La crisi economica… e la vita di tutti i giorni

di Nicolò Tempesta

Settembre, ormai agli sgoccioli, segna la ripresa di una vita feriale. Proprio questo mese per le famiglie è il rilancio di una vita che conosce i percorsi impervi dell’educazione dei figli, del dialogo intergenerazionale, del far quadrare il bilancio economico di fine mese. è ricomincia la scuola con la speranza che i ragazzi non ne contino i giorni al count-down. Ricomincia per la nostra comunità ecclesiale un nuovo anno pastorale in compagnia del progetto diocesano improntato all’educazione. E intanto si torna alla quotidianità.

Mi rendo conto che in questo autunno definito dai media “caldo” per via della crisi economica che ancora ci angoscia, si ha terrore di ricominciare perché avvertiamo i morsi della crisi nonostante i flebili segnali di ripresa. Le famiglie hanno paura di progettare perché preoccupate per il lavoro dei propri figli (a volte anche degli stessi padri di famiglia) e tutto il paese non riesce a guardare un po’ lontano. È fuori discussione che l’Italia abbia bisogno di riprendere a crescere economicamente. I numeri certificano che stiamo impoverendoci, e che comunque da una ventina d’anni galleggiamo, mentre altre nazioni lentamente prendono il largo. Certo, rispetto all’anno scorso, siamo un po’ più speranzosi: si è allontanato lo spettro “Grecia”, ma la ripresa sembra dipenda sempre più dalle decisioni della Merkel o da enti impersonali come il “Mercato” o le “Borse” o dall’ansiogeno “spread”.

In un’intervista al settimanale Tempi, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, illustra due misure “urgenti e necessarie” per risollevare il Paese. Parole che arrivano proprio nel giorno in cui un sondaggio – realizzato da Ipsos per le Acli e pubblicato sul numero di Luce e Vita del 23 settembre – rivela quanto sia alto il disorientamento politico dell’elettorato cattolico, con 43 praticanti su 100 incerti o decisi ad astenersi. La prima, spiega, “è un deciso alleggerimento fiscale, orientato a sostenere le famiglie con carichi familiari per attuare finalmente criteri di equità. Occorre sostenere senza ambiguità le nuove famiglie e le nuove generazioni costruendo esplicite politiche attive di natalità”.

La seconda priorità, secondo il presidente dei vescovi italiani, “ha a che fare certamente con il lavoro e soprattutto il lavoro per i giovani. Attendiamo, tra le politiche di riforma, un segnale chiaro di sostegno all’inserimento dei giovani nella vita attiva, con forme flessibili certo, ma non precarie, di aiuto all’avviamento al lavoro e all’imprenditoria giovanile”.

Avvertiamo tutti il diritto di riprendere la vita di tutti i giorni con un po’ di speranza in più che ci brucia dentro, una speranza che si fa convinzione che tutti insieme ce la possiamo fare con una più equa distribuzione dei pesi secondo la capacità contributiva di ciascuno. Si ha a volte la sensazione che i ricchi difficilmente piangono mentre le nostre famiglie assomigliano sempre più a limoni premuti. Non c’è nel cappello di Monti un ulteriore coniglio da tirare fuori. Non si cresce per decreto legge. Il cambiamento lo dobbiamo fare noi tutti. Politici compresi, s’intende. Gli scandali delle ultime settimane, in particolare, quest’ultimo della Regione Lazio, ci mostrano come federalismo, giovani e preferenze non garantiscano di per sé alcuna redenzione del sistema, se non preceduti da una riforma dei meccanismi della politica che metta al centro la trasparenza e il principio di responsabilità.

Proprio nel clima di festa all’insegna di una confidenza dai tratti familiari, il vescovo durante l’omelia del pontificale della Madonna dei Martiri, ricorda soprattutto alla nostra Chiesa diocesana: “Siamo di fronte a un quadro che ci chiama a responsabilità nuove e ci sollecita ad un maggiore senso di solidarietà e di sobrietà. Se così non fosse ci renderemmo responsabili di un insulto intollerabile a fronte di tanti bisogni, i più elementari, che molto spesso in questo difficile frangente, affliggono le nostre comunità”.

La ripresa allora ci vede impegnati perché come comunità cristiana comprendiamo (e speriamo di sperimentarlo) che la parola “crisi”, come è noto, nella sua radice, può evocare anche il concetto di crescita. Come a dire che essa porta con se problemi (e che problemi!), ma offre anche opportunità di rigenerazione. Qui ci viene in aiuto l’antico adagio: non si danno riforme di struttura che non presuppongono a monte un cambiamento nel cuore di tutti e ciascuno a partire dalla qualità delle nostre relazioni con le persone e con le cose. Può sembrare ingenuo, ma forse ci aiuta a ricominciare col piede giusto perché ci aiuta ad andare alle radici. La sfida di questo autunno investe sì l’ economia e la politica, ma anche e soprattutto ciascuno di noi.