Benedetta Ora di Religione!

di Luigi Sparapano

Normalmente è una polemica ferragostana – tempo di magra giornalistica – quella sull’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) a scuola, che specula su argomenti resi ormai obsoleti dalla normativa giuridica, dalle indicazioni nazionali per la programmazione didattica (sottoscritta da Ministero e CEI) e soprattutto dalla prassi quotidiana messa in atto nelle scuole dagli Insegnanti di Religione (IdR).
Ma evidentemente il Ministro, nella fretta di ingraziarsi la platea di Sinistra Ecologia e Libertà, ha trascurato di documentarsi e ha creato una confusione ingiustificabile. ‘Nelle nostre classi, soprattutto alle elementari e alle medie, il 30% degli studenti è di origine straniera e, spesso, non di religione cattolica’. ‘Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica’. Aveva detto il Ministro, definendo poi, a margine di un incontro per la presentazione della biblioteca ministeriale, che l’Irc sarebbe un ‘catechismo coi soldi pubblici’, che indottrina i ragazzi.
Si può e si deve discutere, ma con argomenti reali ed oggettivi che un Ministro non può ignorare e confondere.
Mettendo per un attimo da parte i fondamenti giuridici e pedagogici che motivano la scelta di inserire l’Irc nel quadro delle finalità della scuola pubblica, occorre precisare la netta distinzione tra catechismo e insegnamento della religione, ampiamente espressa nelle Indicazioni nazionali che lo stesso Ministero sottoscrive d’intesa con la Conferenza Episcopale: 11 febbraio 2010 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione, e appena il 28 giugno scorso per la scuola superiore, a firma di Profumo, dopo un lungo periodo di sperimentazione, anche questa autorizzata dal Ministero.
Cosa ha firmato, se poi si è lasciato andare a simili considerazioni?
Avrebbe dovuto leggere quanto abbondante sia nei documenti l’attenzione alla società multietnica, alla conoscenza tra le religioni, ai temi etici che possono e devono diventare terreno comune per operare nella prospettiva della pace, dell’ecologia, del rispetto dei diritti umani, nonchè al valore della ‘cultura religiosa e il contributo che i principi del cattolicesimo offrono alla formazione globale della persona e al patrimonio storico, culturale e civile del popolo italiano’ (cf. Indicazioni nazionali consultabili sul sito diocesano).
Se poi dessimo uno sguardo ai libri di testo, autorizzati per l’adozione scolastica, troveremmo una letteratura molto documentata in tal senso, oggi amplificata dalle soluzioni digitali che, forse per primi, i testi di religione hanno sperimentato da anni.
Sono scelte di fondo culturali che non rientrano invece tra i temi di competenza del catechismo, dove si vuole accompagnare i ragazzi a compiere o approfondire la scelta di fede.
Nella prassi, poi, occorre far caso al lavoro svolto dagli IdR specialisti (ovviamente, con le dovute differenzazioni come per tutte le individualità) tanto e soprattutto sul piano didattico in classe: molto spesso capace di innovazione e sperimentazione, con un rapporto particolare e normalmente ben riconosciuto da alunni e famiglie; quanto sul piano della mediazione nel Collegio Docenti e dell’assunzione responsabile di incarichi di sistema nella gestione della scuola. Per non dire di quanti alunni stranieri accettano e hanno piacere di frequentare l’Ora di Religione che, di per sè, è per tutti e non solo per Cattolici, senza discriminazioni. Non si contano poi i progetti, curriculari ed extra, proposti e animati dagli IdR su tematiche di forte impatto sulla crescita dei ragazzi (Salute, Ambiente, Affettività, Legalità…). Nella stessa Intesa del giugno scorso, il Ministro ha anche sottoscritto un documento sulla qualificazione degli IdR con norme che allineano il livello di qualificazione dei titoli accademici a quelli universitari.
Ci sarebbe poi da riflettere sulla illegalità commessa da docenti, nelle scuole dell’infanzia e primaria, che pur avendo l’idoneità all’IRC approfittano di quelle ore per fare altro (ritenuto più importante) con il silenzio irresponsabile delle famiglie che firmano per avvalersi dell’IRC; oppure delle attività alternative (quasi inesistenti) per i ragazzi che non si avvalgono.
Infine, non è da trascurare che il Ministero autorizza e finanzia corsi di aggiornamento nazionali e regionali per IdR, che vertono su questioni di grande attualità culturale, pedagogica e didattica.
Perché allora sollevare polveroni inutili, per la verità alimentati da giornali e media sempre pronti a polemiche ideologiche, mentre la scuola ha ben altri e grandi problemi che non si affrontano debitamente?
Che ci sia continuamente da migliorare, innovare, sperimentare, motivare, adeguare i percorsi didattici è cosa sacrosanta (in tutte le discipline!), ma ad un osservatore attento al mondo della scuola risulterà che l’Irc e gli IdR sono su questa strada già da molto tempo.