Sobria e solenne, la celebrazione per la Messa Crismale nella mattina del Giovedì Santo nella gremita Cattedrale di Molfetta, ha visto radunarsi intorno alla Mensa eucaristica e ai Sacri Oli, una significativa rappresentanza di tutta la chiesa diocesana, dai neonati agli anziani, religiosi e consacrati, e soprattutto tutti i sacerdoti diocesani stretti al Pastore, Mons. Luigi Martella.
Nella sua omelia il Vescovo ha riproposto efficacemente il significato delle celebrazioni del Giovedì santo, di quello che è il giorno della “sacramentalizzazione della Pasqua” cioè il giorno che non ricorda una Pasqua “avvenuta”, ma che “Avviene sempre, avviene oggi, avviene ovunque. Avviene qui, in quei segni pasquali che sono i Sacramenti”. Ma anche ribadito che questo è il giorno della “sacramentalità della Chiesa”.É il giorno, ancora, in cui “Dio, l’Invisibile, si è manifestato nel visibile e Gesù ne è l’immagine. Nella sua visibilità poi Cristo, con le sue mani e la sua voce, ha reso operante l’invisibile Dio. Allora i Sacramenti sono segni del Mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e sono chiamati i Misteri pasquali della nostra salvezza”. “La
Il magistero di Mons. Martella ha poi ripreso il significato dei Sacri Oli, dei catecumeni, dell’unzione degli infermi e il Crisma, che in questo giorno vengono consacrati e per mezzo dei quali per tutto l’anno nelle diverse parrocchie sarà effuso lo Spirito Santo, olio della lotta, della guarigione e della fortezza.
Questi misteri celebrati nella Chiesa richiedono oggi ‘freschezza ed entusiasmo’, laddove l’etimologia del termine entusiasmo richiama proprio la ‘apertura a Dio, al bello, al vero’; freschezza manifestata in Chiesa dalla numerosa e composta presenza di ragazzi provenienti dalle quattro città, che si apprestano a ricevere il sacramento della Confermazione.
Il Vescovo ha salutato, tramite i presenti, tutti gli ammalati e gli anziani, i sacerdoti assenti per malattia o lontani per il loro ministero fuori diocesi; ha ricordato la recente scomparsa di don Paolo Cappelluti, mentre ha espresso gli auguri per i sacerdoti che celebreranno a breve il giubileo sacerdotale (25 anni don Vito Bufi e 50 anni Mons. Giuseppe Milillo). Ma la gioia definita ‘incontenibile’ da Mons. Martella è stata quella per le prossime ordinazioni: due diaconi, Luigi Amendolagine e Vincenzo Marinelli, e tre sacerdoti, Silvio Bruno, Giuseppe Germinario e Massimo Storelli, che riceveranno l’Ordine Sacro alla Vigilia di Pentecoste.
Quasi una risposta concreta che la nostra chiesa diocesana offriva al Papa, mentre a Roma contemporaneamente esprimeva le forti preoccupazioni per i movimenti di disobbedienza di alcuni sacerdoti.
Concludendo l’omelia Mons. Martella si è rivolto personalmente ad ogni sacerdote, ponendosi accanto e non a capo di ciascuno: ‘Caro fratello sacerdote” ha esordito nel suo messaggio, ed ha affidato tre consegne decisive per l’autenticità della missione sacerdotale: riconoscere ogni giorno la fiducia in Cristo che ha scelto e chiamato al sacerdozio per ‘far parte del mistero della salvezza nel mondo’; riconoscere di non essere prete da solo. ‘Nasci e vivi da prete in quanto appartieni al corpo sacerdotale’, vedendo nella comunione tra sacerdoti non un fatto funzionale o efficientistico, ma un dato sacramentale. Infine, la terza consegna, il sentirsi mandato ‘ai vicini e ai lontani’, ai ‘cristiani della soglia’ e al ‘cortile dei gentili’, senza distinzioni di categoria o di appartenenza. Martella rimarca l’urgenza di essere sacerdoti aperti e accoglienti verso tutti con atteggiamento di simpatia, specialmente verso i giovani, i fidanzati, le famiglie e i coniugi che vivono situazioni di irregolarità.
Il Vescovo lancia un appello a tutta la comunità diocesana, clero, laici e religiosi, a compiere quel ‘salto di qualità che da più parti viene invocato: a livello culturale, economico, sociale e anche ecclesiale. La sensazione che ogni sforzo in campo ecclesiale risulti infruttuoso può determinare un atteggiamento di resa. Ma a questa tendenza bisogna con tutte le forze reagire e bisogna ritrovare sempre la capacità di inventare la pastorale dietro le sollecitazioni che provengono dalla complessità della realtà’.