Il saluto del Sindaco di Molfetta al Vescovo don Gino

Paola Natalicchio

Caro Don Gino,
te ne sei andato senza colpa e senza preavviso. Senza fare rumore, senza dare fastidio, senza scomodare nessuno. Te ne sei andato mentre scendeva la sera su un lunedì di sole. Poche ore prima di un 7 luglio maledetto per la nostra Molfetta, mentre cambiavamo i fiori sul sagrato della chiesa di San Berardino per i 23 anni dall'omicidio di Gianni Carnicella. Ci siamo svegliati, ieri, con l'emozionata angoscia di quell'anniversario addosso e abbiamo incontrato un dolore nuovo. La tua assenza improvvisa. Una sensazione di solitudine e di vuoto.
Siamo scappati tutti dalle nostre case, ieri mattina, senza nemmeno bere il caffè, e siamo venuti nella casa vescovile a trovarti. Ad abbracciare don Mimmo, don Vito, don Angelo. I ragazzi dell'Azione Cattolica, di Luce e Vita, del Museo Diocesano. I confratelli, i tuoi collaboratori, la tua seconda famiglia. Impreparata e raggelata. Tutta al tuo fianco, compostamente, con amore e rispetto.

Caro Don Gino,
voglio dire di te e di questi nostri due anni insieme. Voglio dire di cosa hai rappresentato per le istituzioni di questa città, certa di parlare anche a nome di sindaci della diocesi e dei comuni salentini, quelli in cui sei cresciuto, e con cui hai mantenuto un legame speciale.
Sei stato un esempio di discrezione, umiltà, operosità e concretezza. Quando sono diventata sindaco hai accolto me e la giunta nel tuo salotto e ci siamo parlati a lungo. Non dimenticherò mai quell'incontro. Ci scoprimmo tormentati dalla stessa ossessione e parlammo a lungo di periferie. Le periferie urbane che chiedono vivibilità e le periferie sociali che chiedono inclusione e uscita da quei ghetti e apartheid culturali che talvolta fanno soffrire più della fame. Parlammo degli ultimi, che sono i primi per la buona chiesa e per la buona politica. Della sensazione di impotenza che spesso abbiamo quando non possiamo aiutarli tutti. Della fatica dell'ascolto e dell'ingiustizia di diseguaglianze sempre più difficili da limitare e mitigare. Parlammo delle nostre eredità pesanti. Della difficoltà di amministrare, della bellezza e del privilegio di rappresentare le nostre comunità. 
Umanità, dolcezza, pazienza, comprensione. Sei stato questo. E hai saputo anche proteggere questo Sindaco, un anno fa, quando una delle nostre periferie più care, quella della Madonna dei Martiri, in occasione della Festa Patronale, decise di promuovere una fragorosa protesta per rivendicare attenzione, ascolto, centralità. Mi scrivesti una lunga lettera, solidale e paterna, che mi fu di enorme conforto. E quando partì la processione lungo viale dei Crociati mi dicesti di restarti accanto, con amicizia e senso di protezione. Le persone capirono, ci videro uniti e al servizio, e da allora l'intreccio con il quartiere è diventato legame autentico.

Voglio dire del tuo rispetto per la laicità delle istituzioni. Nessuna ingerenza in tutti questi mesi, nessuna richiesta fuori posto, che non fosse al servizio della bellezza e del progresso di questo territorio. Abbiamo lavorato insieme al rilancio del turismo e al gemellaggio tra i nostri due musei: il muso Diocesano, da te rilanciato con passione trascinante e fiducia nei giovani, e il Museo del Pulo. Abbiamo redatto insieme un progetto per la riqualificazione delle zone di via Dante e del quartiere Catecombe e San Domenico, perché hai sempre creduto che la bellezza dello spirito dovesse tradursi in bellezza delle cose, dell'ambiente urbano e hai sempre lavorato duro per fare la tua parte.
Ci hai fatto sentire accompagnati dal tuo rispetto e mai però limitati nella nostra autonomia. E hai sempre proposto la tua fede incrollabile non come un dogma imposto ma come una possibilità profonda, anche per le persone come me che non hanno ancora certezze nella loro ricerca di senso.
Le associazioni hanno potuto fare affidamento sul tuo ascolto. L'Azione Cattolica, gli Scout, l'Unitalsi, le Vincenziane, le confraternite e tutti i soggetti di quel movimento attivo e pulsante di un cattolicesimo civico, di prossimità e di strada, hanno avuto un pastore che ha sempre facilitato e mai ostacolato le innovazioni sociali e ogni azione volta alla solidarietà verso i fragili: i bambini, gli anziani, i disabili.
Hai scommesso sul Seminario e sulla rete dei parroci e hai vinto questa scommessa perché da sindaco di questa città posso dire che ci hai lasciato una chiesa che è parte attiva, propositiva e integrata della comunità, pezzo insostituibile, collaborativo e moderno del welfare cittadino e di comunità.

Caro don Gino,
ieri sera sono rimasta accanto all'altare della Cattedrale e ho provato a pregare un po'. Non riesco a immaginare le prossime processioni senza di te. La nostra Festa Patronale, così vicina, senza la tua guida sicura nella lettura del messaggio mariano. Non riesco a pensare al prossimo Natale senza il nostro scambio di auguri. Non riesco a capire se potevamo essere di maggiore conforto, in queste ultime settimane difficili, alla tua stanchezza.
Quel che so è che è stato un privilegio per questa Diocesi potersi avvalere della tua guida silenziosa eppure ferma e sicura e per questo piccolo Sindaco poter confidare, sebbene troppo poco a lungo, della tua amicizia discreta e sincera. La nostra gratitudine ti accompagni sempre e ti restituisca la serenità infinita che hai meritato sul campo.