Nel segno della croce

di Luigi Sparapano

Il prossimo 23 maggio Mons. Oscar Romero sarà beatificato, concludendo così il lungo e travagliato corso della causa di canonizzazione. Avevamo avuto in anteprima da Mons. Paglia, a Molfetta il 20 aprile 2013 per il ventennale della morte di don Tonino, la notizia della conclusione ormai prossima della causa: “Questi martiri ci aiutano a vivere, questi martiri ci aiutano a credere che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
La giornata per i missionari martiri si tinge purtroppo sempre più del rosso sangue di cristiani uccisi per la loro fede; non ultimi gli attentati terroristici di domenica scorsa contro due chiese in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. “I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani” ha detto il Papa, ricordandoli e pregando per loro all’Angelus.
I dati riportati in pagina snocciolano alcuni numeri desolanti (approssimati per difetto) riguardanti in particolare gli operatori pastorali uccisi nel mondo. Se non possono essere chiamati “martiri”, per non entrare nel merito del giudizio che la Chiesa vorrà esprimere su alcuni di loro, lo sono nel significato autentico del termine: testimoni! Come testimoni silenziosi sono i milioni di cristiani che negli ultimi decenni continuano a morire per Cristo.
Al dolore per i morti si aggiunge la preoccupazione per gli operatori sequestrati o scomparsi, di cui non si hanno più notizie, uno tra tutti p. Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria nel 2013. Dal 1980 al 2014 sono stati 1062 gli operatori pastorali uccisi, con un trend in crescita negli ultimi anni. L’informazione pubblica, tranne quella cattolica, non è assolutamente attenta. Forse solo ora anche noi ce ne rendiamo conto; per questo la giornata del 24 marzo va vissuta con più convinzione, con la memoria, l’intercessione (vedi appuntamenti dell’ufficio missionario) e l’impegno. Nell’anno dell’educazione alla carità, accanto alle numerose opere diocesane, credo possa maturare in noi l’impegno per un progetto missionario, intrecciando con qualche diocesi lontana un percorso scambievole di comunione. I tentativi avviati di recente potrebbero essere ripresi e finalizzati ad una stabile cooperazione dove far convergere i nostri sforzi e da cui attingere nuova linfa spirituale. Le risorse non ci mancano, di sacerdoti, laici, gruppi e associazioni, come non mancano le esperienze passate. Un concreto impegno missionario ad gentes ci farebbe sperimentare il senso più completo della nostra identità di “chiesa in uscita”.

Quadro riassuntivo dei 26 operatori pastorali uccisi nel 2014
Stato religioso
Sacerdoti: 17 (uno italiano), Religiosi: 1, Religiose: 6 (3 italiane), Seminaristi: 1, Laici:1
Luoghi della morte
Africa: 7 (3 Burundi, 2 Rep.Centrafr., 1 Sudafrica, 1 Tanzania); America: 14 (5 Messico, 3 Venezuela, 2 Usa, 1 Canada, 1 Colombia, 1 Nicaragua, 1 Perù); Asia: 2 (1 Siria, 1 Malesia); Oceania 2 (2 Papua Nuova Guinea); Europa 1 (Italia). (Fonte: Fides)

Persecuzioni nel mondo
Cresce la persecuzione dei cristiani nel mondo, persino in posti dove non era così marcata nel recente passato, come in alcune regioni dell’Asia, dell’America Latina e specialmente dell’Africa Subsahariana. Si conferma anche quest’anno l’estremismo islamico come fonte principale (non l’unica) di tale persecuzione, ma assume nuove e inattese forme, come i califfati dell’IS in Siria e Iraq e di Boko Haram in Nigeria. Entrano nella top 10 altri 3 stati africani, Sudan, Eritrea e Nigeria, segno che l’Africa è sempre uno scenario centrale della persecuzione anticristiana. Secondo le stime dell’organizzazione “Porte aperte. Al servizio di cristiani perseguitati”, 4.344 cristiani sono stati uccisi nel 2014 per ragioni strettamente collegate alla loro fede, mentre almeno 1.062 chiese sono state attaccate per la stessa ragione.