Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1, 39-56
1) La meta della pellegrina del Cielo
Il dono con cui Dio ci ha donato suo Figlio non poteva corrompersi. Il Tempio vivo che per primo ha ospitato il Corpo di Cristo non poteva andare in polvere. L’Assunzione[1] della Vergine chiarisce in modo limpido la frase che spesso si ripete a partire da Sant’Ireneo di Lione (II secolo): “Dio si è fatto uomo perché l’uomo potesse diventare Dio”. Che significa: “diventare Dio”? Vuol dire: diventare un vivente la cui vita non ha limiti, perché è liberata per sempre dal peccato e dalla morte.
Prima di riflettere sull’immagine del Vangelo della Messa di oggi, che ci rappresenta la Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, il cui figlio esulta di gioia percependo nel grembo materno la presenza del Figlio di Dio, mi soffermo sull’immagine (in greco: icona) della Vergine Madre con in braccio il Bambino divino, che Lei regge e protegge. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio in modo così tenero e familiare da appoggiare il suo viso sulla faccina di Gesù. Questo Gesù, alla fine della vita terrena di sua Madre, fa una cosa analoga. Se contempliamo l’icona della dormizione (è con questo nome che le Chiesa Orientali celebrano l’assunzione) di Maria, vediamo che in questo caso è Lui accoglie la Madre: Dio accoglie l’umanità.
Guardiamo il dipinto:
La Vergine Madre è morta. Al suo corpo rivestito di un abito nero, nera crisalide, si avvicina Cristo, il suo Figlio risorto, che prende tra le braccia l’anima di Sua Madre, rappresentata come una bambina che porta a compimento la sua nascita nel Regno. In alcune icone Gesù stringe al proprio volto il volto di questa donna-bambina. Contempliamo questa assunzione, in cui il divino accoglie l’umano. Ed è una festa grande. A questo riguardo Sant’Anselmo d’Aosta afferma che il Redentore volle salire al cielo prima di sua madre non solo per prepararle un trono degno di lei nella sua reggia, ma anche per rendere più trionfale e glorioso il suo ingresso in cielo, andando Lui stesso a riceverla con tutti gli Angeli e i Beati del Paradiso.
La festa dell’Assunzione ci ricorda il nostro destino di pienezza di vita nella comunione con Dio. Maria assunta in cielo nell’anima e nel corpo è il mistero della nostra fede che ci mostra che anche noi, come Maria, siamo “destinati” a risorgere un giorno nell’anima e nel corpo, ossia tutto il nostro essere, tutta la nostra storia, le nostre relazioni di amore vissute attraverso il cuore e i gesti del nostro corpo, troveranno la loro pienezza e il loro compimento nell’Amore di Dio! Nulla della nostra storia andrà perduto, nulla vissuto senza un senso, nulla di tutti quei gesti di fedeltà, di amore, di umiltà, di giustizia fatti con l’anima e con il nostro corpo saranno stati vani.
2) La Strada.
La festa dell’Assunzione di Maria non ci parla soltanto della meta, ma anche della strada da compiere per noi pellegrini, sull’esempio della nostra Madre celeste, che fu pellegrina del Cielo in tutti i giorni della sua vita sulla terra.
Oggi celebriamo la festa dell’Assunzione di Maria, l’entrata in cielo di colei che ha creduto, accanto al Figlio, anticipando la méta che attende ogni uomo. Maria ci precede nell’accoglienza di quella Parola che genera il Figlio in noi, ma ci precede anche nella speranza della resurrezione, nell’assunzione di tutta l’umanità nella vita di Dio.
Per farci comprendere questo mistero, la Liturgia di oggi ci porta all’inizio di quella storia, in cui il cielo è sceso sulla terra e si è fatto piccolo germe di vita nel grembo di una semplice donna di paese, e ci propone il brano del Vangelo che racconta la visita della Madre del Messia alla cugina Elisabetta. La Madre di Dio dopo aver ricevuto l’annuncio della sua maternità da parte dell’angelo si reca in fretta e con amore da Elisabetta sua parente anziana, per condividere la propria gioia con qualcuna che stava vivendo una situazione molto simile. Il motivo della festa, dunque, è la gioia per essere amati da un Amore fecondo.
Cerchiamo di immaginare la scena dell’incontro nella casa di Zaccaria. Si potrebbe dire che le protagoniste sono due donne che s’incontrano, due donne incinte, una vecchia, vecchia di decina di secoli di attesa – il Battista rappresenta anche più di 2000 anni di attesa, rappresenta tutta l’umanità da che attende il Salvatore promesso dall’inizio dei tempi. Quindi una donna che porta in sé l’attesa antica dell’umanità. L’altra, una ragazzina che porta in sé l’Atteso dall’umanità, che porta in sé la novità, la vita nuova. L’anziana porta il desiderio, la giovane il Desiderato; una porta la fame, l’altra il cibo. E c’è l’incontro che diventa avvenimento.
