Investire sulla fragilità dei sogni. L’assemblea pastorale diocesana. Disponibile il video

di Domenico de Stena

Ascolto, condivisione, testimonianze credibili. É questa la linea pastorale della Chiesa locale e mondiale la quale si prepara all’importante Sinodo di ottobre sui giovani, nel quale i giovani saranno i protagonisti.

La Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi si è ritrovata nella serata del 21 giugno per l’assemblea pastorale diocesana che ha chiuso l’anno proprio guardando al futuro, ovvero ai giovani. Un anno pastorale importante, caratterizzato dal 25° del dies natalis di don Tonino Bello, anniversario che ha avuto il suo climax nella visita pastorale di Papa Francesco, ma che ha visto una serie importante di iniziative alla quale hanno risposto diverse istituzioni e associazioni.

Investire sulla fragilità dei sogni, questo il tema dell’assemblea; a parlarne e ad approfondirne alcune tematiche c’è stata Suor Debora Aglietti, Apostolina, pedagogista, dunque pienamente inserita nel mondo giovanile. Prima dell’inizio della conferenza c’è stato spazio per la preghiera e per la declaratio del futuro diacono Antonio Picca. A dare l’incipit della serata, oltre all’intervento del Vescovo Domenico e a quello del responsabile della Pastorale Giovanile diocesana, don Massimiliano Fasciano, una riflessione del Servo di Dio Antonio Bello tratta dai suoi scritti del 1989 “I piedi di Giovanni”, scritti che seppur datati sembrano essere di un’attualità sconcertante.

L’intervento di suor Debora si è concentrato più che sulle conseguenze, sulle cause che portano i giovani a chiudersi in sè stessi e a non avere più relazioni, cercando così altri strumenti -molte volte tecnologici- con i quale scaricare le proprie tensioni. L’analisi iniziale deve essere fatta su noi che ormai siamo adulti e sulla nostra capacità di ascoltare e di rimanere in silenzio difronte a certe storie, discernendo quindi l’ascolto da un futile giudizio su ciò che recepiamo. Ognuno di loro ha storie positive, ma il più delle volte -specie negli ambienti cosiddetti ‘di chiesa’- sono le storie negative quelle che ci vengono raccontate. La condivisione di storie -ha detto suor Debora- si trasforma in condivisione di lacrime. E questo, punto nodale della questione, fa sentire i giovani ancora più amati e sempre meno etichettati. Si pensi alla sessualità – ha detto suor Debora- nella misura in cui i giovani non ne parlano con nessuno, apprendono da fonti ben lontane da genitori, parenti o amici, sfociando in fattispecie devianti quindi negative.

L’accompagnamento degli adulti deve essere poi, ha aggiunto suor Debora, credibile e possibile. La testimonianza dell’adulto, chiunque esso sia, costante e presente deve essere anche credibile dando segno di serietà e fiducia nel giovane. E questo, ovviamente, deve far parte del carattere di una persona, ascoltatori certo non ci si può improvvisare.

Circa la possibilità, la Chiesa offre uno sguardo differente della vita e dei valori in Cristo: ai nostri giovani e a quanti magari vogliono affacciarsi la dimensione è proprio la possibilità di guardare le cose da un altro punto e con molta più serenità. É il giovane, poi, ad elaborare se per lui sia valido o meno tutto questo, se si senta accolto, rispettato, coinvolto.

Costruire allora, ha concluso suor Debora, esperienze edificanti per loro ma che arricchiscono anche noi. Non c’è una ricetta migliore dell’altra per stare con i giovani. I sogni, riconducendosi al tema della serata, sono quelli di Dio su di noi che dobbiamo imparare a cogliere e coltivare ma ci sono anche sogni nostri, altamente fragili perchè basati sul nostro carattere.

“Significa far credito sul futuro, senza garanzie e senza avvalli. Scommettere sull’inedito di un Dio che non invecchia. Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia”.