Lavori di restauro ad opere sacre della parrocchia San Bernardino

Marcello la Forgia

«Possiamo fare tante opere di bene, ma quella del restauro è un’opera di eccellenza e carità che noi facciamo ai posteri perché, attraverso quadri e statue, possiamo vedere e amare di più Colui che non vediamo con gli occhi». Con queste parole Mons. Domenico Cornacchia, Vescovo della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, ha evidenziato il valore storico-culturale del restauro nel suo intervento per la conferenza di presentazione dei lavori di recupero strutturale dell’Altare di San Salvatore da Horta (incluso il quadro) e delle statue lignee di San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova (che campeggiano ai lati dell’altare maggiore).

Non è mancato il ringraziamento da parte del Vescovo e di don Pasquale, parroco di San Bernardino, a colei che ha finanziato i lavori di restauro, ovvero la signora Tonia Altamura, nostra parrocchiana. Come ha evidenziato don Pasquale, se San Francesco e Sant’Antonio sono Santi conosciuti, in pochi conoscono San Salvatore da Horta, considerato dalla comunità di San Bernardino un compatrono della Parrocchia (da gennaio fino al 18 marzo, i parrocchiani onorano e pregano San Salvatore prima con la pia pratica dei Nove Mercoledì, poi con la Novena e, infine, con i solenni festeggiamenti nel giorno della sua memoria liturgia).

Presenti alla presentazione dei restauri, avvenuta nei giorni scorsi, anche don Michele Amorosini, direttore dell’Ufficio diocesano di Beni Culturali e Arte Sacra ed ex-parroco della Parrocchia San Bernardino, don Francesco Gadaleta e don Pinuccio Magarelli, anche loro parroci negli anni passati, e, infine, gli artefici del restauro, Valerio Jaccarino e Giuseppe Zingaro.

L’altare di San Salvatore (seconda metà del XVII secolo, tranne che per la mensa settecentesca), al momento dell’inizio dei lavori di restauro, era completamente tarlato, con vernici e olii ossidati (ciò aveva generato un annerimento della superficie pittorica) e parti aggiunte nel corso dei tempi o ridipinte (ad esempio, le dorature erano state ricoperte da vari strati di vernici che il tempo aveva ossidato). «In accordo con la sovrintendenza, abbiamo iniziato a fare le prime prove di pittura, pulendo le parti ossidate, e pian piano abbiamo rilevato la doratura originale, anche se, in alcune parti sottostanti le colonne, abbiamo rinvenuto cornici nuove adattate nel corso del tempo – hanno spiegato i restauratori -. Anche le cornici intorno al perimetro del quadro erano ossidate e anche ridipinte, forse per cercare di correggere o risarcire delle parti deteriorate, ma, con i lavori eseguiti, abbiamo trovato il decoro originale».

«Abbiamo pulito, consolidato, stuccato e recuperato le zone in cu il legno era tarlato – hanno aggiunto i restauratori -. In particolare, nelle parti sottostanti dove erano presenti le cornici aggiunte, in accordo con la Sovrintendenza, si è deciso di equilibrarle a quelle antiche, ovvero la base è stata lavorata come in antichità e poi decorata con foglia d’oro».

Per le statue, invece, l’intervento è stato più rapido e meno invasivo perché sono state realizzate solo operazioni di disinfestazione e pulitura, ad eccezione delle gote e delle basi, ricoperte da dipinture a tempera.