Solidarietà operosa e fiducia nella vita

Il Messaggio del Vescovo alla famiglia Rennola per la morte del papà Giuseppe.

Si sono svolti sabato, nella parrocchia S. Famiglia di Molfetta, i funerali di Giuseppe Rennola, trovato impiccato in campagna, a causa di seri problemi finanziari.

Nella gremita chiesa, attorniato dalla moglie e dalle due figlie e dai suoi amici di sempre, le parole del messaggio recapitato dal Vescovo Mons. Martella e dell’omelia di mons. Domenico Amato, vicario generale, che ha presieduto il rito funebre, concelebrato dall’Amministratore parrocchiale don Michele Stragapede, hanno dato voce al dolore e alla solidarietà operosa che chiama tutti in causa, principalmente le istituzioni e la politica che non possono confondere le carte della burocrazia con la dignità umana di chi quelle carte rappresentano.

 

Il messaggio del Vescovo:

«Carissimi, la catena di eventi drammatici si allunga e si estende per tutta la penisola Italiana. Ormai sono troppe le persone che decidono di farla finita e la cosa ci lascia sgomenti.

La morte di Giuseppe Rennola è un evento tragico che ci tocca da vicino e ci fa riflettere, soprattutto ci induce alla preghiera affinché il Signore si manifesti a lui nella sua infinita misericordia. In questo momento così difficile e drammatico per il nostro Paese, dobbiamo essere tutti solidali senza lasciarci prendere dallo sconforto. La vità è dono di Dio, un dono prezioso, il cui valore non ha prezzo. Invito tutti ad avere più fiducia in noi stessi e a fare ricorso a tutte le risorse umane e di fede perché si fermi questa ondata di disperazione.

Mentre elevo al Signore della vita suffragi per l’anima del povero fratello Giuseppe, esprimo la mia vicinanza alla famiglia, alla moglie, soprattutto alle figlie, private del loro papà, da una sorte così oscura.

La luce di Cristo Risorto ci doni la forza di avere lo sguardo proteso nel futuro e di non cedere alla tentazione della rassegnazione e del pessimismo».

 

 Nell’omelia, mons. Amato ha accostato la solitudine di Pino “privato della sua dignità di lavoratore, di imprenditore e di uomo” a quella di Cristo morto “solo, innocente, sulla croce”. “Ha perso la voglia di andare avanti – ha proseguito don Mimmo – lui che era un lavoratore, un bravo papà, un uomo con la sua dignità, che ha cercato di costruire la sua esistenza, un uomo normale”. Un sacrificio che però non ammutina le responsabilità: “É giunto il tempo di capire che le persone non sono numeri. La politica e i politici devono cominciare ad occuparsi dei cittadini. Le istituzioni non possono nascondersi dietro le carte. E non bastano le risposte generiche”. “Giuseppe – dice don Mimmo – si sarà rivolto tante volte agli uffici per vedersi riconosciuto ciò che gli spettava e avrà ricevuto risposte evasive”. Una responsabilità pubblica, sostiene don Mimmo, quando non si riconosce che “dietro ogni pratica c’è una persona”.

 

Anche l’Amministratore parrocchiale della S. Famiglia, don Michele Stragapede, esprime il suo pensiero in un articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero di Luce e Vita:

«La morte di Pino Rennola ha stordito la comunità cittadina molfettese, perché lui la morte non l’ha scelta, l’ha subita. Persona onesta e gioviale che godeva dell’affetto della moglie Elisabetta e delle due figlie Barbara e Noemi, dei propri genitori e di una famiglia piuttosto numerosa e della stima di tanti amici, con l’ultimo atto della sua vita ci pone molti interrogativi.

Come comunità umana, dinanzi alla morte di Pino, dovremmo batterci il petto perché le strutture del nostro vivere insieme si stanno ritorcendo contro la nostra stessa esistenza. Sono divenute strutture di peccato. L’economia incapace di produrre ricchezza diventa finanza speculativa. Con i soldi si fanno altri soldi ma non si aiuta a fare impresa.»