Triduo pasquale: le variazioni di un solo e grande amore

di Pietro Rubini

La Settimana Santa, scandita nei diversi ed intensi momenti liturgici, è l’unica settimana dell’anno capace di imporsi ai ritmi profani del vivere quotidiano. Mai come nei giorni “santi” avvertiamo la necessità imprescindibile di ritagliarci il tempo del silenzio e della meditazione personale, perché gli occhi sappiano vedere e il cuore possa ascoltare nei gesti e nelle parole della liturgia la Passione e la Risurrezione del Signore.
Con la Domenica delle Palme si entra nel vivo delle celebrazioni e dei riti. È il giorno in cui la Chiesa, facendo memoria dell’ingresso del Signore a Gerusalemme, si prepara al triduo pasquale, cuore della settimana. Cosa si celebra in questo triduo? Ovviamente l’amore di Dio. Avviene in ogni liturgia, ma nel triduo pasquale c’è una sensibile concentrazione dell’amore divino, e le particolarità liturgiche dei singoli giorni sono fra loro in una notevole armonia, come quella di un brano musicale “su un tema con variazioni”. Eccole, sinteticamente accennate.
Giovedì santo: l’amore che si mette a servire (Il Vescovo presiede la Messa crismale alle 10,00; Messa in Coena Domini alle 18,00 in Cattedrale)
Il Maestro che si mette a lavare i piedi degli apostoli capovolge la logica della gerarchia di questo mondo, compresa la falsa umiltà del servilismo, coltivato da chi a sua volta piacerebbe essere servito. La lavanda dei piedi vuole essere un segno dell’amore fraterno. Rimane però sempre e solo un segno, peraltro in riferimento a un gesto antico, quasi incomprensibile se non viene spiegata l’usanza di quei tempi, in cui lo schiavo lavava i piedi all’ospite. Ecco, allora, che le rubriche, per attualizzare questo gesto, raccomandano di prestare una particolare attenzione ai poveri, precisando che «all’inizio della liturgia eucaristica si può disporre la processione dei fedeli che portano doni per i poveri». I doni, insieme alla raccolta per i più bisognosi, fatta al momento della questua, sono la risposta simbolica e concreta all’istituzione del comandamento nuovo.
Venerdì santo: l’amore che va fino alla morte (Il vescovo presiede l'azione liturgica In morte Domini alle 18,00 in Cattedrale)
La manifestazione di questo amore avviene quando la croce è solennemente mostrata ai fedeli. Il rito parla dell’Ostensione e dell’Adorazione della Croce come di due momenti distinti, accompagnati dalle parole: «Ecce lignum crucis in quo salus mundi pependit. Venite, adoremus». E si genuflette davanti alla croce come atto di adorazione. Le parole di meditazione dell’amore che va fino alla morte ci vengono offerte da Dio stesso, nei cosiddetti “Lamenti del Signore”: «Popolo mio che male ti ho fatto? In che ti ho provocato? Dammi risposta. Io ti ho esaltato con grande potenza, e tu mi hai sospeso al patibolo della Croce. Io ho aperto davanti a te il mare, e tu mi hai aperto con la lancia il costato».
Sabato santo: l’amore che va oltre la morte (Il Vescovo presiede la Veglia pasquale alle 22,30 in Cattedrale)
È l’amore che appartiene a chi è più forte della morte, tanto da poterla affrontare ed attraversare. Questa vittoria è ampiamente richiamata dai quattro momenti della grande veglia: il lucernario, l’ascolto della Parola, la liturgia battesimale e quella eucaristica. Pasqua è la festa della vita. «Il Padre, ridonando la vita a Gesù il mattino di Pasqua, non può non ridonare vita anche al mondo; se non salvasse il mondo, non risusciterebbe nemmeno Gesù, perché Gesù è anche il suo mondo, il contatto del Figlio con il mondo» (G. C. Pagazzi). 
Di questo rendiamo grazie alla Pasqua. Riaccendiamo la speranza, ritroviamo la fiducia, guardiamo serenamente alla nostra storia.