Tutta la pastorale è attraversata dalla dimensione ecumenica e del dialogo.
L’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso ha il compito di promuovere «una sana educazione ecumenica secondo i principi cattolici».
Cura e organizza incontri di preghiera nella Settimana per l’Unità dei cristiani e durante tutto l’anno.
Porta a conoscenza di tutti i fedeli le norme riguardanti il dialogo ecumenico.
In realtà, tutto il messaggio che proponiamo attraverso l’omelia, la catechesi e soprattutto l’insegnamento della religione è attraversato dalla logica ecumenica e del dialogo che non può porre sullo stesso piano gli interlocutori. Basta notare che l’impegno per la ricostituzione dell’unità ha voluto il decreto sull’ecumenismo, Unitatis Redintegratio, mentre la relazione della Chiesa con le religioni non cristiane ha portato alla dichiarazione Nostra Aetate.
Tra le altre religioni l’ebraismo ha un rapporto speciale con la fede cristiana. Karl Barth, nella sua visita al Segretariato per l’unione dei cristiani nel 1964 affermava che “esiste un solo vero problema ecumenico: il nostro rapporto con gli ebrei”. Questo fa comprendere la sua prospettiva particolare, vicina a quella ecumenica del dialogo ebraico cattolico.
Per questo la giornata del dialogo è collocata esattamente il giorno prima della Settimana di preghiera per l’Unità, il 17 gennaio. Un discorso a parte merita il dialogo tra Islam e Chiesa cattolica, prendendo come punto di partenza la dichiarazione già citata che evidenzia i valori della fede musulmana e invita a «dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà» (n 3). In realtà, senza una teologia alla base si rischia di vivere solo degli episodi di incontri, a volte anche un po’ esotici, ma non ci si educa a una mentalità della conoscenza reciproca in un percorso che risponde a un progetto ecclesiale.
Questo Ufficio, che vive un cammino con i membri di altre confessioni e religioni, basato su incontri periodici, come nella commissione regionale o in convegni, collabora con il Vescovo, manifestando la parola ufficiale della Diocesi circa il rapporto con altri cristiani o esponenti di altre religioni. Qui ci sono due estremi sul piano teologico sottesi al modo di pensare più o meno consapevole: l’esclusivismo, per cui nessuna religione si salva al di fuori della Chiesa e del cristianesimo e le religioni sono, al massimo, espressione della sete che l’uomo ha di Dio; d’altro canto, il pluralismo, di carattere relativistico, di teologie che hanno messo in luce la relatività del cristianesimo. «Fra esclusivismo e relativismo si va configurando nel mondo cristiano la posizione maggioritaria dell’“inclusivismo”: Cristo è l’unico mediatore e senza di lui non c’è salvezza. Tuttavia l’adesione a Cristo può avvenire sia in forma esplicita, sia in maniera più o meno implicita, ad esempio attraverso il desiderio del battesimo per coloro che non possono conoscere ancora Dio in Gesù, ma sono già in certo modo uniti a Dio».
Alla luce della pratica del dialogo con le grandi religioni mondiali rimane da elaborare una teologia cristiana adeguata. Infatti, essa appare «un campo di ricerca aperto e non poco problematico, anche per le conseguenze che essa comporta sul piano del rapporto fra proclamazione del messaggio e dialogo con mondi culturali e spirituali diversi del cristianesimo» (B. Forte).