempi più favorevoli e a farci commensali di Gesù eucaristico, appena possibile!

Il desiderio accorcia le distanze”. Il giovane Carlo Acutis, prossimo Beato, (1991 – 2006) diceva che: “Se la gente capisse l’importanza dell’Eucaristia, vera autostrada del Cielo, le chiese sarebbero talmente affollate, da non riuscire ad entrare!”

Rinvigoriti dal Signore, saremo di aiuto al prossimo!

 La lavanda dei piedi.

Infine, il vero cristiano sarà commensale di Gesù, solo se sarà capace di condividere la mensa dei fratelli più poveri e bisognosi. La lavanda dei piedi non  può essere un gesto isolato ma uno stile di vita che tutti dobbiamo assumere ed incarnare. Lo scorso tre aprile, Papa Francesco parlava di creatività dell’amore! Giovanni Paolo II ci esortava alla fantasia della carità!

Coraggio! La nostra gioia sarà piena, nella misura in cui faremo con entusiasmo grande le piccole cose, gareggiando a farle noi per primi.

Adoperiamoci a trasformare le nostre abitazioni in domus orationis (casa di preghiera), respiriamo l’atmosfera che ci rende sublimi e spirituali! Diventino preghiera, offerta gradita a Dio, il nostro ascolto, i piccoli servizi domestici e tanti atti di reciproca accoglienza! Questo è il vero significato della lavanda dei piedi!

In conclusione.

Un detto popolare (tedesco) afferma che: “Il bisogno, l’emergenza, insegna a pregare”. La situazione di grave contingenza che stiamo vivendo deve spingerci a pregare e ad esercitarci nel comandamento dell’amore vicendevole. Sant’Agostino, a tal proposito, scrive: “Non disdegni il  cristiano di fare quanto fece Cristo. Perché quando il corpo si piega fino ai piedi del fratello, anche nel cuore si accende, o se già c’era, si alimenta, il sentimento di umiltà. Perdoniamoci a vicenda i nostri torti e preghiamo a vicenda per le nostre colpe e così, in qualche modo, ci laveremo i piedi a vicenda”. Auguri a tutti voi! Così sia!