Ufficio per la catechesi

Catechesi al tempo del Covid e famiglia.

di don Nicolò Tempesta

famiglia-carta

famiglia-carta

Siamo nuovamente in zona rossa, tutti a casa, tutti in dad, tutti sempre più distanziati, adulti e bambini e un timido tentativo di ritornare in parrocchia sembra ripiombare nel vuoto. Mi chiedo come si sta modificando il senso di appartenenza alla comunità parrocchiale oggi. Provo a domandarmi quanto certi automatismi, penso all’appartenenza alle nostre associazioni ecclesiali, scout e AC in modo particolare, continuano ancora a essere sostegni scontati della nostra proposta pastorale.

 

In parrocchia siamo ritornati on-line e un plauso va a quei catechisti e educatori che attendono anche un solo ragazzo che si colleghi da casa anche per domandare come è andata in dad, anche per chiedere come sta andando a casa con mamma e papà. Qui è il punto cruciale, a mio parere: il catechista che si interessa alla famiglia. Ed è per questo che, se c’è una opportunità che questa pandemia ci sta dando, è proprio riformulare il rapporto tra la comunità e la famiglia.

 

Noi educatori stiamo investendo tanto cercando di non sottovalutare l’educazione alla fede dei ragazzi ricordandoci (ci voleva la pandemia?) semplicemente ciò che Papa Francesco annota in Amoris Laetitia: “L’esercizio di trasmettere ai figli la fede, nel senso di facilitare la sua espressione e la sua crescita, permette che la famiglia diventi evangelizzatrice, e che spontaneamente inizi a trasmetterla a tutti coloro che le si accostano, anche al di fuori dello stesso ambiente familiare” (n.289).

 

Forse non ce ne stiamo accorgendo ma stiamo riconsiderando i genitori soggetti attivi della catechesi: “Per i genitori cristiani la missione educativa, radicata nella loro partecipazione all’opera creatrice di Dio, ha una nuova e specifica sorgente nel matrimonio, che li consacra all’educazione propriamente cristiana dei figli” (Direttorio della catechesi 124). Ma tradurre tutto ciò in prassi diventa veramente difficile considerando anche la dimensione formativa e i diversi contesti sociali delle giovani famiglie. Forse, ed è già un primo passo, famiglie e parrocchia dovrebbero parlarsi di più riscoprendo a vicenda ciò che li accomuna: generare alla fede e così – in una sorta di dialogo vocazionale – darsi rispetto e chiedersi fiducia. Intuire in ogni famiglia un vangelo nascosto che è prassi d’amore nella vita di tutti i giorni: il lavoro che è precario, le difficoltà della didattica a distanza, la convivenza specie con gli adolescenti non sempre facile, la paura di non farcela, l’incertezza del futuro.

 

E riscoprire, il carattere sacro che ogni azione di bene porta con sé e magari aiutare le comunità cristiane a essere più “domestiche” e meno “costruite” su impalcature rituali o di ruolo che la pandemia ha rimesso in discussione.