Omelia per l’ordinazione sacerdotale di fra Marco, fra Michele, fra Simone

Terlizzi, Casa Betania, 24 Giugno 2017
24-06-2017

Carissimi fratelli e sorelle, Fra’ Paolo, Superiore generale della Fraternità Francescana di Betania, Fra’ Stefano, Superiore di questa Casa Madre in Terlizzi, sacerdoti, religiosi/e, diaconi, genitori, parenti ed amici di Marco, Michele e Simone, che questa sera vengono consacrati con l’Ordine del presbiterato. Siete i benvenuti nella nostra Chiesa locale.
Sono felice e assai confuso, perché ciò che stiamo per vivere, è qualcosa che, umanamente, non si può immaginare.
Il Vescovo, quale successore degli Apostoli, perpetua il mandato di Gesù di continuare nel tempo la sua missione, quella cioè di spezzare il Pane eucaristico, concedere il perdono dei peccati e annunciare il Regno di Dio, attraverso la consacrazione di nuovi ministri sacri.
Ognuno preghi intensamente affinché questa pioggia di grazia cada su un terreno umile, accogliente e generoso.
La chiamata alla speciale sequela di Cristo Signore ci sovrasta, ci confonde, ma nel medesimo tempo, ci rassicura e ci rende idonei per l’ufficio affidatoci da Dio stesso. “Se pensi di non essere adatto per una determinata missione, sforzati di diventarlo”, diceva Sant’Agostino. Questo è quanto dico a voi, carissimi Fra Marco, Fra Michele e Fra Simone. Non ci siamo autocandidati, ma siamo dei semplici chiamati.
Perché proprio noi? Solo Dio lo sa! Certo è che Dio ci darà la forza e la grazia per corrispondere a tale chiamata.
Un padre spirituale diceva che “dobbiamo rispondere non quando ci sentiamo pronti, bensì quando siamo chiamati”!
Qual’è la missione, il compito, la sfida a cui siamo destinati, come presbiteri? Il Vangelo di Giovanni (Cf Gv 10,15) così ci richiama: a pascere le pecorelle che il Signore ci affida; a condurle con sicurezza in pascoli sani e prosperi; ad essere soprattutto disposti, come Gesù, a dare la vita per esse!

Certo, la misura dell’amore è amare senza misura! (San Bernardo). Essere alla sequela del Maestro Gesù significa sforzarsi di amare, vivere ed operare in modo straordinario, quanto Egli e il prossimo ci richiederanno, in modo ordinario.
Miei cari, oggi più che mai, siamo chiamati ad essere esperti di Gesù, del suo amore, delle sue virtù, affinché le possiamo insegnare ed indicare agli altri. L’Evangelista Giovanni afferma quanto dovremmo ripetere noi medesimi: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, lo annunciamo a voi, affinché la nostra gioia sia piena” (Gv 1, 1ss.). La pienezza della gioia consiste nel comunicarla, in modo credibile e contagioso, a qualcun altro!
Oggi è la Solennità della nascita del precursore di Gesù, Giovanni Battista. Oh come vorrei che tutti, specie noi presbiteri, somigliassimo in modo speciale a questo giovane profeta, che non si è lasciato intimorire da nulla e da nessuno! Il Battista, anche quando sembrava che parlasse invano, gridava con tutte le sue forze e, con il suo stile di vita, indicava la luce vera, il Messia, colui che era “non accanto”, ma “in mezzo” alla folla, mescolandosi come il fermento nella massa!
Viviamo con attenzione il duplice gesto dell’invocazione dello Spirito e dell’unzione delle mani degli ordinandi.
Il Vescovo imporrà le mani sul capo degli ordinandi. Il capo è specialissimo luogo ove si intrecciano mente, occhio, orecchio, bocca, spirito, volontà, dove si formano i progetti che verranno tradotti dalle mani. È un gesto di presa di possesso: la testa deve appartenere al Signore; è un gesto di protezione: come se fosse un tetto sopra gli ordinandi; è un gesto di apertura all’esterno: l’antenna spirituale che sintonizza con lo Spirito di Dio, il quale penetra attraverso il tetto della preghiera e raggiunge i lontani. Gesù ci ha detto: “Quanto udite nel segreto del cuore, ditelo sui tetti” (Mt 10, 27).
Recentemente, il 20 giugno scorso, Papa Francesco, visitando i luoghi dov’è vissuto don Primo Mazzolari, ha detto con veemenza: “Amore appassionato e dedizione sono le vie per cambiare la Chiesa e il mondo”. Chiediamo una vera passione per il nostro ministero. Passione dice entusiasmo, gioia, rischio, ma anche sofferenza. Patior è patire!
Ricordiamo sempre quanto affermava Papa Benedetto XVI: «La Chiesa, il Cristianesimo, non cresce per proselitismo, ma per attrazione, cioè per testimonianza». Il secondo gesto è l’unzione delle mani con l’olio del santo Crisma. L’unzione si collega esplicitamente all’Unto del Signore, a Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote, perché le nostre mani diventino le sue mani per benedire ed offrire! Non presentiamoci dinanzi al Signore con le mani pulite, ma vuote; le nostre mani siano piene, di opere buone, di gesti concreti di carità e di amore verso Gesù che incontreremo fuori della Chiesa, ovunque. Il Signore ci vuole vedere con i calli alle mani, come quelle dei nostri contadini, dei nostri operai, come le mani di chi non si vergogna di esibirle come sono: indurite come legno, ma leggere come il velluto e generose come quelle di una mamma!
Non dimentichiamo mai di essere poca cosa: siamo “vasi di creta” (2Cor 4, 7), in cui tuttavia, la volontà del Signore non disdegna di abitare in noi e di camminare con noi!
Così pure, ricordiamoci sempre che quanto le nostre mani e il nostro cuore hanno donato, non ci appartiene più. Solo così saremo: fecondi nella castità celibataria per il Regno; obbedienti nella letizia; poveri, eppure capaci di arricchire molti! Dobbiamo sempre poter ripetere con Santa Teresa d’Avila: “Solo Dio mi basta”.
Don Primo Mazzolari, meditando a fondo la diversità di stile tra Dio e l’uomo, ha detto: “Lo stile dell’uomo: con molto fa poco. Lo stile di Dio: con niente fa tutto” (La parrocchia, 84). A noi scegliere quale stile adottare!
Chiudo con una espressione ed augurio di Mons. Bello:
“Se prima non hai gustato la dolcezza del suo nome, è inutile che ti metti a predicarlo. Se il buon profumo di Cristo non promana dalle tue mani che hanno stretto le sue, le parole che annunci sono prive di garanzie. Se Gesù non ha segnato le sue impronte digitali in qualche parte del tuo essere, se egli non ti ha lasciato scritto di suo pugno un promemoria sulla pagina dell’anima, o non ti ha messo almeno un autografo in calce alle tue righe, è vano spiegarlo agli altri seguendo gli appunti segnati sulle pagine di carta” (Scritti, III, 163).
La Vergine Maria, di cui oggi celebriamo la Festa del Cuore Immacolato, i nostri Santi protettori ci guidino oggi e sempre. Così sia!
Auguri!

+ don Mimmo Cornacchia, Vescovo