Abbiamo a cuore lo spread!

di Lorenzo Pisani

Non me lo ricordo quando è successo. Ad un certo punto, più di un anno fa, in molti hanno iniziato a parlare di ‘spread’. Ci dicono che si tratta di un importante indicatore economico. Da non addetto ai lavori, a beneficio dei non addetti ai lavori, provo a ripetere la spiegazione, sperando di non aver capito male io stesso. Supponiamo di avere due aziende che devono chiedere un prestito. La prima azienda è solida, ritenuta affidabile, e riesce ad ottenere un finanziamento al 6% di interesse. La seconda azienda è messa un po’ peggio, per trovare un finanziatore deve rivolgersi ad un’altra banca, dove chiedono un interesse più alto, diciamo così al 9%. Lo spread non è altro che la differenza tra i due interessi, in questo esempio 3%, in gergo 300 punti. Dunque lo spread misura quanto la seconda azienda è messa peggio (più correttamente, ritenuta meno affidabile) rispetto alla prima. Usciamo dall’esempio: lo spread di cui si parla in TV e sui giornali misura quanto (come nazione) siamo ritenuti meno affidabili della Germania (la nazione presa come punto di riferimento). Se adottiamo comportamenti virtuosi (dal punto di vista del bilancio), siamo ritenuti più affidabili, lo spread si abbassa, quindi lo Stato paga meno interessi, quindi (se l’Amministratore pubblico agisce come dovrebbe, con onestà e correttezza) noi cittadini riusciamo ad avere un abbassamento delle tasse e/o un miglioramento dei servizi pubblici.

Masticando un po’ di inglese, sapevo che la parola ‘spread’ è collegata con l’idea di ampiezza e l’azione dello spargere. E così, per associazione di idee, mi è venuta in mente l’ampiezza del gesto del seminatore (Mt 13). Per curiosità e per scrupolo ho controllato ed ho scoperto che seminare si dice ‘sow’, seminatore ‘sower’. Dunque l’associazione di idee iniziale era del tutto sballata.

Non contento di aver preso un granchio, ho perso altri due minuti per un’altra ricerca: è presente la parola ‘spread’ nelle Sacre Scritture in lingua inglese? ed è arrivata la sorpresa. La parola è presente circa duecento volte (immagino che il numero esatto possa variare a seconda della traduzione dall’originale greco all’inglese). Limitiamoci al NT per una breve disamina. La parola viene utilizzata nel senso di stendere, spalmare (Mc 11,8; Gv 9,6). Ma, soprattutto, la parola viene utilizzata per rappresentare il diffondersi delle notizie su Gesù e quindi dell’Evangelo, un diffondersi diremmo noi ‘a macchia d’olio’. Giusto due esempi: ‘Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.’ (Lc 7,17); ‘E la parola di Dio si diffondeva” (At 6,7).

E allora come non ripensare al Conilio di cui stiamo celebrando il cinquantesimo anniversario dell’apertura?

Il Vaticano II (DV 25) raccomandava ‘con ardore e insistenza’ i fedeli cattolici ad accostarsi volentieri alla Parola di Dio, ascoltata in lingua corrente anche durante la liturgia. Il Concilio auspicava, dunque, una rinnovata diffusione della Parola (DV 26) . Mi sono chiesto: vi abbiamo dato corso? Oppure le mille attività, pur necessarie, finiscono per costituire un velo, se non un freno? La secolarizzazione che, con qualche anno di ritardo rispetto al nord, inizia ad investire visibilmente anche le nostre città, ci impone un ritorno all’annuncio.

Ma è pur vero che, da cristiani, ci sta a cuore anche lo spread dei titoli del debito pubblico, quello di cui parlavamo all’inizio.

Lo so che l’affidabilità è una nozione dai contorni incerti, che lo spread varia anche per la speculazione. Ma forse un problema di debolezza del sistema economico rimane. E se siamo messi maluccio come sembra, non sarà un pochino anche responsabilità nostra? Non pensiamo solo alla gestione della cosa pubblica, che pure ci riguarda, ma ripensiamo alle nostra vita quotidiana. Come abbiamo vissuto in questi anni? Come abbiamo educato? Visto il tenore dei consumi, tra i giovani in particolare, sorge il dubbio che si stia vivendo al di sopra delle reali possibilità, oppure che si stia erodendo il capitale di risparmi delle generazioni che ci hanno preceduto. Non a caso i Vescovi italiani hanno posto la questione educativa al centro degli orientamenti pastorali per il decennio. A questo proposito osservo che la crisi, di cui si parla spesso anche negli editoriali di L&V, ha riflessi anche sulla stessa relazione educativa. Infatti per noi adulti, nati negli anni del boom economico, non è facile rapportarci con gli attuali ventenni e trentenni, la prime generazioni che forse dovranno stare un po’ peggio di quella dei genitori.

Spero di non aver abusato della pazienza dei lettori: era partito solo come un gioco di associazioni di idee, per di più alimentato da una velleità personale. Poi, come spesso succede, si finisce per affrontare questioni più serie.

PS: A proposito di spread, Nino Messina propone all’autore e ai lettori un’ulteriore associazione di idee. Poniamo X come misura della incarnazione di Gesù Cristo nelle nostre vite ed S come misura dell’anelito di speranza, di fede, di carità che nutriamo ogni giorno. Potrebbe essere lo spread (S ‘ X) la misura del nostro peccato?