La sfida della vita per vincere la forza della povertà

La prima domenica di febbraio si celebra la giornata della vita

Devo essere sincero: quando due mesi fa venni a conoscenza dello slogan che i Vescovi italiani avevano scelto per la 32° Giornata Nazionale per la vita che si celebra la prima domenica di febbraio, rimasi un po’ contrariato. Nella mia mente, la parola “vita” è stata sempre sinonimo di gioia, speranza, luce, amore; che immane fatica avrei dovuto fare nel proporre alle persone che frequentano la mia comunità parrocchiale una riflessione sul tema “La forza della vita una sfida nella povertà”?

Ho riletto allora tra le righe del messaggio dei Vescovi la dolorosa storia di quest’uomo buono e generoso: «la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbruttire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità»

Alcune vicende capitate nelle ultime settimane mi hanno invece convinto del contrario: la crisi occupazionale al Sud Italia e il disagio crescente in importanti realtà industriali del Centro-Nord; un uomo molfettese che, disperato, si è tolto la vita due settimane fa; un bambino di otto mesi che, a motivo di una grave e rara malattia, sta lottando tra la vita e la morte.

Ho deciso perciò di rilanciare la sfida della vita denunciando le conseguenze che la drammatica forza negativa della povertà produce nell’esistenza delle persone. Ho scelto di far risuonare la mia piccola voce associandola a quelle più autorevoli del Papa e dei Vescovi Italiani che nel messaggio affermano di sentire il dovere «di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi».

è stato proprio il Papa che mi ha dato la forza di uscire allo scoperto! Nel discorso dell’Angelus di Domenica 31 gennaio, Benedetto XVI ha dichiarato: «La crisi economica sta causando la perdita di numerosi posti di lavoro, e questa situazione richiede grande senso di responsabilità da parte di tutti: imprenditori, lavoratori, governanti. Penso ad alcune realtà difficili in Italia, come, ad esempio, Termini Imerese e Portovesme; mi associo pertanto all’appello della Conferenza Episcopale Italiana, che ha incoraggiato a fare tutto il possibile per tutelare e far crescere l’occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e adeguato al sostentamento delle famiglie».

E qualche giorno prima, il Card. Angelo Bagnasco, nella prolusione all’ultimo Consiglio Permanente della CEI ha affermato: «Si ha la percezione di una crisi che ancora morde su segmenti deboli della popolazione, specialmente quelli giovanili. Molte famiglie sono giunte a fine anno con la consapevolezza di un peggioramento delle proprie condizioni economiche, e dunque con un aumento delle disuguaglianze. Ne dobbiamo trarre la persuasione che la strada da noi intrapresa di una più consapevole e dinamica solidarietà a livello di parrocchie e di diocesi, per andare incontro alle situazioni di disagio in maniera più circostanziata, è quella su cui merita ancora insistere per cercare di attenuare i contraccolpi di una economia che non riesce purtroppo a garantire tutti».

Dopo aver letto queste due dichiarazioni, sono affiorati nella mia mente i volti di alcuni papà dei ragazzi che frequentano la parrocchia che ultimamente sono venuti a raccontarmi le loro ansie, le preoccupazioni, il nervosismo, a volte anche la disperazione sperimentate in famiglia a causa delle difficoltà incontrate a causa della precarietà o, peggio, della perdita del lavoro. Proprio uno di loro, un grande lavoratore, benvoluto e molto amato dalla famiglia e dagli amici, non ha retto alla sconforto di una difficile situazione economica che, secondo lui, era diventata ingestibile e, in un gesto definito da lui in una struggente lettera di addio alla moglie e al figlioletto “un estremo atto di amore”, si è tolto la vita lasciando tutti nel dubbio che una più attenta solidarietà sociale ed ecclesiale avrebbe potuto fermare quest’ennesima vittima della crisi economica.

Sono proprio queste vicende tristi e dolorose che risvegliano in me e, ne sono fermamente convinto, anche in tutti gli uomini e le donne di buona volontà, un amore più grande alla vita e un impegno di concreta solidarietà a mettersi accanto a chi è in difficoltà e a chi soffre nel corpo e nello spirito, per far sì che nessuno si senta solo in questo cammino dove la disperazione può prendere il sopravvento ma può e deve essere sconfitta con un supplemento di speranza e di fiducia.

 

 don Vito Bufi