Omelia per la Liturgia del Venerdì Santo 2020

10-04-2020

Carissimi, il Venerdì Santo, per se stesso non ha bisogno di essere commentato, va celebrato con l’austerità dei gesti e con l’ eloquenza dei segni Liturgici.
Quest’anno più che mai. La Liturgia è iniziata con la prostrazione dei ministri. Tale gesto altro non è se non il ricordo che proveniamo dalla terra e che ad essa torneremo. Siamo quel chicco di frumento che, per essere fruttifero, deve marcire in terra. La Parola che abbiamo ascoltato ci fa vibrare nel petto il cuore e bollire il sangue nelle vene. L’uomo, nella sua ottusa limitatezza, pone sul banco degli imputati il Sommo Bene. Gesù, nostra vittima, dice soltanto: “Se ho compiuto opere cattive, dimostramelo, ma se ho fatto opere buone, perché mi percuoti? (Gv 18, 23)”. Gesù è stato, in modo plateale, giudicato e condannato da Pilato, che pure lo stimava e voleva metterlo in salvo. Colpisce però, ancor di più, il fatto che alcuni dei suoi gli voltano le spalle. “Pietro che lo aveva seguito da lontano” (Mc 14, 54), non ci pensa più di tanto a rinnegarlo tre volte. La folla, testimone di tanti prodigi compiuti da Gesù, non indugia nel chiedere la libertà per Barabba e che si mettesse a morte Gesù.
Davvero, c’è da rimanere sconcertati. Don Primo Mazzolari dice che ognuno di noi somiglia al nostro fratello Giuda.
Più che giudicare gli altri, esaminiamo noi stessi! Siamo invitati a fare la nostra scelta, a schierarci a favore dei traditori o dell’Innocente, a dire se vogliamo mettere in salvo la nostra immagine o quella del Maestro. È incredibile; è Gesù stesso a chiederci: Chi cercate, da quale parte volete stare, vi attira più il luccichio delle monete d’argento, il sostegno di chi può farvi avanzare di carriera, la sicurezza e il plauso della folla, oppure il mio eloquente silenzio; non sapete che io sono l’unica Parola di salvezza?
Nostro Signore, con un semplice sguardo, ha cambiato il cuore di Pietro; non ha negato al ladrone buono, pentito, l’accesso nel Regno. Al Centurione darà il singolare privilegio di riconoscerlo come il vero Messia.
In che modo manifestiamo la nostra preferenza per Gesù? Non c’è alternativa! Egli ci indica la via stretta del Calvario. È l’unica strada della salvezza. Chiediamoci: sappiamo stare anche noi nell’orto degli ulivi; vogliamo anche noi prendere il posto del Cireneo; sentiamo la com-passione avuta dalla Veronica e dalle donne che versavano lacrime dinanzi all’innocente sofferenza; abbiamo la forza di stare iuxta crucem (presso la croce) come Maria?
In questo prolungato Venerdì Santo in cui versa l’umanità intera, sotto la croce del pesante morbo, diamo una mano a quel Gesù che, colpito da tanta sofferenza, chiede a noi una carezza, un aiuto, un gesto di carità. Gesù dalla Croce ci dice: “Ho sete”. Oggi quel grido ci viene da tante parti del mondo! Accorriamo e versiamo sulle ferite dell’umanità l’olio della consolazione e il vino della speranza.
Concludo con una toccante riflessione di Sant’Agostino: “Non avevamo di nostro nulla da cui avere la vita, come Lui nulla aveva da cui ricevere la morte! Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso nella morte di Cristo. Prese su di sé la morte che trovò in noi e così, assicurò quella vita che da noi non può venire. Ciò che noi peccatori avevamo meritato per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. […] San Paolo dirà: ! (Gal 6, 14)”.
“Gesù rimarrà in croce fino alla fine del mondo!” (Giovanni Papini). Ricordiamo sempre che: non possiamo amare la Croce senza Cristo e Cristo senza la croce. Soprattutto, però, non dimentichiamo che quella sulla croce è solo collocazione provvisoria. Quella definitiva è del mattino di Pasqua (+ T. Bello).
Così sia.