Ricordo di don Michele De Palo

L'Omelia funebre pronunciata dal Vescovo

ESEQUIE di don MICHELE ANTONIO DEPALO

(Giovinazzo, 3 aprile 2011)

 

 

Ci troviamo ‘ ancora una volta ‘ dinanzi al mistero della morte: la cosa più certa della nostra vita eppure la più sconcertante e dolorosa. Ci rattrista la certezza della morte. Non vorremmo mai affrontarla.

Con la morte di don Michele, la famiglia Depalo ha perso una cara presenza; don Nicola ha perso un fratello e un confratello; la diocesi è privata di un ministro di Dio; io sperimento ancora la durezza di veder morire un prete del nostro presbiterio.

So che è la legge di questo nostro esilio terreno, e tuttavia ne sperimento tutta la tristezza e tutta l’amarezza.

Abbiamo pregato per don Michele durante il graduale deteriorarsi delle sue condizioni di salute. Negli incontri, non frequenti ma intensi, nel corso della malattia, notavo che egli sperava di ritornare ad operare, a rendersi utile, pur vedendo, in lui, la mitezza e la docilità al Dio che bussava alla sua porta. E quando è giunto il momento, si è spento serenamente consegnandosi come un bambino nelle braccia del Padre.

Dio è l’autore della vita; Dio è Colui che chiama i vivi e i morti: le sue vie non sono le nostre vie. Egli sa e vede; noi ignoriamo e non abbiamo gli occhi dell’Eterno: dunque non ci è vietato di cercare e di soffrire e di piangere, ma ci è chiesto in definitiva di elevare lo sguardo a Dio e ripetere con Giobbe: «Dio ha dato, Dio ha tolto; sia benedetto il suo santo Nome» (Gb 1, 21).

Dobbiamo contemporaneamente non perdere ciò che possiamo imparare sulla vita e sulla morte, dalla vita e dalla morte.

La liturgia di questa quarta domenica di quaresima, attraverso l’episodio del cieco nato, ripropone il tema battesimale della luce. Attraverso il battesimo, l’uomo peccatore rinasce dalle tenebre alla luce del Cristo. Ma deve ancora imparare a vedere ogni cosa con lo sguardo della fede. La vita cristiana è un lungo catecumenato: una lenta crescita attraverso il chiaroscuro di questo mondo, della luce ricevuta e intravista, fino a che risplenderà con pienezza il giorno del Cristo.

Noi siamo fatti per la luce. Oggi il nostro caro don Michele è nella pienezza della luce, dopo aver attraversato, nella fase terrena, l’alternarsi di ecclissi, di ombre e di sereno, come avviene in ogni esperienza umana e in ogni percorso di fede. L’aspirazione e la ricerca della luce, pur nella fatica del procedere quotidiano, hanno caratterizzato il ministero di don Michele, nelle sue varie mansioni, di vicario coadiutore in S. Agostino in Giovinazzo, di vicario coadiutore e quindi vicario economo in Concattedrale, di vicedirettore dell’ufficio catechistico e dell’ufficio scuola interdiocesani, di rettore di  varie chiese confraternali della città, di insegnante di religione presso le scuole statali e infine di parroco di questa chiesa di san Domenico, che oggi raccoglie l’ultima testimonianza di fedeltà, di amore e di passione.

Ne vale la pena ricordare quanto mons. Bello gli scriveva nel momento in cui gli affidava quest’ultimo ufficio: ‘ Caro don Michele, hai già vissuto abbastanza l’esperienza presbiterale per capire che l’essenziale sta in Gesù Cristo; e che senza di Lui si gira a vuoto; e che la fosforescenza delle doti umane può ‘ammaliare’ per un poco soltanto, e gli ingenui per giunta. La gente ha bisogno di cibo solido e di pane fresco che tu potrai attingere solo al forno del sacrificio e della preghiera’. Sicuramente sono state parole che don Michele ha non solo meditato, ma cercato di mettere in pratica. Lo ha fatto anche dopo il suo mandato di parroco, rimanendo in questa stessa chiesa a svolgere un servizio discreto ed efficace, celebrando l’eucaristia e ascoltando le confessioni dei fedeli.

La via della luce, come insegna san Paolo nella seconda lettura è necessariamente una via «di bontà, di giustizia e di verità» (Ef 5, 9). Ma nel bel mezzo di una luce sfolgorante, il rischio è quello di addormentarsi, preferendo il buio per non essere smascherati. Bisogna, perciò, essere attenti, vigilanti, operosi, ed avere il supporto di una fede cristallina perché le tenebre della cecità non portino verso i burroni della morte. A tale proposito risuona quanto mai opportuna l’accorata esortazione dell’apostolo: «Comportatevi perciò come i figli della luce» (Ef 5, 8). Illuminante è anche la storia della vocazione di Davide, di cui ci parla la prima lettura di oggi. Egli è scelto da Dio per essere re del popolo d’ Israele, ed è scelto non in base ad apparenze, ma in base alle qualità del cuore. Ogni sacerdote è scelto anche lui, non per le sue abilità umane, o morali o spirituali, ma per un imperscrutabile disegno d’amore. Lo Spirito del Signore si è posato anche su don Michele e la Chiesa lo ha consacrato con l’unzione. Ora, il Signore che gli è andato incontro, avrà ripetuto anche a lui le parole dette agli apostoli: «Voi che mi avete seguito siederete sui troni» (cf Mt 19, 28).

Un prete fedele sa, dunque, che Gesù ha pronto il posto; ha già posto garanzia presso il Padre; ha la vita eterna come promessa; ha Gesù in attesa con la corona di giustizia.

Accompagniamo don Michele con la nostra preghiera. Anche il prete, e soprattutto il prete, ha bisogno di suffragi. Quanto più sono le responsabilità, tanto più sono temibili le negligenze o le mancanze. Dunque, per ciascuno di noi, e oggi per don Michele, bisogna pregare.

Un grande e vivo ringraziamento per le suore di don Grittani che lo hanno ospitato e accudito, per i familiari, in particolare per il fratello don Nicola premurosamente dedito specialmente durante la malattia.

Sincera riconoscenza va ai medici e agli operatori sanitari dell’ospedale di Molfetta e a quanti gli sono stati vicini ed hanno pregato per lui.

Caro don Michele, la chiesa diocesana, qui rappresentata dal vescovo e da tanti sacerdoti, nel ringraziarti per tutto quello che hai fatto, presenta la tua vita e la tua morte al Signore, chiedendo misericordia e gloria.

‘Vive nel Signore’: è scritto nel manifesto che annuncia la dipartita da questa terra di questo nostro caro fratello sacerdote. Ed è la parola che ci sostiene e ci consola. Così sia!

 

 

 + Luigi Martella