Marta Poli

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MARTA POLI

(Molfetta 1897 – 1957)

terziaria francescana consacrata

24 aprile

 

Marta Maria Corrada nasce a Molfetta in via sant’Angelo 5 il 20 luglio 1897, quartogenita e unica figlia femmina di Giuseppe e Maria Giuseppa Catacchio. Il padre di professione era stuccatore, la madre casalinga proveniva da una famiglia che praticava la fede e la pietà cristiana ed era onorata dalla presenza di un fratello sacerdote, don Pasquale Catacchio, figura significativa dell’associazionismo cattolico a Molfetta nei primi anni del ‘900.
Nel 1904 riceve Prima Comunione e Cresima presso la Chiesa di san Bernardino. Frequenta la scuola elementare all’istituto Manzoni sino alla terza classe. Poi viene avviata ad una scuola di ricamo e cucito presso la zia nubile Ippolita Catacchio, che esercitò un grande influsso sulla formazione cristiana della nipote.

 

All’età di 18 anni (1915) si fidanzò con Giacomo Binetti di 22 anni, meccanico, ma la vicinanza tra i due giovani durò poco perché interrotta dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale durante la quale Giacomo perse la vita nell’affondamento della nave Rossarol.
Nel 1919 Marta fa la conoscenza della famiglia benestante Candida-de Matteo residente in Taranto, legandosi in amicizia soprattutto con la figlia Angela (Lillina) e le sue tre sorelle Nicoletta, Vincenza e Ines. Conosce in questo contesto familiare il sacerdote don Vincenzo de Matteo, zio di Lillina, della diocesi di Molfetta.

 

Nel 1924 entra nell’Ordine Francescano Secolare (Terzordine) presso la chiesa dei Cappuccini di Molfetta, introducendosi spiritualmente nella mistica francescana di conformarsi a Cristo Crocifisso non con un operare esterno all’uomo, ma dal di dentro delle proprie occupazioni quotidiane e delle varie situazioni di vita.
Durante un soggiorno a Taranto (1926), Marta vive un’esperienza spirituale (Marta la chiamava “conoscenza”) di cui rende partecipe l’amica Lillina che così poi testimonia: «Marta mi confidò che durante un’adorazione eucaristica nella chiesetta di S. Anna, mentre era sola davanti all’altare, la chiesa deserta, in assoluto silenzio, in un momento il tabernacolo si aprì e Gesù vestito di bianco, bellissimo, le presentò la croce dicendo: “Ti ho aspettata per farti mia sposa!”».
Un anno dopo, nel 1927, sempre a Taranto, in casa de Matteo, Marta manifesta i primi sintomi della malattia che la accompagnerà per tutta la vita: tubercolosi vertebrale (malattia di Pott). Viene visitata a Bologna dal prof. Putti al Rizzoli e le viene confezionato un busto gessato a comprendere e immobilizzare il tratto dorsale e cervicale della colonna vertebrale. A Bologna Marta vive una seconda “esperienza spirituale”: «Mentre pregavo in chiesa sentii nell’anima, forti e distinte queste parole: “Ti alleggerirò da questa croce, ma altre croci cadranno su di te”».

 

Nei due anni successivi la malattia sembra migliorare e Marta toglie il busto gessato. Nel 1929 si iscrive alla Gioventù Femminile di Azione cattolica – Circolo Santa Rosa – della parrocchia Cattedrale. Sarà anche una catechista impegnata dal 1933 al 1939 e nel 1933 è anche delegata dell’Azione cattolica – Settore Beniamine e Fanciulli Cattolici – della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù.

 

Purtroppo, nel 1939 la malattia si ripresenta con maggiore vigoria e Marta non uscirà più di casa, costretta a rimanere a letto per la durata restante della sua vita.
È nel dicembre 1939 che Marta professa il voto di verginità perpetua e di obbedienza al confessore. Inizia la direzione spirituale di confessori e direttori di spirito di grande pietà cristiana, tra cui i più importanti saranno Mons. Pietro Ossola e Mons. Giuseppe Carata, ambedue rettori del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta.

 

Nel 1943 il padre muore improvvisamente e nel 1945 Marta perde anche la madre. Rimane da sola nella sua povera casa di una stanza, immobilizzata a letto. Da questo momento e fino alla morte viene assistita giorno e notte da una schiera di amiche generose che si alternano nel suo servizio e diventano anche testimoni oculari della sua profonda pietà eucaristica, della generosità concessa a piene mani – lei povera! – a quanti le chiedevano un aiuto materiale, specie in tempi di guerra, di inspiegabili fenomeni fisici (“il male quaresimale”) che si manifestano durante la Quaresima di ogni anno e, specialmente, durante la Settimana Santa (si tratta di dolori che ricordano la passione di Gesù e che, nella notte pasquale, improvvisamente scompaiono), digiuni prolungati con la sola assunzione della comunione quotidiana, premonizioni.
Ogni giorno la sua stanza diviene meta di molta gente che si reca da lei per chiedere una preghiera o per avere conoscenza di fatti e situazioni familiari dolorose o tragiche alle quali Marta “misteriosamente” dà risposte quasi sempre esatte e precise.

 

Marta muore il 24 aprile 1957, il mercoledì in Albis. Il popolo molfettese l’aveva chiamata “la Santa”.

 

 – Scheda a cura del prof. Michele Zanna–