Mi trovavo con alcuni amici fidati in un’autorimessa dove era parcheggiato un vecchio camper che ci ha subito incuriosito. Era abbandonato e malmesso: dopo tanto tempo fermo sarebbe mai riuscito a ripartire? Non ci restava altro che verificarlo, così siamo saliti a bordo e abbiamo girato la chiave che, inaspettatamente, ha acceso il motore…
Questo é il sogno che il nostro capo clan/fuoco ci ha raccontato, costretto dietro uno schermo, durante una riunione online, quando a causa della situazione pandemica l’idea di una Route ci sembrava soltanto un’utopia.
Il sogno ha acceso in noi la speranza di poter ripartire dopo aver trascorso tanto tempo nella nostra “autorimessa”, proprio come quel camper.
Finalmente, il 27 luglio siamo riusciti a realizzare il nostro sogno: siamo partiti alla volta di Fara in Sabina, ospiti del Monastero delle Clarisse Eremite, per conoscere meglio questo mondo talvolta vittima di pregiudizi. Qui abbiamo incontrato Marcella, una capo scout di Taranto sorridente, piena di energia, che trascorreva il suo periodo di aspirantato.
Intensa la chiacchierata con lei. Forti le sue parole: “Ho lasciato tutto e non avrei potuto non farlo, avrei dovuto rinunciare a me stessa. Tutto è passato in secondo piano: famiglia, insegnamento, amici…Mi sono spogliata di tutto proprio come uno dei miei riferimenti: san Francesco”. Ora vivo questa chiamata come il mio tesoro nel campo!”. Ci ha colpito la sua gioia, la profonda convinzione con cui sta compiendo i suoi passi vocazionali, conservando lo stile e i valori dello scautismo.
A momenti di riflessione come questi ne sono seguiti altri dinamici e di pura adrenalina, come la nostra strada verso le “Gole del Farfa”. Il percorso è stato lungo e faticoso e il caldo torrido sicuramente non è stato d’aiuto, ma abbiamo tenuto fede all’ articolo della nostra Legge: “gli scout sorridono e cantano anche nelle difficoltà”.
Arrivati alla meta, tutta la fatica, il sudore e la stanchezza sono stati ricompensati da un gelido bagno nel ruscello. Passata l’euforia del momento, ci siamo concessi qualche minuto per godere della tranquillità che la natura ci stava offrendo. Ascoltare lo scroscio dell’acqua tra le rocce, il canto delle cicale e il fruscìo delle foglie ci ha dato la carica per affrontare la strada del ritorno. Dopo tanto tempo, ci siamo sentiti incredibilmente vivi: sembrava ci fossimo dimenticati queste sensazioni di spensieratezza e libertà.
Forti di questa nuova esperienza ci siamo preparati ad affrontarne un’altra il giorno seguente: l’Hike, un’uscita di 24 ore in cui si vive la precarietà di una sistemazione notturna nella natura o in accoglienza e si sperimenta il silenzio, in ascolto di sé stessi.
È un’occasione in cui ciascuno si sofferma sul proprio percorso in comunità ripercorrendo l’anno trascorso. Non è solo sul passato che ci si focalizza, ma si ha il coraggio di prendere anche decisioni per il futuro. Infatti i novizi e i “partenti” (chi ha terminato il percorso scout) sono chiamati, i primi, i più piccoli, a scegliere se continuare l’esperienza scout entrando nella comunità del Clan/Fuoco (giovani dai 17ai 21 anni), i più grandi a decidere se impegnarsi a testimoniare nelle loro scelte future i valori dello scautismo.
L’Hike è anche un’occasione per instaurare nuovi legami e consolidare quelli preesistenti; infatti, veniamo divisi in sottogruppi ai quali vengono assegnate mete diverse (tra cui Toffia, Talocci, Coltodino) dove trascorrere la notte per poi riunirsi il giorno successivo. Anche quando non ci spostiamo, non restiamo “fermi”: le persone che incontriamo ci consentono di scoprire sempre qualcosa di nuovo e di metterci alla prova, come è accaduto con Marco, un ragazzo che ci ha raccontato la sua storia parlandoci delle difficoltà che ha dovuto affrontare in quanto balbuziente. Ci ha spiegato quanto questo problema sia sottovalutato e come coloro che ne soffrono vengono ignorati e presi in giro. Lui si è sempre definito uno dei membri della cosiddetta comunità del “sottobosco”: non li vedi ma loro sono lì, combattuti tra la voglia di farsi valere, la timidezza e l’ansia di parlare in pubblico. L’incontro ci ha aperto gli occhi, portando tutti noi a costruire una sensibilità nuova e consapevole. Questo è uno degli obiettivi principali di una Route, che ci ripromettiamo di raggiungere non solo attraverso gli incontri, ma anche tramite attività, servizio, momenti di riflessione e strada. Persino i momenti di svago non sono fini a sé stessi ma forieri di un cambiamento individuale e nel rapporto con gli altri. Ciò è possibile soltanto in una situazione come la Route, un’esperienza “magica” capace di amplificare tutte le emozioni e le sensazioni che nella vita quotidiana sarebbero rimaste latenti.
La fine di ogni Route non rappresenta il punto di arrivo del nostro cammino, ma l’opportunità di ricercare un nuovo sogno con e per la comunità a bordo del nostro ritrovato camper.
Clan/Fuoco Martin Luther King – Noviziato W. Welin Gruppo Scout AGESCI Giovinazzo °