Si sono svolte ieri, lunedì 2 dicembre 2019 ad Azul le esequie di mons. Miguel Esteban Hesayne, vescovo emerito di Viedma, morto domenica a quasi 97 anni d’età (li avrebbe compiuti il 26 dicembre). Mons. Hesayne, insieme ai suoi confratelli Jaime De Nevares (Neuquén) e Jorge Novak (Quilmes), è stato uno dei vescovi che ha denunciato in modo più forte le violazioni dei diritti umani durante la dittatura militare. Importante la sua testimonianza nel processo contro gli assassini del beato vescovo di La Rioja Enrique Angelelli, del quale ha attestato il martirio. Come ricorda l’agenzia Aica, insieme al vescovo metodista Aldo Etchegoyen ha fondato l’Associazione Jaime de Nevares, finalizzata alla formazione socio-politica dei laici ed è stato titolare della Cattedra per i diritti umani dell’Università Nazionale del Centro della Provincia di Buenos Aires.
Nel 2001, l’Università Nazionale di Río Cuarto gli ha conferito una laura honoris causa e nel 2004 ha ricevuto il premio Azucena Villaflor in merito alla sua lotta per i diritti umani.
È intervenuta ieri con una nota la Commissione esecutiva della Conferenza episcopale argentina: “Ricordiamo con gratitudine questo fratello nostro – si legge -, zelante pastore del suo popolo che, a partire dalla fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo, ha trasceso i confini della Chiesa”. Infatti, “con la sua vita e la sua parola ha annunciato instancabilmente con una voce profetica l’inviolabile dignità della persona umana, il caro amore per i poveri e, fino ai suoi ultimi giorni, è stato servitore del Vangelo della vita”.
La nostra diocesi è legata a mons. Hesayne perché egli accolse don Ignazio de Gioia, missionario in Argentina, inviato da mons.Bello, e successivamente due laici ruvesi, Mario Adessi e Filomena De Ruvo. Memorabile la lettera e il gesto che don Tonino inviò al confratello argentino, che fece discutere tanto:
LETTERA INDIRIZZATA A MONS. MIGUEL ESTEBAN HESAYNE, VESCOVO DI VIEDMA
PER LA PARTENZA DI DON IGNAZIO DE GIOIA MISSIONARIO IN ARGENTINA
Carissimo fratello,
un tempo, quando un vescovo voleva esprimere comunione e solidarietà con un altro vescovo, spezzava durante la messa un grammento del Pane consacrato, lo metteva in un piccolo calice dove c’era il Sangue del Signore, e glielo inviava per mezzo di undiacono. Era il dono del così detto «fermentum».
Oggi, questo gesto, lo voglio ripetere io.
Ti invio il corpo eucaristico del Signore che, consacrato nella messa di stamattina, festa della Madonna di Loreto (la Santa Casache ha «trasvolato»), ti viene consegnato da don Ignazio, presbitero della mia chiesa di Molfetta.
Trattieni con te il dono. Ma trattieniti anche il portatore. Anche lui è un «fermentum», cioè segno del Corpo ecclesiale di Cristo, quello che gli antichi chiamavano Corpo vero e che noi chia-
miamo oggi Corpo mistico.
Sì, don Ignazio è il «fermentum» che la nostra Chiesa ti invia con gioia. Con gioia, perché non perde nulla. Come, infatti, la
nostra mensa eucaristica non si è impoverita stamattina per l’invio a te dell’Ostia consacrata, così la nostra Chiesa di Molfetta non si impoverisce per l’invio in Argentina di uno dei suoi sacerdoti
migliori.
Oggi per noi è festa, perché ci sembra che il modo migliore di celebrare il Natale imminente sia quello di imitare il Padre che manda in missione suo Figlio. Anche quella fu una missione che non impoverì il cielo, ma arricchì la terra. Noi oggi ti mandiamo questo nostro figlio: è frutto della nostra terra, maturato al sole della Grazia di Cristo. Lo presentiamo a te perché diventi per la tua Chiesa strumento di salvezza.
Quando don Ignazio ti consegnerà il «dono eucaristico», ti verrà messo nelle mani anche un arbusto della fede che anima il nostro popolo. Trapiantato nella diocesi di Viedma, e curato dalla
tua pastorale sollecitudine, l’arbusto diventerà albero e, ne siamo certi, produrrà molti frutti. Noi da lontano ne seguiremo il rigoglio e lo incrementeremo con le nostre preghiere.
Ti salutano con me i presbiteri e il popolo della Chiesa di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo di Puglia.
La grazia del Signore ricolmi te, i tuoi collaboratori, la tua gente che, da oggi, sentiamo a noi legata da vincoli di accresciuta consanguineità.
Buon Natale, fratello vescovo.
Molfetta, 10 dicembre 1984
+ Don TONINO BELLO
a cura di Luigi Sparapano