Cristiani e crisi: atleti della speranza

Le Olimpiadi, l'entusiasmo e il vigore da ritrovare in un tempo di stanchezza e disorientamento

Le immagini delle Olimpiadi, fin dalla cerimonia di apertura a Londra, accanto alle emozioni, continuano a suscitare pensieri di speranza per un’umanità che sotto diverse bandiere si ritrova per alcuni giorni a vivere un sogno.
La speranza cammina volentieri con il sogno quando questo non è una fuga dalla realtà ma è la capacità di cogliere segni di vita buona attorno a se stessi ed è la capacità di farli crescere nonostante le avversità.
In momenti nei quali il futuro si prospetta più carico di ombre che di luci cresce ovunque la domanda di una speranza che non sia però un allegro fischiettare al buio.
Nel tunnel di una crisi che viene letta prevalentemente attraverso le lenti dell’economia e della finanza, mentre sono sotto gli occhi di tutti altre e non meno importanti dimensioni, questa domanda non può trovare disattenti e senza voce quanti vivono e pensano la fede cristiana.
La comunicazione mediatica in questi giorni sta affidando ai protagonisti dei Giochi olimpici il compito di una risposta e questo in parte accade perché in gara accanto a muscolosità e armonia fisica c’è una sorprendente umanità.
Il vero atleta ha sempre un messaggio non solo sportivo da trasmettere.
La metafora del gioco è allora utile perché richiama ai cristiani, in questo tempo d’incertezza e stanchezza, l’appello a essere atleti di speranza.
Non mancano i ‘campioni’, a cominciare da Benedetto XVI e dai molti pastori che ogni giorno, per amore del loro popolo, di cui condividono angosce e attese, alzano la voce per chiedere risposte di dignità e giustizia ma anche per dire che la speranza cammina sulle strade delle città tenendo per mano la fede e la carità.
Ma occorre uno scatto in più.
La fede cristiana, in un inquieto e inquietante passaggio storico, ha una risposta da offrire alle paure, allo scetticismo e alla rassegnazione. Se così non fosse, si ripeterebbe il tradimento consumato nel buio di un orto, che oggi ha i confini del mondo. Un tradimento della speranza.
Non è un cammino facile, la fatica e la sofferenza non sono estranee all’esperienza cristiana, che è esperienza profondamente umana.
Ma come accade per gli atleti che mettono tutta la loro umanità, e non solo la loro forza fisica negli scatti, anche per i cristiani questo è un momento favorevole per ridire che Qualcuno è venuto, ed è qui anche ora, per cambiare la direzione della storia. Per dare una risposta ‘altra’ di fiducia a una crisi che inquieta.
Ma non si può dire di un Altro se non lo si è incontrato. Oppure, come ricordava un rabbino a chi gli chiedeva dove fosse Dio, se non lo si lascia entrare l’Altro nella propria vita. Sono la gioia e lo stupore di questo incontro che oggi, nel tempo dell’incertezza, hanno bisogno di essere ritrovati e comunicati con lo scatto dell’atleta.
Ecco la corsa trepidante del messaggero che ha una notizia inattesa da comunicare, ecco la corsa colma di stupore delle donne dopo la scoperta di un sepolcro vuoto, ecco la corsa a ostacoli di Paolo sulle strade del mondo per far nascere domande e suscitare la ricerca di risposte in chi si è seduto ai bordi della storia. Atleti della speranza che coinvolgono nel gioco della vita buona quanti si sentono oppressi dal peso di una crisi e sono stanchi di camminare in salita.
Anche il cristiano avverte la stanchezza e la fragilità, non è un super-uomo. Egli sa a Chi chiedere la forza per lo scatto di un atleta: non per una vittoria individuale ma per raggiungere con quanti incontra ogni giorno sulle piste del mondo il traguardo di quella felicità che in una medaglia olimpica trova un’immagine ma non ancora la realtà.
 
Paolo Bustaffa