Crisi economica e morale. Riappropriamoci del futuro.

di Domenico Amato

L’anno che stiamo vivendo rimarrà nella nostra memoria come l’anno della crisi. Non c’è parola più usata di questa nei discorsi, nei talk-show televisivi, nei titoli dei giornali. Eppure la crisi che stiamo vivendo non è solo di natura economica, ma è anche crisi di identità e crisi morale.
Se è vero che la povertà aumenta, è opportuno chiedersi se il tempo della crisi ci stia facendo aumentare la consapevolezza che una società a consumo esponenziale, dove le cose che si gettano sono tante dopo averle appena usate, non è più sostenibile. Forse dovremmo tornare a fare uso di parole e di conseguenti atteggiamenti, come sobrietà, moderazione, temperanza’
Del resto l’invito ad aumentare i consumi, non so se sia la giusta via da seguire, un po’ incongrua, se i soldi sono sempre di meno nelle tasche e nei depositi delle nostre famiglie.
C’è un altro tema da mettere a fuoco. La crisi, viene ribadito, è di carattere europeo, dove ogni stato membro di tanto in tanto entra in recessione portando a disastrosi eventi a catena. Ma è veramente costituita l’Unione Europea? Di fatto continuiamo a sentirci italiani, greci, spagnoli, tedeschi’, nessuno dice io sono un europeo alla stessa maniera che uno statunitense dice io sono cittadino americano e non della California o di New York o dello Utha’ Quanto è stato fatto e quanto si sta facendo perché l’Unione Europea sia una vera unione politica e sociale piuttosto che solo una unione economico finanziaria?
Alla crisi di identità europea si accompagna, poi, una crisi morale che di fatto si è spalmata su tutta la società italiana, ma c’è una questione che urgentemente chiede di essere messa a tema ed è la riforma del sistema di conduzione della cosa pubblica. È un problema di crisi istituzionale, ma è anche questione di crisi della rappresentanza politica. Due eventi intimamente connessi e inscindibili, che vanno risolti insieme.
Se è vero che i partiti rimangono l’asse portante per la democrazia e per la rappresentanza del popolo nelle sedi istituzionali, è necessario che essi perdano quell’autoreferenzialità che in questi anni li ha portati ad implodere e a perdere fiducia nei confronti dell’elettorato. Lo abbiamo detto molte volte dalle pagine di questo settimanale, e lo ribadiamo, la carica politica non può e non deve essere un privilegio o un mestiere, ma essa ha senso solo nell’ottica del servizio al bene comune.
La crisi morale – la chiesa italiana l’ha messo a tema per questo decennio – è anche una crisi educativa, ed è proprio su questo versante che la nostra chiesa locale si sta muovendo. Al centro del suo piano pastorale, consegnato alle comunità parrocchiali martedì scorso, ci sta l’impegno a mettersi alla scuola del Vangelo per trasmettere alle nuove generazioni quei valori fondamentali che educano la persona, senza dimenticare che certi valori devono recuperarli anche gli adulti. È chiaro che tutto ciò avrà ancor più senso se cresceranno quelle alleanze educative tra comunità ecclesiale e società civile, che sempre più diventano improcrastinabili, pena una deriva che provocherebbe solo disorientamento.
L’anno prossimo a cominciare da ottobre sarà celebrato in tutta la Chiesa l’Anno della Fede indetto dal Papa Benedetto XVI, esso non vuole solo fare la commemorazione del 50° del Concilio Vaticano II. Costituisce l’occasione per riscoprire l’essenza della nostra fede e allo stesso tempo riprendere tra le mani il corpus magisteriale del Vaticano II, quale faro per pensare la testimonianza cristiana in questo nostro tempo che, nonostante la drammaticità, rimane pur sempre un tempo magnifico consegnato a noi da Dio.