Carissimi catechiste e catechisti, se è vero che l’etimologia di una parola ne rivela il senso profondo, mi verrebbe da dire: carissimi annunciatori della Parola. All’inizio di un nuovo anno di educazione alla fede vorrei che dentro di noi risuonasse il “Grazie” della Chiesa e di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, a voi, che vi spendete ogni giorno per educare alla fede i più piccoli e i più giovani che non sono il futuro – così come si suol dire – ma il presente e rendono la nostra Chiesa giovane, una vera e propria famiglia.
Educare alla fede è un compito e una sfida che s’impongono alla comunità cristiana sin dalle sue origini e noi ci inseriamo in questo dono che è anche il compito del Maestro ai suoi discepoli. Ne è testimone la stessa formazione degli scritti del Nuovo Testamento, in particolare dei Vangeli, che nascono precisamente come narrazione orientata a suscitare la fede in Gesù e ad introdurre in essa. “Marco – scrive il Card. Martini – presenta una catechesi, un manuale per quei membri delle primitive comunità che cominciano l’itinerario catecumenale… Matteo è il Vangelo del catechista: cioè, il Vangelo che dà al catechista un insieme di prescrizioni, dottrine, esortazioni. Luca è il Vangelo del dottore: cioè, il Vangelo dato a colui che vuole un approfondimento storico-salvifico del mistero, in una visuale più ampia. Giovanni è il Vangelo del presbitero, quello che al cristiano maturo e contemplativo dà una visione unitaria dei vari misteri della salvezza” (cfr. C.M. Martini, L’itinerario spirituale dei Dodici, Borla, Roma 1981, 7).
Vorrei che quest’anno, aiutati dalla magistrale figura di mons. Antonio Bello, a 25 anni dalla sua morte, riscoprissimo insieme quanto è importante il servizio di
annuncio della fede cristiana per le nostre comunità parrocchiali. Sarebbe bello riscoprire che il nostro servizio ecclesiale, su cui Gesù conta per costruire il suo Regno, è per questo nostro mondo dove Dio ha ancora voce in capitolo, l’amore è più forte del male.
I ragazzi ci sembrano lontani? Può darsi, ma Dio non sarà mai lontano da loro fino a quando ci saranno cuori generosi come i vostri e mani forti capaci di continuare a scrivere i Vangeli nella vita di ciascun uomo e ciascuna donna che incrociamo. Non solo in Chiesa, ma anche (o soprattutto) sul sagrato.
Non ci sentiamo abbastanza pronti? Facciamo il possibile e affidiamoci allo Spirito. Non dimentichiamoci che Gesù ci ha promesso che “non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 20).
Alcune volte ci sembrerà di essere inefficaci: non fa niente, mettiamocela tutta per prepararci con cura; oggi, di certo, gli strumenti formativi non ci mancano, poi però ricordiamoci che penserà il buon Dio a far crescere la parola seminata.
I ragazzi sono sempre parte di un contesto più ampio dei nostri gruppi e associazioni, che i recenti Orientamenti per l’annuncio e la catechesi (2014) ci ricordano di coinvolgere: le famiglie, la scuola, il territorio, lo sport. Non dimentichiamoci che siamo parte di una comunità più grande dei nostri gruppi di formazione.
La nostra comunità è un po’ come la tunica multicolore che il vecchio Giacobbe regala al figlio Giuseppe (Gen 37,3) e noi contribuiamo a renderla colorata ed elegante senza alcuna smania di possesso.
Ci sentiamo stanchi? Il Signore ogni domenica, con i nostri ragazzi ci attende alla sua mensa, ci nutre di Parola e di pane per sostenerci nella quotidianità e farci crescere insieme e ascoltarci a vicenda proprio come a casa nostra.
Mi verrebbe da dire: non abbiate paura neppure delle fragilità che possono prendere il sopravvento di tanto in tanto nella nostra storia di sequela: “Carissimi catechisti, il Signore non disprezzerà neppure i macigni del vostro povero cuore. Sappiate offriglieli, perché stabilisca in mezzo agli uomini il suo domicilio” (mons. Bello).
di Nicolò Tempesta