Laici di AC: dare la propria forma ai desideri

di Angela Paparella

C’è una bella, difficile immagine nata dalla penna di Italo Calvino, che emerge nel racconto de Le Città Invisibili. Si tratta della città di Zenobia. Calvino la descrive e poi dice “Quale bisogno o comandamento o desiderio abbia spinto i fondatori di Zenobia a dare questa forma alla loro città, non si ricorda, e perciò non si può dire se esso sia stato soddisfatto dalla città quale noi oggi la vediamo, cresciuta forse per sovrapposizioni successive dal primo e ormai indecifrabile disegno. Ma quel che è certo è che chi abita a Zenobia e gli si chiede di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è sempre una città come Zenobia che egli immagina, con le sue palafitte e le sue scale sospese, una Zenobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi e di nastri, ma ricavata sempre combinando elementi di quel primo modello. Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati…” 
Questa immagine la mutuerei per la nostra Associazione, perché negli abitanti di Zenobia vedo il modo dell’AC di guardare al futuro, nella società civile e nella Chiesa.
I laici di AC di questo tempo e del nostro territorio coltivano dei desideri, delle speranze per se stessi, per coloro che gli camminano accanto, per la nostra Chiesa e per il nostro Paese, che amano e abitano con passione e senso di responsabilità. Come gli abitanti di Zenobia, non riescono ad immaginare un altro posto diverso dalla propria comunità ecclesiale e civile, in cui vivere la vita, esprimere la propria fede ed il proprio impegno.  
I laici di AC non sono pietre di inciampo, di ostacolo, ma pietre di costruzione. Sanno bene che i desideri, quando non costruiscono, alimentano recriminazioni ed insoddisfazioni, diventano motivo per attaccare e remare contro e possono far crollare la città e la comunità. Neppure sono tra coloro che gettano la spugna, correndo il rischio che i propri desideri vengano cancellati, lasciando spazio alla disillusione, all’assuefazione, al senso di impotenza, al pensiero che tanto non cambierà niente. 
I laici di AC vogliono invece essere quelli che “continuano, attraverso gli anni e le mutazioni, a dare la loro forma ai desideri”.
Continuare attraverso gli anni dice, di per sé, una scelta di fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. è una scelta che si concretizza e cresce nell’appartenenza all’AC nel tempo, nelle evoluzioni delle diverse stagioni e situazioni della vita, dentro un percorso formativo costante, con una convinta assunzione della sfida dell’evangelizzazione, sempre da riconiugare al presente. Infatti, continuare attraverso le mutazioni significa anche non ignorare che il mondo cambia, che l’oggi richiede ai cristiani un’attrezzatura fatta di maggiore preparazione, qualità nell’ impegno, ma anche capacità di condivisione e misericordia. L’oggi ci vuole davvero capaci di valorizzare e amare l’umano, con le sue fragilità e le sue enormi potenzialità.
Allora l’AC del futuro deve continuare a coltivare i desideri più alti: il desiderio di vivere una comunità ecclesiale accogliente, illuminata, partecipata, capace di parlare in modo significativo di Gesù Cristo alle persone. Il desiderio di contribuire alla crescita di una società civile in cui i cristiani siano presenza viva, segno di speranza, profezia. Il desiderio di camminare in un’Associazione fatta di laici giovani e adulti maturi, aperti, in dialogo e in ricerca, incarnati, generativi, testimoni.  
Ma questi desideri si basano sulla consapevolezza che tutto ciò si realizza attraverso NOI. Ciascuno di NOI, NOI insieme. A questi desideri, anche attraverso gli anni e i cambiamenti che vivremo, occorre che ciascuno di noi e noi insieme, prestiamo la nostra forma, la faccia, il cuore, le mani e il pensiero. Ci viene chiesto allora di continuare a lavorare, spenderci, incontrarci, progettare, appassionarci, soffrire e gioire nella logica del Vangelo. Solo così saremo un’AC di laici che non temono la complessità ma, custodendo l’Essenziale, sono slanciati, anzi già radicati nel futuro.
Per fare nuove tutte le cose.