Samaritani nel quotidiano: l’accoglienza degli immigrati

di Rosa Serrone

La liturgia di domenica 10 luglio ci ha riproposto la parabola del Buon Samaritano, icona dell’ultima lettera pastorale di Mons. Martella.
La Caritas di Giovinazzo ha felicemente concluso un’esperienza di prossimità nei confronti di una famiglia immigrata che vogliamo condividere per dire come l’amore supera ogni ostacolo. E promuove la vita.
 
 
«Ci son due stanze, a Giovinazzo, che s’affacciano sul porto e guardano il sole al tramonto. Hanno ospitato il vescovo don Gino nei giorni della Festa della Madonna di Corsignano quando faceva tardi fermandosi tra la gente o veniva a riposare e meditare nel silenzio dell’antico palazzo vescovile. Forse oltre la vista del mare gli piaceva in cucina anche quel grande camino del vecchio seminario che sembra risuonare ancora oggi delle voci festose dei giovani seminaristi (Seminario cittadino ancora attivo nel 1850 come si desume da “Memorie autobiografiche” del dott. Giuseppe Palombella)
Ad ottobre 2015 in Caritas fu presentata una storia difficile: una giovane famiglia rumena con due minori, che abitava nelle campagne del foggiano, chiedeva aiuto per i viaggi in treno della madre che dopo un serio intervento era in terapia e osservazione a Bari. Accogliemmo la richiesta di aiuto economico ma poi i treni cambiarono orario e saltarono alcune stazioni e fu difficile per la signora essere presente a Bari 3 giorni a settimana per esami e terapie. Erano i giorni della formazione dei Giovani in Servizio Civile e presentammo la storia per cercare insieme la soluzione. Ipotizzammo interventi in rete ma le difficoltà amministrative erano tante.
Non avevamo pensato che quelle due stanze sarebbero state la soluzione al problema posto. Venne in mente al Direttore Caritas don Francesco e all’Economo don Sergio di mettere temporaneamente a disposizione quelle due stanze di don Gino, in assenza del Vescovo. La proposta fu benedetta dall’amministratore don Ignazio. A noi sembrò di scrivere una pagina ispirata dall’ultima  lettera pastorale di don Gino “E si prese cura di lui” e pensammo che gli sarebbe piaciuta. L’arredo sobrio ed essenziale di quelle due stanze ci sorprese. Un accappatoio azzurro e uno spazzolino da denti segnavano la sua presenza-assenza, le pareti stonacate dall’azione della salsedine mettevano tristezza, ma la caldaia funzionante incoraggiava nell’offrire ospitalità. La casa fu approntata col coinvolgimento di operatori Caritas, giovani in servizio civile, benefattori e l’ospitalità fu regolamentata dai princìpi della Casa “don Tonino Bello”.
Il 19 dicembre 2015 partì l’accoglienza. È ancora viva nella memoria l’emozione provata per gli occhi ridenti dei bambini e l’ossequio devoto degli adulti. Per noi un Natale diverso! Una famiglia tutor li affiancò nella mediazione coi medici, nei trasporti, negli adempimenti burocratici con scuola ed Asl. A gennaio a scuola ci fu grande solidarietà ed empatia della Dirigente e dei docenti. Poi, la madre a Bari per esami e terapie, il padre al lavoro a giornata quando non pioveva, la piccola iscritta per la prima volta alla Scuola dell’infanzia, il bambino in prima elementare; e nei pomeriggi da noi nel Centro Caritas per i compiti e i giochi.
A Pasqua il nuovo vescovo don Domenico prorogò eccezionalmente l’accoglienza per altri 3 mesi, fino a chiusura dell’anno scolastico. L’intelligenza dei bambini, la solidarietà di tanti, il percorso di integrazione hanno fatto il miracolo. La piccola che non usava l’italiano ora parla con proprietà e disinvoltura, il fratellino ha chiuso l’anno ottimamente con una pagella di nove e dieci. L’8 giugno s’è conclusa l’accoglienza e son partiti, i piccoli controvoglia! La terapia per la mamma non è conclusa, ma ha tempi dilatati e son tornati tutti nel foggiano dove c’è il lavoro per loro . Hanno preso casa in paese e i bambini potranno continuare a scuola. I piccoli ora sono tristi per aver perso la rete amicale della scuola e del nostro Centro, ma siamo certi che l’amore per la vita li spronerà nel nuovo inserimento sociale, anche se il numero esorbitante degli stranieri stagionali rende inospitale la terra foggiana e grande il carico per la Caritas parrocchiale.
Quest’accoglienza si è evoluta da sé, quasi che le difficoltà sorte si appianassero misteriosamente per una volontà superiore. Abbiamo creduto nella Comunione dei Santi, abbiamo imparato a pregare più forte, abbiamo coinvolto privati e istituzioni e sperimentato la rete. Abbiamo superato i pregiudizi, capito le difficoltà degli stranieri a vivere nel nostro paese e a trovare una casa, abbiamo visto l’opportunismo di quelli che sparlano di loro ma offrono case a nero e lavoro per pochi euro all’ora. Abbiamo provato a vedere, avere compassione, soccorrere… come sulla strada tra Gerusalemme e Gerico, sperimentando la “dimensione comunitaria della carità, la responsabilità e la gioia della carità”
 Abbiamo scoperto che nessuno è straniero se sulla sua strada incontra altri uomini.»