Aiutateci a stare insieme

di Francesco Lotoro*

Il 27 gennaio 2000 venne istituito dal Parlamento italiano il Giorno della Memoria in ricordo delle vittime della Shoah e del nazifascismo, in coincidenza con la liberazione di Auschwitz. Il 27 gennaio 1945 le truppe dell’U.R.S.S. entravano nel Campo di Oswiecim’Breszinka (Auschwitz Birkenau); quel 27 gennaio era Shabbath, il sabato ebraico. Esattamente quel giorno, mentre l’esercito sovietico liberava gli ebrei dal famigerato Lager, nelle sinagoghe di tutto il mondo (e in quelle ancora rimaste in piedi in Europa) venivano lette le pagine della Torà che ricordavano la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto.

Il 27 gennaio non è il ‘nostro’ Giorno memoriale; esso è il giorno nel quale le Istituzioni governative, accademiche, scolastiche, ecc. commemorano e riflettono. Il Giorno della Memoria del popolo ebraico (in Israele come nella Diaspora) cade il 27 Nissàn (marzo-aprile) allorchè viene celebrato lo Yom haShoah u’mered haGetaot (in breve Yom haShoah), il Giorno della Catastrofe.

Il 27 Nissàn del 1943 (allora corrispondente al 19 aprile) le Waffen’SS piegarono la resistenza ebraica nel Ghetto di Varsavia dopo 3 mesi durante i quali gli ebrei riuscirono a tener loro testa con un coraggio che impressionò gli stessi soldati del Reich. La voce della Resistenza ebraica a Varsavia fece il giro d’Europa, numerosi Ghetti sino ad allora rassegnati alle deportazioni ritrovarono coraggio e combatterono. La caduta del Ghetto di Varsavia segnò non soltanto la fine di ogni speranza di salvezza per gli ebrei della capitale polacca, ma altresì l’inizio delle più spaventose e sistematiche deportazioni.

Pochi giorni dopo, Berlino fu dichiarata Judenfrei (libera da ebrei), il famigerato dottor Mengele arrivò ad Auschwitz dando inizio a orribili esperimenti su cavie umane; il comandante delle SS Himmler, allo scopo di sedare sul nascere ogni ulteriore tentativo di rivolta nei Ghetti della Polonia occupata, li liquidò tutti entro l’11 giugno.

Lo Yom haShoah si impose subito in Israele come Giorno della Memoria; dopo il 1945, la Shoah consumatasi in Europa giungeva nella Palestina Mandataria attraverso le ferite del corpo e dell’anima dei sopravvissuti giunti in clandestinità. L’esercito britannico, che durante la Guerra non seppe prevedere la portata mortale della politica antisemita del Reich, rifiutava l’attracco a tutte le navi di ebrei che osassero avvicinarsi ad Haifa. La Shoah finì, la tragedia no; durante la Guerra alcuni Paesi del bacino mediorientale appoggiarono e plaudirono apertamente Hitler (il Gran Muftì di Gerusalemme Hussein inviò sue truppe a combattere con gli Einsatzgruppen). Il giorno dopo la proclamazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948) i Paesi confinanti attaccarono lo Stato ebraico, il segretario della Lega Araba Azzam Pasha disse che i loro Paesi avrebbero scatenato contro gli ebrei ‘una guerra di sterminio che sarà ricordata alla pari dei massacri dei mongoli e delle crociate’. L’orologiaio impazzito della Storia sembrò rimettere le lancette indietro; non fu così, Israele vinse la guerra del 1948, ma a caro prezzo perché, su 600mila combattenti, 6mila rimasero sul campo di battaglia; di questi ultimi, la metà era sopravvissuta ai Lager per trovare la morte a casa propria. Gli ebrei erano 18milioni prima della Guerra, nel 1945 quasi 7 milioni di essi (compresi 1 milione e mezzo di bambini) non c’erano più.

Oggi migliaia di ebrei francesi, britannici, svedesi, norvegesi, olandesi stanno andando via, si trasferiscono in Israele. Sino a 20 anni fa erano gli ebrei ‘poveri’ a emigrare verso lo Stato ebraico; etiopi, azeri, yemeniti, kazachi, turkmeni che fuggivano da reali situazioni di disagio sociale o da un Islam inspiegabilmente resosi intollerante nei loro riguardi, caricati su aerei che sembravano bare volanti o su voli predisposti in semiclandestinità dall’aviazione israeliana. Oggi, ebrei in giacca e cravatta fuggono dall’Europa su voli di linea; perché, come ha amaramente scritto pochi anni fa Rav Shalom Bahbout, ‘la Shoah non ha insegnato nulla al genere umano’.

Gli ebrei di Puglia sono molto, molto fortunati, hanno una loro comunità a Trani, hanno recuperato al culto la antichissima Sinagoga Scolanova, sono circa 40 famiglie in tutta la regione, hanno un loro festival annuale (Lech Lechà), pregano e fanno cultura in una città che li rispetta e li ha fatti sempre sentire a casa loro; sino a quando durerà, gli ebrei di Puglia diranno grazie!

C’è un futuro per noi ebrei del Vecchio Continente? Saranno i giorni, i mesi a venire a dimostrare quanto l’Europa abbia capito la lezione di Storia scritta sulle pagine della Shoah.

Aiutateci a stare insieme a voi; dopo la Shoah, solo così potremo proteggerci da ogni catastrofe, ebrei e non.

 

*Responsabile della comunità ebraica di Trani