Un cuore pienamente educato

di Luigi Sparapano

Può essere carta o carne, testa e piedi, vecchio o nuovo… Il progetto pastorale che ci sarà consegnato dal Vescovo sarà quello che ciascuno di noi vorrà farlo diventare. Non ce ne sarebbe bisogno se il Vangelo pervadesse radicalmente la nostra vita e la vita delle nostre comunità ma, anche se così fosse, avremmo bisogno comunque della condivisione dei pensieri e della vita, del confronto e del sostegno reciproco.
Allora il progetto è uno strumento che traccia la rotta per un tratto di strada che nè comincia nè finisce con esso; è la mappa che serve per non navigare a vista e tenere il timone verso una rotta precisa verso cui tutti insieme navighiamo.
Oltretutto, questo progetto porta in sè già un’indicazione di metodo, che è quella del discernimento comunitario, perchè frutto della riflessione compiuta a vari livelli, durante lo scorso anno, e quello che indica siamo sicuri che sia ciò di cui la nostra chiesa ha bisogno. Proprio perchè siamo tutti noi, in ogni espressione parrocchiale e diocesana, ad averlo suggerito.
La scelta educativa è trasversale ad ogni passaggio e in realtà costituisce proprio l’elemento di continuità con il progetto precedente, incentrato sulla scelta dei giovani. Una scelta dettata, come dice il Vescovo nella presentazione, da «tre esigenze profondamente avvertite: la prima raccoglie l’appello del Santo Padre Benedetto XVI rivolto alla diocesi di Roma, circa «l’emergenza educativa»; la seconda è generata dagli Orientamenti pastorali della CEI per il decennio in corso, Educare alla vita buona del Vangelo; la terza è legata alla recente Nota pastorale della Conferenza episcopale pugliese, Cristiani nel mondo, testimoni di speranza; il tutto é poi sostenuto dalla consapevolezza che l’educazione fa parte integrante della missione stessa della Chiesa».
La scelta pastorale poi, vede al centro l’icona di Gesù maestro, modello per la nostra intenzionalità educativa; icona che apre il progetto per rimarcare a quale educazione intendiamo riferici come comunità cristiana. Rimangono valide le tre declinazioni dell’atto educativo: e-ducere, ovvero l’educazione alla fede; intus-ducere, ovvero l’educazione alla speranza; tra-ducere, ovvero l’educazione alla carità.
Quelli che sono i pilastri della pastorale, catechesi-liturgia-carità, non sono strumenti, ma sono di per sè esperienze e modelli educativi che certamente hanno bisogno di essere ricompresi.
La scelta degli ambiti di vita individuati dal Convegno di Verona, sta a delineare i contesti e le situazioni in cui come chiesa siamo chiamati a compiere la nostra scelta educativa: la fede, l’affettività, le fragilità, la Tradizione e la cittadinanza. E in questi ambiti ci accompagniamo – cum-ducere – per porre insieme dei passi, stabilire obiettivi e strategie condivise, lasciarci orientare dalla guida del Vescovo e degli organismi di partecipazione, confermare buone pratiche e individuarne delle altre.
Infine, la scelta di costruire alleanze educative pervade il progetto perchè educatore ed educando non vivono rapporti esclusivi; ciascuno vive ed è plasmato da esperienze diverse: famiglia, scuola, chiesa, associazioni, lavoro, mezzi di comunicazioni… che solo dialogando possono ambire a perseguire mète educative valide.
La terza parte del progetto raccoglie una serie di obiettivi che, consegnati agli uffici diocesani e alle parrocchie, segneranno le tappe del percorso pastorale.
Educatore ed educando, non sono e non possono essere ruoli assoluti perché solo chi sente il bisogno di educarsi, di migliorarsi, di dover ancora camminare, può farsi compagno di viaggio di altri. Altrimenti è solo.
Educarsi per educare è allora la scommessa che in questi anni vogliamo accogliere insieme, gareggiando non nella corsa solitaria nè nell’insopportabile vezzo di mugugnare su tutti e tutto, piuttosto nella stima reciproca e nell’incoraggiamento.