Il Cammino delle Confraternite con Papa Francesco

di Simone Salvatorelli Priore della Confraternita Purificazione-Addolorata di Ruvo di Puglia

In occasione dell’anno della Fede, indetto dal Santo Padre Benedetto XVI in concomitanza del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, il Cammino annuale delle Confraternite d’Italia si è svolto a Roma il 5 maggio ed è diventato un raduno internazionale delle Confraternite che, in questo nostro tempo, sono dappertutto riscoperte e valorizzate.

Non si poteva mancare all’appuntamento dal momento che a presiedere il raduno è stato lo stesso papa Francesco, che, ancora più dei suoi predecessori , vista la provenienza, rappresenta la Chiesa mondiale.

Dopo aver partecipato al Cammino diocesano e regionale, lo scorso anno, la nostra Confraternita, insieme ad altre confraternite della nostra diocesi ha voluto partecipare al Cammino, svoltosi nei giorni 4 e 5 maggio scorsi. Durante questi raduni ci si mette in «cammino»  per raggiungere  l’unica meta che noi cristiani dobbiamo bramare, nostro Signore Gesù Cristo, a lui si deve giungere anche e soprattutto per l’intercessione dei Santi, ai quali i nostri sodalizi sono intitolati.

Il raduno  permette, inoltre, una maggiore conoscenza e scambio  delle usanze e tradizioni dell’una e dell’altra confraternita attraverso l’incontro tra confratelli e consorelle provenienti da ogni parte del mondo.

Emerge in questi  incontri, caratterizzati dalla  manifestazione laica e popolare che ne scaturisce, una vera e propria esplosione di colori dei più variegati abiti e distintivi confraternali, oltre agli stendardi, crocifissi e vessilli presenti. Ciò è stato evidenziato anche da  Papa Francesco, che ha detto durante una breve tregua della pioggia caduta quasi insistentemente per tutta la mattinata: «In questa Piazza vedo una grande varietà prima di ombrelli e adesso di colori e di segni».  

Il messaggio che Papa Francesco ha rivolto ai presenti, durante la celebrazione Eucaristica conclusiva del Cammino in Piazza San Pietro, è stato incentrato sul significato di queste tre parole:   evangelicità, ecclesialità, missionarietà.

Sul senso del primo termine, utilizzato già da Benedetto XVI per parlare alle confraternite, il presule, ha invitato a vivere l’esperienza confraternale «come una spiritualità, una mistica, uno spazio di incontro con Gesù Cristo». Non si tratta solo di una manifestazione della pietà popolare, ma di un vero e proprio «tesoro» della Chiesa, «fucine di santità» anche per molta gente che vive con semplicità il vangelo. Per questo il papa ha fatto appello a vivere un percorso di formazione cristiana all’interno dei propri sodalizi: «Attingete sempre a Cristo, sorgente inesauribile, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia». La pietà popolare è il tramite per arrivare ad incontrare Nostro Signore Gesù Cristo, essa deve essere considerata come espressione di fede, evitando le pratiche religiose solo esteriori o deviate.

Circa l’ecclesialità il Pontefice ha ricordato che la pietà popolare porta a Cristo morto e risorto e ad amarsi come lui ci ha amato, in altri termini conduce alla fede che salva, se viene vissuta in profonda comunione con i pastori. Ancora una volta, citando Benedetto XVI, il papa ha proseguito: «Qui c’è un secondo elemento che vorrei richiamarvi, come fece Benedetto XVI, e cioè l’ecclesialità. La pietà popolare è una strada che porta all’essenziale, se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione con i vostri Pastori. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa vi vuole bene! Siate una presenza attiva nella comunità come cellule vive, pietre viventi».

Forse l’aspetto nuovo, sottolineato dal Santo Padre, consiste nella missione delle Confraternite, chiamate a mantenere sempre vivo il rapporto tra la fede e la cultura propria del popolo di appartenenza. Nella pietà popolare, quale manifestazione culturale di carattere privato o comunitario emergono ritualità e forme espressive proprie di un popolo o di una etnia e della sua cultura. La missionarietà consiste proprio nel mettere sempre in relazione, la fede professata e vissuta, con tali manifestazioni anche esteriori. «Vorrei aggiungere una terza parola che vi deve caratterizzare: missionarietà. Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare. Quando, ad esempio, voi portate in processione il Crocifisso con tanta venerazione e tanto amore al Signore, non fate un semplice atto esteriore; voi indicate la centralità del Mistero Pasquale del Signore, della sua Passione, Morte e Risurrezione, che ci ha redenti, e indicate a voi stessi per primi e alla comunità che bisogna seguire Cristo nel cammino concreto della vita perché ci trasformi».

In tutte queste attività, ha ribadito papa Francesco, non deve mai mancare l’intento di attrarre e condurre a Cristo. Ciò è possibile attraverso la carità: «Le vostre iniziative siano dei ‘ponti’, delle vie per portare a Cristo, per camminare con Lui. E in questo spirito siate sempre attenti alla carità».

Diventa evangelizzazione anche un pellegrinaggio a cui partecipano altri un po’ lontani dalla pratica della fede. Si possono coinvolgere la propria famiglia e altre persone.

Sicuramente le parole del papa sono state un modo per scuotere il torpore spirituale  in cui si rischia di cadere oggi anche in tanti gruppi di antica tradizione cristiana. È stato un andare all’essenziale della nostra presenza di confratelli nelle nostre città odierne: «Camminate con decisione verso la santità; non accontentatevi di una vita cristiana mediocre, ma la vostra appartenenza sia di stimolo, anzitutto per voi, ad amare di più Gesù Cristo».

I confratelli sono chiamati ad essere, come ogni vero cristiano, «pietre vive della Chiesa», edificandola sempre, come testimoni «della sua misericordia e del suo amore». Il senso dei cammini confraternali, che comportano sempre alcuni tratti a piedi, a una chiesa o a un santuario, è quello della vita intesa come un pellegrinaggio. Essa non ha la sua meta ultima qui, in questo mondo, ma nel raggiungere Dio e il suo Figlio Gesù Cristo. Nel senso paolino di Fil 3,14, la vita cristiana è una vocazione a raggiungere la meta che ci sta davanti, come in una corsa, per il desiderio crescente della casa di Dio. Su questo sfondo si comprende meglio la conclusione dell’omelia, ispirata agli ultimi capitoli del libro dell’Apocalisse: «E così cammineremo verso la meta del nostro pellegrinaggio terreno, verso quel santuario tanto bello, la Gerusalemme del Cielo. Là non c’è più alcun tempio: Dio stesso e l’Agnello sono il suo tempio; e la luce del sole e della luna cedono il posto alla gloria dell’Altissimo».