Il compito del Papa, successore di san Pietro apostolo, è confermare i fratelli nella fede. Ne avevamo un gran bisogno, anche nella nostra diocesi. Confermare nella fede significa aiutarci ad affrontare la realtà così com’è, verificare la nostra capacità di essere Chiesa in uscita verso le periferie, nella vita quotidiana di ogni uomo.
Noi sempre risvegliati dalla costante profezia di don Tonino Bello; ora incoraggiati dalla presenza e dagli insegnamenti di papa Francesco. È stata commovente nel popolo del 20 aprile scorso l’accoglienza sincera al Papa. Sono sicuro che da Francesco riceverà impulso nuovo, sulla via di don Tonino, non solo l’azione ecclesiale, ma anche quella della società civile. La testimonianza di don Tonino e le esortazioni del papa ricordano costantemente alla Chiesa che deve portare l’annuncio di Cristo a tutti da povera, senza poter contare su altra forza che non sia la forza stessa della fedeltà alla Parola. Ora possiamo ricominciare a coltivare la speranza, spronati da papa Francesco a riformare le nostre singole vite per riformare tutta la comunità; a non aver paura di essere Chiesa povera, progressivamente spogliata di ciò che le impedisce di essere libera e forte per diffondere l’unica sua ricchezza, Cristo speranza del mondo; a dare spazio a Dio perché canti ancora in noi; a non giudicare chi sta in alto e a scegliere evangelicamente di inchinarsi e di stare in basso.
Ma insieme dobbiamo rivestirci di umiltà feconda; quella che ci fa credere che non solo dobbiamo uscire verso le periferie, ma dobbiamo come Chiesa ripartire da esse; anzi, essere noi stessi periferia che diventa centro propulsore di rinnovamenti. Dilatare l’amore per il prossimo, avere a cuore il bene comune, integrare tutti senza escludere nessuno: formare credenti nel cui profilo essenziale si possa scorgere la volontà di spendersi nel vitale compito di far crescere coscienze libere e responsabili, per credere insieme che un altro mondo è possibile. Credenti che sanno allietarsi all’aria fresca della profezia, senza mortificare la memoria. Con papa Francesco le nostre comunità devono sentirsi chiamate a riappropriarsi di parole, atteggiamenti e stile evangelico pastorale che don Tonino ci ha lasciato, non solo negli scritti e nei ricordi che ognuno conserva, ma anche nelle opere segno della carità e della solidarietà. Lì si va realizzando quotidianamente il farsi prossimo, come ricorda papa Francesco, nella logica del grande mistero dell’Incarnazione, “con uno sguardo che non si lascia impantanare in quel dualismo che va e viene continuamente dalle diagnosi alla pianificazione, ma si coinvolge drammaticamente nella realtà dell’uomo e si impegna all’azione… le mediazioni, oggi più che mai, vanno elaborandosi mentre viviamo e conviviamo”.
Don Tonino e papa Francesco ci insegnano a camminare per essere Chiesa, comunità di Cristo, orientati decisamente verso l’immensa periferia che spesso non sa di avere bisogno della testimonianza dei credenti. Soprattutto ci insegnano che la Chiesa oggi ha bisogno della periferia, e non solo per un’esigenza di missione, ma per ritrovare la freschezza e l’autenticità del Vangelo, unico riferimento indispensabile per la sua esistenza. Come il papa sulle strade del mondo, oggi. A cominciare dalle innumerevoli visite pastorali nella sua diocesi di Roma e in Italia. Se si resta fermi è impossibile entrare in comunione con qualcuno, portare noi stessi e l’annuncio che Cristo ci chiede di portare. E scoprire che cosa il volto dell’altro, spesso anonimo e nascosto, è capace di evocare sui nostri volti, come sempre ha sperimentato don Tonino nelle sue appassionate frequentazioni della periferia.
di Francesco de Lucia