Ma credo sia giusto affermare che questo incontro non avviene tanto tra le Maria ed Elisabetta, quanto tra i due bimbi che sono nel grembo delle loro mamme che sono nella gioia. Quindi Maria prorompe nel Magnificat il suo cantico di gioia: tutti secoli la chiameranno beata, in corpo e anima sarà per sempre accanto al Signore perché ha collaborato con Lui all’opera della redenzione.
Maria è Madre di Dio perché ha creduto alla Sua parola e accettato la Sua proposta. La sua beatitudine vale per ciascuno di noi che fa come lei, che oggi celebriamo recuperando il senso profondo di riconoscenza al Signore per la Sua presenza, per la Sua visita tra noi.
3) Visitazione della Madre della Vita.
La visita di Maria ad Elisabetta permise la visita di Gesù a Giovanni il Battista.
Non fu dunque una visita di cortesia e neppure una visita per dare un aiuto umanitario ad una donna anziana. Fu un gesto di carità umile. Mostrò che Dio era davvero sceso a visitare e redimere l’umanità intera.
All’inizio del racconto della Visitazione di Maria ad Elisabetta c’è una parola a cui non si dà sufficiente importanza: “in fretta”. “In quei giorni (dopo l’annunciazione) Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda” (Lc 1, 39). Perché invece di restare in meditazione delle parole dell’Angelo Gabriele e di attendere il compimento dell’annuncio in casa sua, la Madonna “in fretta” andò dalla cugina anziana, che era rimasta finalmente incinta? Perché era spinta dalla carità di Cristo. La sua “fretta” non vuol dire che Lei si mise a correre sulla strada che conduce ad Ain Karim, villaggio vicino a Gerusalemme dove abitava Elisabetta. Vuol dire che non c’è e non ci deve essere alcun ritardo tra il concepimento di Gesù in Lei e la presenza di Gesù in mezzo agli uomini.
Noi dobbiamo fare la stessa cosa. Se dobbiamo fare nascere Gesù in noi e da noi, come in modo eminente l’a fatto Maria, dobbiamo lasciare fiorire lo Spirito in noi, partendo … senza ritardo: ogni grazia è una missione. Ogni vocazione è una missione di portare “in fretta” la presenza di Cristo nel mondo.
Questa vocazione è vissuta dalle Vergini consacrate nel mondo a partire dalla loro totale adesione a Cristo e alla loro comunione sponsale con Lui (“Volete essere consacrate al Signore Gesù Cristo, figlio del Dio Altissimo, e riconoscerlo come vostro sposo? Si lo vogliamo” – Rito di consacrazione delle Vergini, n. 17), che implica che la pienezza della virginità sia donata dal senso della maternità. Loro sono davvero vergini e spose quando cominciano a sentirsi madri, quando il loro zelo per salvare le anime e portarle a Dio, le spinge “in fretta” a mettere a disposizione della Chiesa e dell’umanità tutte le loro risorse e consumandovi la loro esistenza. Allora davvero danno la vita, servendo la Vita come la preghiera al n. 18 del Rito di Consacrazione delle Vergini: “Preghiamo Dio Nostro Padre, per suo Figlio Nostro Signore, affinché lo Spirto effonda la sua grazia in abbondanza su quelle che Lui ha scelto di consacrare al suo servizio”.
NOTA
Intanto nella Chiesa si cominciavano a celebrare le feste mariane. E la prima fu proprio quella che è all’origine dell’attuale festa dell’Assunta: il 15 agosto del 453 a Gerusalemme veniva dedicata alla morte di Maria una chiesa chiamata col suggestivo termine di “Dormizione”, perché Maria al termine del suo cammino terreno non era veramente morta, ma si era come addormentata. Nella tradizione orientale infatti la morte di Maria è chiamata “dormitio” (=addormentamento) o anche “transitus” (=passaggio).
Più tardi, nel 7° sec., il vescovo Modesto di Gerusalemme annunciava nelle sue omelie che “Maria è stata presa dal Signore dei Signori della Gloria”, ed esaltava il trapasso glorioso della Madre di Dio, “tratta dal sepolcro e chiamata a Sé dal Figlio in un modo noto solo a Lui”.
(da: agenzia Zenit, il mondo visto da Roma)