Il grano buono per i nostri figli

di Luigi Sparapano

Il grano buono per i nostri figli
Abbiamo celebrato il 28 maggio scorso la 51^ giornata delle comunicazioni sociali in cui il Papa ha esortato chi è incaricato del mulino (cioè la mente umana) a decidere di macinarvi grano buono e non zizzania. Ma la notizia del sospetto caso di blue whale a Molfetta, ampiamente dato dalla cronaca locale, fa pensare a qualcosa di molto più grave della zizzania. Qui si tratta di giocare con la vita, anzi con la morte dei nostri figli, plagiati fino all’inverosimile da menti diaboliche che riescono ad avere un rapporto diretto con loro, attraverso i social, bypassando il filtro di genitori, insegnanti ed educatori. 
É forse dal 14 maggio scorso, giorno in cui le Iene hanno trasmesso il reportage, da molti contestato, che si parla di questo fenomeno. Non vorremmo che, passata la notizia di cronaca, si spegnessero i fari su un fenomeno sommerso che evidentemente è vicino a noi.
L’associazione Meter, di cui proponiamo un decalogo minimo per ragazzi e soprattutto genitori sull’uso del web, da anni scandisce le tristi statistiche del deep o dark web in cui cadono i nostri bambini e ragazzi, soprattutto sul versante della pedopornografia. E a questa si aggiungono “giochi” come blue whale (e non è l’unico) che distruggono le fragili menti dei ragazzi, anche di quelli che non hanno particolari problematiche. Ci sarà molto da accertare, anche se è difficile verificare nei dettagli; le informazioni sul maledetto gioco e le sue 50 regole, sono ancora molto incerte. A maggior ragione tocca a noi adulti abitare “da adulti” gli spazi digitali e, prima ancora, essere più vicini e attenti ai nostri figli, senza lasciarci sfuggire nulla di quello che fanno. Sono i ragazzi che ci vivono in casa, che frequentano le nostre scuole, forse anche le nostre parrocchie. Non accorgerci di situazioni particolari (vedi il fenomeno più generale dell’autolesionismo) per quanto mascherate, ci carica di una grave responsabilità per una disattenzione che non possiamo permetterci. É questione di tempo, di quantità di tempo, oltre che di qualità, da trascorrere con loro. É questione di controllo, finchè è possibile farlo, degli spazi reali e digitali frequentati. É questione di dialogo che richiede modalità e tempi adeguati, sacrificando alcune nostre esigenze che paiono assurdamente inderogabili (le partirte a calcetto, le palestre, i balli…) oltre il già totalizzante orario di lavoro, dedicando briciole alla parte più bella che è la cura dei figli. Anche su questi temi, lo abbiamo già scritto, è necessario che le comunità parrocchiali dedichino attenzione costante per non lasciare ancora una volta sola la famiglia.