II giorno 11 ottobre 1962, si apriva in forma solenne il Concilio Vaticano II. Una data che non può passare inosservata perché ha segnato un momento importante nella storia della Chiesa. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, per ispirazione di papa Giovanni XXIII, è stato il momento maturo che ha permesso al deposito della dottrina della fede di essere tradotto in un linguaggio più comprensibile alle domande dell’uomo contemporaneo inserito in un contesto culturale che stava profondamente cambiando. Il papa non intendeva rivedere alcuna verità di fede (tradizione tradendae), al contrario, desiderava un nuovo modo di annunciare la verità della fede custodita dalla Chiesa lungo il corso dei secoli e consegnata da Gesù e dagli apostoli. L’intento del Concilio era quello di una nuova pastorale, capace di custodire ed insegnare in forma più efficace arrivando a tutti. Per questo motivo il Vaticano II viene definito come un concilio pastorale e non dottrinale, come quelli celebrati agli inizi dell’era cristiana. L’unica cosa che contava era ed è quella di far giungere il Vangelo ad ogni uomo e donna di buona volontà. Per fare ciò la Chiesa doveva aggiornarsi nella struttura e nel modo di comunicare e annunciare il Vangelo. Doveva arrivare a tutti. Riformando la liturgia celebrata come popolo di Dio, la Parola di Dio fatta carne doveva irrigare la comunità affinchè fosse luce sul cammino delle genti tra i sentieri della storia. Questo concetto è stato profondamente discusso nelle quattro costituzioni Apostoliche Sacrosantum Concilium (sulla liturgia), Dei Verbum (sulla rivelazione e la Parola di Dio), Lumen Gentium (la Chiesa nel mondo attuale) e Gaudium et Spes (la Chiesa nel mondo attuale). Il Concilio, così come cita la Novo millennio ineunte 57, di San Giovanni Paolo II, è diventato: “La grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo, in esso ci è offerta una si[1]cura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre”.
Nel corso di questi anni il popolo di Dio ha avuto la grande possibilità di comprendere sempre di più se stesso, recuperando quella identità che possiamo gustare all’origine della missione della Chiesa, descritta negli Atti degli Apostoli, dando slancio alla ricchezza dei ministeri e dei carismi ricevuti dalla grazia del Battesimo comune e che compongono l’unità dell’unico corpus Christi.
Dopo sessant’anni, possiamo affermare che il frutto maturo di questo evento storico così importante è la celebrazione del Sinodo, proposto da Papa Francesco, e ben descritto nell’Evangelii gaudium. Questo cammino dà la possibilità di aggiornarci e di approfondire quello che il Concilio ha voluto donare, affinchè continui nel futuro la sua missione nella storia, favorendo un nuovo tempo della Chiesa. Rivalutando la propria identità di Chiesa come popolo di Dio che cammina in maniera sinodale, celebra lo stile profeticamente scaturito dal Vaticano II. Consacrati e laici, accumunati dal Battesimo, siamo chiamati a purificare la Chiesa dai connotati della staticità, per poter giungere agli uomini e alle donne di oggi, sentendoci soggetto e oggetto della vita della Chiesa stessa. Mentre facciamo memoria dell’apertura della santa assise conciliare, abbiamo la grande possibilità di sentirci coinvolti come popolo santo di Dio, nel continuare corresponsabilmente quel cammino che è iniziato sessant’anni fa, regalandoci una nuova primavera dello Spirito, favorendo sempre più quell’autentico sviluppo della dottrina, trasmesso di generazione in generazione ad un popolo che cammina insieme guidato dallo Spirito Santo. La Chiesa è tutto il popolo di Dio, accogliamo l’invito del Signore che con entusiasmo e coraggio ci incoraggia ad essere suoi fedeli discepoli e segno di speranza nelle vicende del mondo.
Silvio Bruno, parroco S.Domenico Molfetta