The best, the number one!

Editoriale del n.33 di domenica 15 ottobre 2017

Le stille di sudore brillano di più sul fondo scuro della sua pelle, sotto il sole di agosto, lungo il bagnasciuga delle spiagge di Metaponto. E incedendo, sotto il peso del bustone carico di enormi foulard variopinti, Bassirou urla simpaticamente “The best, the number one!”. Non so se per dirlo agli spiaggianti, per scuoterli dalla noia che talvolta incombe anche sotto l’ombrellone, o per ricordarlo a se stesso, per darsi coraggio, da mattina a tardo pomeriggio, nel testardo desiderio di raggiungere il suo sogno: tornare in Senegal.
«The best, number one, così mi chiama mia mamma, il migliore del mondo»! Bassirou ha 43 anni e dal 2009 vive in Italia. Dopo 8 anni di illusione, il miraggio del paradiso europeo lascia il posto ad un sogno: tornare nel suo paese, dove ha lasciato la moglie, sposata nel 2006, e i due figli, 11 e 6 anni «che sentono la mancanza del padre».
Per tutto il tempo della chiacchierata sorseggia e si fa bastare un bicchiere di aranciata, non ne vuole un altro, gusta sorso dopo sorso, fino all’ultima goccia, come fosse qualcoa di prezioso.
Oltre sette anni in Sardegna, poi a Salerno, e questa estate in Puglia, dove ha affittato una camera con alcuni amici per riposare la notte, a conclusione di giornate pesanti, come venditore ambulante. Egli, che invece è sarto da donna. Mestiere, esercitato in Senegal e anche in Costa d’Avorio, acquisito dall’età di 13 anni dal padre e progredito fino a farsi una sartoria tutta sua dove aveva lavorato anche la moglie, per 20 anni.
Poi il sogno dell’Europa, investire tutto per un miraggio, un maledetto miraggio; ma Bassirou non impreca: con l’accento francese e l’ampio sorriso, che lascia intravedere il biancore smagliante dei denti, dice con serenità: «è stata un’experiensa!».
«Mia moglie lavorava nella sartoria finché non ha avuto il secondo bambino, poi ho venduto i macchinari più importanti per avere il visto e partire per l’Europa». I colori sgargianti dei pantaloni e della maglietta brasiliana che indossa ben si armonizzano con il volto sudato ma dignitoso, mai lamentoso, di Bassirou: «Pagai il viaggio, non c’erano barconi». «Partire è stato il mio sbaglio, ma non ci dobbiamo mai abbandonare, il combattimento lo dobbiamo fare perché un giorno il nostro sogno dovrà realizzarsi».
«Ho fatto tutto per avere il permesso di soggiorno illimitato, la scuola guida per la patente B. Ho inviato qualche curriculum, ho fatto qualche corso di formazione, ma dopo un mese e mezzo di attesa per un lavoro più nobile, niente succedeva». Nessun aiuto ricevuto anche perché mai cercato, o perché «ci vogliono conoscenze e ci vuole tempo per trovarle e questo tempo mi manca, ogni ora è per i miei figli, devo combattere, fare tutto quello che serve per realizzare il mio sogno».
A Dakar c’è un governo democratico, ma Bassirou riconosce che anche lì «i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri». Aveva studiato 7 anni, ma la scuola non faceva per lui: «Adesso, guardando indietro, andrei a scuola, ma non esiste lo sbaglio – ripete convinto – , esiste l’exsperiensa in più. Così mi ritrovo sulla spiaggia come ambulante». Quando va bene, a fine giornata guadagna 30 euro e lui si sente fortunato: «Io ci riesco anche per la simpatia e questo conta molto perché tanti comprano qualcosa solo per partecipare al mio sogno, quello di tornare a casa». «Devo riuscire a far vedere che sono il migliore del mondo, per non tradire mia mamma». «Ognuno deve combattere per la sua famiglia e il suo futuro e questo io sto facendo, per la mia vita. Sono musulmano, ma il mio paese è laico, ci rispettiamo l’un l’altro, siamo tutti umani e dobbiamo rispettarci l’uno con l’altro».
L’aranciata è finita e il cammino riprende: the best, the number one, svela il il suo mondo, i suoi pensieri, i sogni, le sofferenze, quelle che noi ignoriamo con i nostri giudizi facili. E il suo sudore luccica di fatica, di sogni, di simpatia, di vita.
The best!

 

Luigi Sparapano

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