“Vorrei stringerti la mano…” Il Vescovo scrive agli Ammalati della diocesi

Il Messaggio di Mons. Martella per la prossima Giornata dell'Ammalato, sabato 11 febbraio 2012, è stato recapitato dai Parroci nelle case degli Ammalati, nelle visite del primo venerdì del mese.

Giunge alla xx edizione la Giornata del Malato che si celebra in occasione della Festa della Madonna di Lourdes, l’11 febbraio.

 

“La celebrazione annuale della «Giornata Mondiale del Malato» ha quindi lo scopo manifesto di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunità cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre più prezioso del volontariato; a richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre.” (dalla Lettera di istituzione della Giornata).

 

Il Papa Benedetto XVI ha indirizzato un messaggio agli ammalati per rinnovare la sua “spirituale vicinanza a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l’affetto di tutta la Chiesa”.

 

Anche il nostro Vescovo, Mons. Luigi Martella, ha diffuso il suo messaggio che è stato recapitato in brochure, realizzata a cura dell’Ufficio diocesano di pastorale della salute, dai Sacerdoti, in occasione della consueta visita del primo venerdì del mese, nelle case degli anziani e ammalati.

«Ecco, cara sorella, caro fratello, – dice Mons. Martella – vengo a stringerti la mano e stare un po’ con te. Perché, partecipare vuol dire stare vicino, soffrire lo stesso dolore, capire, tacere, rendersi utili. Partecipare vuol dire non abbandonare al suo destino chi è nella prova, significa condividere il dolore, aiutare a sopportarlo».

Rispetto alla tentazione di imputare a Dio il mistero del dolore, Mons. Martella esorta a guardare con gli occhi della fede che «sono capaci di guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si è fatto vicino all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato la sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino alla morte e alla morte di croce». Concludendo i suoi pensieri il Vescovo esorta alla preghiera, nella consapevolezza che «non libera dalla sofferenza, ma la trasforma e dona conforto e pace».

Altre copie del messaggio sono disponibili nelle parrocchie e il settimanale Luce e Vita lo pubblicherà sul numero di domenica prossima; nello stesso numero, il paginone centrale sarà dedicato alla giornata del malato, con riflessioni sul versante sanitario e pastorale.

 

Riportiamo in anteprima, la riflessione del direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale della Salute, dott.ssa Pasqualina Mancini:

 

Una carezza e un compito per tutti

 

Il Messaggio del Papa Benedetto XVI per la XX Giornata Mondiale del malato ha come riferimento biblico l’episodio della guarigione dei dieci febbroni narrato nel Vangelo di Luca (Lc 17,11-19) e come temi di riflessione e celebrazione i tre sacramenti di guarigione: Riconciliazione, Unzione degli Infermi, Eucaristia.

Lascio l’approfondimento del testo alla lettura personale di quanti hanno a cuore la fragilità dell’uomo e in essa la ricerca di senso e di fede. Cercherò di comunicare la riflessione che in me ha provocato il tema della Giornata ‘alzati e va’, la tua fede ti ha salvato!’ (Lc 17,19).

Alzarsi e andare per ritornare alla quotidianità: verbi che ogni malato vorrebbe riprovare e coniugare. La malattia e raffigurata e vissuta come fermarsi per giacere in attesa di cure più o meno sofisticate a volte, purtroppo non sempre, risolutive. La cura attesa, però, non è solo quella che riguarda la guarigione fisica e cioè quella affidata temporaneamente ai tecnici della materia.

Sorgono, infatti, domande sul senso del limite, della fragilità e richieste di relazioni più efficaci e profonde che la medicina non riesce a soddisfare

La malattia chiama a servire l’uomo in modo integrale. Al malato servono interlocutori e, meglio, urge prossimità da parte della famiglia, degli operatori del mondo della salute e dei ministeri della fede. Nessuna di queste categorie può negare di aver bisogno delle altre.

Nessuno può accostarsi al malato con la presunzione a volte con l’arroganza di essere di far sé esaustivo. La malattia convoca e mette  in campo una squadra in cui ciascuno è titolare di un ruolo, in cui anche le riserve saranno preziose.

Ciascuno come coniuge, figlio, amico, medico, infermiere, religioso, sacerdote, conseguirà un tassello, un messaggio per far sì che ‘alzarsi e andare’ sia possibile.

Nel Messaggio del Papa c’è una carezza o un compito per tutti. Per il malato destinatario di sollecitudine e affetto da parte della Chiesa.

Per i sacerdoti e i religiosi convocati ad essere disponibili a dare con gioia precedenza assoluta all’uomo fragile e ad essere trasformata della misericordia e della tenerezza di Dio. Per la famiglia e gli operatori sanitari chiamati nell’operosità silenziosa accanto al malato ad intuire e a riconoscere il volto sofferente del Signore Gesù.

É questa la premessa perché il malato riceva una auspicata e possibile guarigione ma soprattutto la consapevolezza di una fede che salva. Una fede che restituisca il versetto di Luca, tema della Giornata, alla sua traduzione letterale: ‘Risorgi e cammina da risorto verso una vita nuova, la tua fede ti ha salvato!’.