Luce e Vita - Arte

Una notte al Museo: Buon compleanno Giovannino Jatta!

di Elisabetta Di Terlizzi

Museo Jatta

Da sempre prestigiosa è stata a Ruvo la famiglia Jatta. La sua presenza, infatti, ha dato lustro alla cittadina pugliese, lasciandole in eredità un importante palazzo e un ricco museo archeologico. Pertanto, i Ruvesi non perdono mai occasione di onorare una delle più grandi ricchezze del loro territorio.
In virtù di ciò, lo scorso 24 luglio, è stata organizzata una serata all’insegna della scoperta dei tesori della celeberrima famiglia. La scelta della data non è stata casuale, dato che nel medesimo giorno ricorreva anche l’anniversario della nascita di Giovanni Jatta Junior, la stessa persona che ha provveduto ad allestire la cospicua collezione museale. A lui va anche il merito della scoperta di alcune tombe da cui sono stati recuperati pezzi unici e straordinari, attualmente presenti nella raccolta.


Servizio di Luigi Sparapano 

A tal proposito, dunque, si è espressa la professoressa Carmela Roscino, docente di Archeologia Classica presso l’Università di Bari “Aldo Moro”. Nel corso della serata si è soffermata sulla spiegazione di un ricco corredo funerario presente nel museo, purtroppo incompleto, ma pur sempre prezioso per l’esclusività dei pezzi. I vasi, infatti, presentano forme e raffigurazioni davvero significative. In questo caso, si pensa che le varie suppellettili funerarie siano appartenute ad una donna, per via della prevalenza di scene desunte da rituali prettamente femminili. A tali culti era ovviamente collegata anche la conformazione dei vasi, spesso frutto di un adattamento in ceramica di una forma mutuata dalla metallurgia. Tutto ciò è determinante anche per la loro funzione, finalizzata al contenimento di liquidi per le libagioni, unguenti, profumi o addirittura cosmetici.
Nelle raffigurazioni ceramiche emergono anche scene tipiche dell’intimità domestica muliebre come la donna che gioca con la palla, accostabile al gomitolo di lana per la tessitura. Caratteristica è anche la rappresentazione di donne ingioiellate con orecchini a forma di cerchio, tipici delle popolazioni non greche, come quella dei Peuceti, insediatisi a Ruvo. Quasi certamente, tutti questi oggetti erano indispensabili per le cerimonie di preparazione al matrimonio e, per questo motivo, legati anche ai rituali della seduzione. Si tratta, dunque, di un patrimonio che risente dell’influenza greca, ma che può propriamente essere definito indigeno.
Sono proprio questi oggetti, dunque, che riflettono quella che è la cultura rubastina e forniscono un’importante chiave di interpretazione per la scoperta delle sue origini.

Elisabetta Di Terlizzi