La luce e la strada

Luigi Sparapano

La canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, voluta da Papa Francesco, mentre viviamo il tempo dell’attesa per una analoga notizia relativa a don Tonino Bello, apre la mente e il cuore ad orizzonti sempre nuovi che dicono la vitalità della Chiesa e la sua capacità di lasciarsi plasmare dallo Spirito. Sono appuntamenti della storia che rinvigoriscono la fede e la sollecitano a diventare vita, giorno dopo giorno.

Mi piace pensare ai santi, a questi giganti della fede, come alle lanterne evangeliche poste sopra il moggio o, in termini più moderni, ai lampioni posti sul ciglio della strada che ne indicano la direzione e accompagnano nel percorso. Se la vita – e, in essa, la vita di fede – è un viaggio che ciascuno percorre in compagnia verso mete eterne, nei giorni luminosi come in quelli cupi, è indispensabile la necessità della Luce, soprattutto quella naturale del Sole, i cui raggi danno calore e colore ai giorni e ne disegnano il senso ultimo inscritto nel progetto divino. E alla sera, quando il crepuscolo cede il passo all’oscurità, ecco la necessità dei lampioni che restituiscono la luce necessaria a proseguire il cammino.

Già, i santi come lampioni -senza voler essere irriverente- la cui luce è al di sopra delle nostre teste e permette di orientarci. Se pensiamo alla innumerevole teoria dei santi, ai quali si aggiungono ora i due amati Pontefici, possiamo ben considerare come il lungo percorso bimillenario della Chiesa sia stato costantemente illuminato anche nei periodi più bui. ‘Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa’ ha detto il Papa nell’omelia per la canonizzazione. E sappiamo però che la mèta della Chiesa è Cristo, verso il quale ci dirigono i ‘lampioni’, la cui luce non serve a contemplare essi stessi.

Spesso commettiamo quello che, prima che essere teologico è un errore umano: contemplare, ragionare e argomentare in funzione del lampione e attardarci per strada. Fuori da metafora, i santi, e così la devozione e i riti che compiamo nei loro confronti, o servono ad aprirci la strada, nel tempo e nello spazio, a percorrerla con coraggio, ad evitare o a superare gli ostacoli, a rialzarci quando capita di cadere e, per quanto possibile, a farci compagni di cammino soprattutto tra coloro che sono disorientati o affaticati, oppure è una luce che non serve a molto se non vogliamo vedere.

Quanti di noi, per essere concreti, sono legati a ritualismi, processioni, simulacri… e talvolta esauriscono lì la propria esperienza di fede? E quanti sono rimasti ancorati a quell’enorme ‘lampione’ che è don Tonino, ma con atteggiamento nostalgico, da amarcord, solamente emozionale, senza operare una continua traduzione e personalizzazione dei suoi insegnamenti?

Grazie, allora, alla Chiesa che continua ad issare queste potenti luci sul nostro cammino; facciamo in modo che riflettano sulla strada della nostra vita e ne diradino le inevitabili ombre.